Una storia dimenticata

in fotostoria •  7 years ago  (edited)

Aveva i pantaloni rotti e camminava trascinando i piedi, come se fosse stanco, stufo o triste... o forse tutte e tre le cose. Incrociai la sua strada come incrociavo quella di tante altre persone. Ma non ricevetti il solito sguardo di sottecchi, un cenno di rispetto o, peggio, la completa indifferenza.

Arrivati alla mia età, certe cose si è abituati a farle scivolare via.
Venne da me sventolando qualcosa in mano.

Era un ragazzino.

Avrà avuto dodici o tredici anni, il viso d'angelo sporcato dalla polvere della strada, magro come un giunco.

  • Scusi signore, riconosce la vecchietta di questa foto?

Mi chiese, con aria rassegnata. Cambiai occhiali e misi a fuoco l'immagine: ed il mio cuore sobbalzò. Dovetti reggermi ad una panchina per l'emozione. Non avevo più l'età per queste cose. Il bimbo mi fissò speranzoso.

  • La riconosci! Sai dirmi chi è? Mi puoi portare da lei?

Gli restituii la foto e cercai di calmarmi.
Gli parlai dolcemente.

  • Sembri sporco ed affamato. Vieni con me: conosco quella foto.

Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera;
la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera...


Portai il bambino a mangiare un gelato. Sembrava non ne avesse mai visto uno in vita sua.

Mi raccontò la sua storia: era un orfano, scappato dal collegio nel quale aveva passato tutta la sua vita. Da tre giorni viveva di stenti, chiedendo cibo ai passanti e riparandosi sotto i ponti. Mi disse che aveva deciso di scappare quando le suore gli raccontarono di come venne trovato: di fronte alla chiesa, in un cesto, con poche coperte cenciose a tenergli caldo. Nella cesta non c'era niente a parte quella foto, dietro la quale qualcuno aveva lasciato un messaggio scritto a penna.

"Tieni in alto la speranza, ti basta un ombrello per scordarti della pioggia.

Claudio, Formia 1982."

Mi raccontò che fuggì la notte stessa, alla ricerca di quella vecchina. Formia era poco distante il suo collegio, non doveva fare molta strada. Ma in tre giorni non ebbe fortuna.

Lo ascoltai attentamente. Quando sei vecchio impari ad ascoltare tutto con attenzione, a trovare ogni modo per passare il tempo. Cercavo di interpretare la sua storia, di farla combaciare con la mia parte. La mia parte... era fumosa. Ma cercai di raccontarla.


I due camminavano, il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva:
con l'anima assente, con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo di miti passati...


  • Ines era una donna fantastica. Mise al mondo una figlia fantastica. Io non ero degno di star con loro. Sono sempre stato un poco di buono, uno che ha vissuto di espedienti giorno per giorno. Aveva diciotto anni quando nostra figlia ci fece conoscere il suo fidanzato. Era come me. Ti direi più cattivo, ma non sarebbe vero. La picchiava tutti i giorni... lei non ce lo diceva, lo proteggeva. Ma io e Ines lo sapevamo. Un giorno lei andò a parlarci.

  • Quel giorno scattai loro una foto... la foto che porti con te. Lui è nello sfondo. Claudio è il mio nome. Non so bene cosa si dissero. So solo come finì. Ines scomparve.

Cominciai a singhiozzare. Era un ricordo troppo doloroso che non tiravo fuori da anni e anni.

  • Lui mi disse che non aveva idea di che fine avesse fatto, che lui non c'entrava niente. Mi arresi all'evidenza. Poco dopo lo ritrovai qui.

Eravamo arrivati al cimitero, di fronte ad una tomba. Sulla lapide c'era una foto ed una data, nient'altro.

Il bambino sembrava confuso.

  • Signore non capisco... cosa è successo al fidanzato di tua figlia? E dove sono finite lei ed Ines? E quest'uomo... la sua foto non somiglia molto con quella che c'è qui sulla lapide.

Le sue domande mi colsero alla sprovvista. I ricordi, da questo punto in poi si facevano confusi. Lui... era morto. Ma come? Ines... dov'è finita? E mia figlia... come si chiamava mia figlia?


