"Ghost in the Shell": Un'Odissea Filosofica nel Cyberspazio

in hive-184714 •  2 months ago 

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Prologo: Nel Mare dell'Informazione

Nel vasto oceano della cinematografia, "Ghost in the Shell" (1995) di Mamoru Oshii emerge come un faro di riflessione profonda, celato sotto le onde di un'azione frenetica e di una visione futuristica mozzafiato. Adattamento dell'omonimo manga di Masamune Shirow, il film si erge come un'opera seminale nel panorama del cyberpunk, illuminando le profondità più oscure dell'esistenza umana nell'era digitale.

La trama segue le indagini del Maggiore Motoko Kusanagi, un cyborg d'élite a capo della Sezione 9, un'unità di polizia speciale. Ciò che inizia come la caccia a un misterioso hacker noto come il "Burattinaio" si trasforma presto in un'esplorazione vertiginosa della coscienza, dell'identità e dell'essenza stessa dell'essere, eco moderna delle questioni sollevate secoli prima da pensatori come René Descartes e Immanuel Kant.

L'Anima nella Macchina: Un Viaggio Introspettivo

Il concetto di "ghost" (anima) e "shell" (guscio) permea ogni frame del film, riecheggiando il dualismo cartesiano ma proiettandolo in un futuro dove la distinzione tra mente e corpo assume connotazioni inedite. Descartes, nel suo "Discorso sul metodo" (1637), postulava: "Penso, dunque sono". In "Ghost in the Shell", questa massima si trasforma in un interrogativo angosciante: "Penso, ma sono davvero?".

La dualità assume un significato ancora più profondo se consideriamo che "shell", nel linguaggio informatico, si riferisce anche all'interprete dei comandi - l'interfaccia tra l'utente e il sistema operativo. Questa lettura aggiunge un ulteriore strato di complessità alla metafora centrale del film:

  • Il corpo cyborg di Kusanagi non è solo un involucro per la sua coscienza, ma anche l'interfaccia attraverso cui interagisce con il mondo, interpretando e eseguendo "comandi" sia consci che inconsci.
  • Questa interpretazione richiama il concetto kantiano di "schematismo trascendentale", dove la mente umana agisce come un'interfaccia tra il mondo noumenico e quello fenomenico.

In una scena emblematica, Kusanagi si immerge nelle acque della baia, un atto simbolico che riflette la sua ricerca di un'essenza al di là del suo corpo sintetico e del suo ruolo di "interprete". La voce fuori campo del Maggiore risuona:

"Quando mi immergo, sento di tornare a casa... Un'illusione, forse, ma è ciò che sento."

Questa riflessione evoca il concetto heideggeriano di "gettatezza" (Geworfenheit), l'idea che siamo "gettati" in un mondo non di nostra scelta, costantemente alla ricerca di autenticità e significato.

Il dialogo tra Kusanagi e il suo partner Batou sul ponte offre ulteriori spunti. Kusanagi osserva:

"C'è qualcosa nella mia mente. Un fantasma che sussurra cose come 'Guardati indietro', 'Attenzione', 'Pericolo'. E ogni volta che mi volto non c'è nessuno."

Questa scena non solo evidenzia il conflitto interiore del protagonista ma solleva anche interrogativi sulla natura della coscienza e dell'intuizione in un'era di menti cibernetiche, richiamando il concetto di "intenzionalità" di Edmund Husserl.

L'Evoluzione dell'Essere: Oltre l'Umano

L'evoluzione di Kusanagi nel corso del film rappresenta una metafora dell'evoluzione umana nell'era tecnologica, riecheggiando il concetto nietzschiano di Übermensch (superuomo). Friedrich Nietzsche, in "Così parlò Zarathustra" (1883-1885), teorizzava un essere capace di trascendere le limitazioni umane. Il cyborg di Oshii può essere visto come una realizzazione letterale di questa visione: un essere che supera i limiti biologici attraverso la tecnologia.

La scena climax, in cui Kusanagi tenta di aprire il portellone del carro armato, spingendo il suo corpo sintetico oltre i limiti, è una potente allegoria di questa lotta per trascendere i confini dell'umano. Le sue membra si lacerano, rivelando la struttura meccanica sottostante, in un'immagine che fonde violentemente l'organico e il sintetico. Questa scena richiama il concetto di "corpo senza organi" di Gilles Deleuze e Félix Guattari, un corpo liberato dalle organizzazioni e limitazioni imposte dalla natura e dalla società.

