Non so voi, ma per me gli anni bisestili sono sempre stati i migliori, sotto tanti punti di vista.
Cosa mi fa dire che anche questo sarà un anno speciale? La prima lettura dell'anno.
Ho iniziato il 2020 con "I testamenti" di Margaret Atwood, che prosegue la storia della dittatura distopica di Gilead, e devo dire che l'ho amato più ancora del "Racconto dell'Ancella".
Margaret Atwood è una scrittrice canadese che ha da poco compiuto ottant'anni. Nella sua carriera ha scritto moltissimo ed è una delle scrittrici viventi più premiate al mondo.
Scrisse "il Racconto dell'Ancella" nel lontano 1985, un periodo storico in cui molte conquiste per l'emancipazione delle donne erano già state fatte, e in cui probabilmente molte donne si sentivano al sicuro, lontane dai tempi bui in cui la loro massima aspirazione sarebbe stata quella di contrarre un buon matrimonio.
Ma Margaret Atwood non era nuova al tema del femminismo, già nei primi anni '60, prima della famosa "seconda ondata", aveva introdotto nelle sue opere i temi di liberazione sessuale della donna, una cosa niente affatto scontata per l'epoca.
Oltre a capire in anticipo sui tempi che le conquiste non si possono mai dare per scontate, e che bisogna sempre difendere i propri diritti, prima che qualcuno ce li porti via; la Atwood è stata lungimirante anche per un altro motivo. Il suo libro non solo ha riscosso un immediato successo di pubblico e di critica, vincendo due premi importanti negli stati uniti e candidandosi ad altri tre (compreso il famoso Booker Prize) ma ha anche assistito ad un "ritorno di fiamma" nel 2017.
Trent'anni dopo la sua uscita, il pubblico ha sentito l'esigenza di rileggere o di far leggere alle nuove generazioni (che poi sono quelle che più l'hanno amato a mio avviso) un romanzo i cui temi diventavano giorno per giorno più vicini al sentire comune.
Che ansia, direte.
Eppure Margaret Atwood ha sempre ammesso di non aver inventato nulla, per quanto sconvolgenti e incredibili, le vicende raccontate nel suo libro, sono fatti già accaduti altrove
, un altrove a volte molto lontano da noi e forse questo ha sempre protetto i lettori più sensibili.
Ma non è del primo romanzo che volevo parlare. I testamenti ci fa scoprire anche i personaggi che l'Ancella aveva solo vagamente delineato.
Le ancelle questa volta hanno un ruolo marginale, mentre scopriamo che le mogli, da cui avevamo preso le distanze nel primo romanzo, non fanno una vita più soddisfacente. Il nostro giudizio crolla davanti alla testimonianza (o meglio al testamento) di una di loro.
Tanto per intenderci, le mogli sono poco più che bambine, e non hanno certo la possibilità di scegliere con chi dividere la loro vita. Sono analfabete e non conoscono la geografia, le loro abilità si limitano al ricamo e alle arti, che sebbene siano importanti per elevare lo spirito, non danno la possibilità di liberarlo.
Non si dedicano ai lavori di casa, perché per questo esistono le Marte. Possono, con parsimonia, dedicarsi alla cucina, ma questo le renderebbe odiose alle loro domestiche, che potrebbero pensare di essere vicine alla fine della loro carriera. Il loro ruolo è una gabbia dorata, da cui spesso non escono vive.
E le zie... beh, le zie hanno il potere, la conoscenza e la relativa tranquillità per cambiare le cose. Ma non è così semplice. Le più anziane hanno visto la nascita della dittatura e la fine di tutto quello che consideravano certo, stabile, assodato, insindacabile. Fanno a patti tutti i giorni con le loro colpe, e non sempre riescono ad agire nel migliore dei modi.
Senza fare spoiler (sarà difficile, ma ci provo) perché ho scelto questo libro come cerottone?
Prima di tutto perché mi ha insegnato che non importa quanto siamo schiave di una situazione, soprattutto mentale, c'è sempre un modo per rovesciare le nostre personali dittature. Ognuna lo fa a modo suo, non c'è un'unica via, ma non bisogna scoraggiarsi.
Poi mi ha ricordato che quando si è in difficoltà, mettere le idee nero su bianco aiuta a districare la matassa, anche se non dovessimo avere altro lettore al di fuori di noi stessi.
E per finire, che non importa il peso che hanno le nostre colpe passate, ogni momento è buono per riscattarsi e cambiare le cose. L'idea che gli altri hanno di noi non deve farci desistere, possiamo sempre ricominciare da capo.
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