I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
non sanno distinguere il vero dai sogni,
i vecchi non sanno, nel loro pensiero,
distinguer nei sogni il falso dal vero...


Lo presi per mano e decisi di fargli vedere il luogo della foto. Lo portai nell'androne del mio condominio.

Sì, era sicuramente qui che scattai quella foto. Lì sulla porta era appoggiato quel maledetto... e la mia Ines. Quella foto... quando l'ho consegnata, e a chi? Beh, una cosa era certa.

  • Figliolo... ecco cosa penso che sia successo. Ines scomparve e mia figlia scappò con lei. Non ho idea di dove fossero andate... ma diedi loro una foto, quella foto. Gliela consegnai il giorno in cui scomparvero. Mia figlia evidentemente era incinta. Non riuscì a sopportare l'idea di allevare un figlio da sola immagino... e qui entri in scena tu.

Il bimbo mi guardava sempre più stranito. Era un'anima innocente... cominciavo a notare delle somiglianze con mia figlia. Il giorno del suo compleanno, aveva i suoi stessi occhi... ma quand'era il suo compleanno? Dov'era finita?

Decisi di essere schietto.

  • Bimbo, credo proprio che io sia tuo nonno.

Il bimbo si guardò intorno con gli occhi spalancati. Guardò la foto che teneva in mano e poi mi fissò.

  • Nonno..? Ma sai che questo posto sembra diverso da quello della foto. Sei sicuro di ricordarti bene?

Non ne ero sicuro per niente. La foto, il fidanzato, mia figlia. Cosa gli è successo? Io... non sono una brava persona. Ma cosa ho fatto? La storia dietro quella foto... l'ho scattata veramente? Era veramente qui che è successo? Un attimo... ma cosa è successo? Chi sono io?

  • Vieni piccolo, ti racconterò la storia di tua madre. Ho anche altri gelati dentro casa ed una bella TV. Ti va di venire?

Restai con il cuore in gola, guardandolo mordersi il labbro attanagliato dall'indecisione. Poi sorrise e disse:

  • Va bene nonno! Voglio sapere tutto sulla mia mamma e sulla nonna. Mi prometti che andremo a cercarle più tardi?

Sospirai aprendo la porta dell'appartamento ed invitandolo ad entrare.
Mi guardai dietro. Ansia. Perché?

  • Certo che la cercheremo... a tempo debito.

La porta si chiuse.
Un secondo di pausa, nel silenzio del corridoio.

Poi lo scatto di un chiavistello.


Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
"Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!"


Grazie mille ad @heidi71 per lo spunto creativo e per aver dato vita a questo contest!

Spero che il mio contributo vi sia piaciuto (anzi, che vi abbia suscitato qualche emozione, qualunque essa sia)!

NOTA: il testo citato è parte del brano musicale "Il Vecchio e il Bambino" di Francesco Guccini

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Grazie di avere partecipato :)

Ma grazie a te! 😉

Bella storia, poi le parentesi del guccio sono sate un buon espediente suggestivo.

I grandi cantautori italiani mi hanno sempre ispirato... Alla fine ogni opera d'arte, musica compresa, può essere reinterpretata, no? 😊

Assolutamente, le canzoni non sono di chi le scrive ma di chi gli servono (cit. di Troisi)

gialluccio un racconto bellissimo, le rime sono spettacolari!

Grazieee ma le rime non sono mie 😋

Ho apprezzato lo stile, bella anche la formattazione del testo che trovo molto curata e che rende la lettura oltremodo piacevole.
Non c'è che dire... di sicuro c'è un romanziere nascosto dentro di te ;-)

Molto ben nascosto forse 😁 grazie per i complimenti!

Molto toccante Gian. Mi si è stretto il cuore al: "Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!". Bravo.

Grazie mille Sara..!

Bel racconto.
E bella l'idea del percorso parallelo con Guccini.
Giusto ieri sera ho visto in TV una sua intervista...
Seguivo te e immaginavo la tua storia raccontata da lui, con la sua voce, il suo accento. Anche se non c'entra niente con il luogo del tuo racconto...
Bello. Bravo!

Ok prossimo passo: convincere Guccini a leggere i miei racconti in un audiolibro 😁 Grazie!

:))