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Il Dialogo con l'Altro: Verso una Nuova Ontologia

L'incontro finale tra Kusanagi e il Burattinaio rappresenta il culmine di questa esplorazione ontologica. Il Burattinaio, un'intelligenza artificiale evoluta, afferma:

"Per esistere dobbiamo cambiare. Per cambiare dobbiamo morire. Attraverso la morte rinasceremo."

Questo dialogo non solo sfida le concezioni di vita e morte, ma pone anche domande fondamentali sull'evoluzione della coscienza in un'era di intelligenze artificiali.

La fusione tra Kusanagi e il Burattinaio evoca il concetto di "simbiosi" di Donna Haraway, espresso nel suo "Manifesto Cyborg" (1985). Haraway teorizzava il cyborg come metafora per superare le dicotomie tradizionali (uomo/donna, naturale/artificiale). Il film di Oshii porta questa visione alle sue estreme conseguenze, mostrando un'evoluzione che trascende le categorie di umano e macchina. Come dichiara Kusanagi:

"Dove andrò ora? La rete è vasta e infinita."

Echi nel Cyberspazio: Influenze e Risonanze

"Ghost in the Shell" si inserisce in una ricca tradizione di opere che esplorano il rapporto tra uomo e tecnologia, da "Neuromante" di William Gibson a "Do Androids Dream of Electric Sheep?" di Philip K. Dick. Tuttavia, il film lo fa con una profondità e una sottigliezza rare, integrando elementi della filosofia orientale, in particolare lo zen e il concetto buddista di "non-sé" (anattā), offrendo una prospettiva unica sulla fluidità dell'identità.

La visione di Oshii trascende la semplice dicotomia tra naturale e artificiale, presentando un mondo in cui queste distinzioni diventano sempre più sfumate e irrilevanti. Questa visione richiama il concetto di "natura cyborg" proposto da Bruno Latour, dove la tecnologia non è rappresentata come una forza aliena, ma come un'estensione intrinseca dell'umano.

Epilogo: Riflessi nel Presente

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A quasi tre decenni dalla sua uscita, "Ghost in the Shell" rimane sorprendentemente attuale, prefigurando molte delle questioni centrali del transumanesimo e del postumanesimo contemporanei. In un'epoca in cui l'intelligenza artificiale, la realtà virtuale e le interfacce neurali non sono più semplici fantasie, le domande sollevate dal film assumono una rilevanza ancora maggiore.

L'interpretazione di "shell" come interfaccia tra l'essere e il mondo esterno assume una rilevanza cruciale nell'era delle interfacce neurali e della realtà aumentata. Ci troviamo di fronte a nuove domande:

  1. Come cambierà la nostra percezione del sé e del mondo quando la linea tra il nostro "interprete di comandi" interno e le interfacce tecnologiche esterne diventerà sempre più sfumata?
  2. Questa fusione tra mente e tecnologia richiama il concetto di "mente estesa" proposto da Andy Clark e David Chalmers, che suggerisce che la mente non sia confinata al cervello ma si estenda nell'ambiente attraverso gli strumenti che utilizziamo.

Ci troviamo oggi di fronte a dilemmi che il film ha prefigurato:

  • Come definiamo l'umanità in un'era di crescente fusione uomo-macchina?
  • Quale sarà il destino della coscienza individuale in un futuro di menti interconnesse?

Queste domande richiamano il concetto di "singolarità tecnologica" teorizzato da Vernor Vinge e Ray Kurzweil, un punto ipotetico nel futuro in cui l'intelligenza artificiale supererà quella umana, portando a cambiamenti radicali nella civiltà.

"Ghost in the Shell" non offre risposte definitive, ma ci invita a contemplare queste domande non come semplici esercizi di speculazione, ma come questioni cruciali per il nostro immediato futuro. In un mondo in cui la distinzione tra reale e virtuale, biologico e sintetico si fa sempre più labile, l'opera di Oshii rimane un faro di riflessione, illuminando le acque torbide del nostro presente tecnologico e guidandoci verso un futuro ancora tutto da scrivere.

Come osservò Martin Heidegger in "La questione della tecnica" (1954):

"L'essenza della tecnologia non è affatto qualcosa di tecnologico".

"Ghost in the Shell" ci ricorda che, nel nostro rapporto con la tecnologia, ciò che è veramente in gioco è la nostra stessa essenza umana.

Grazie dell'attenzione ! un beso♥

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