MEMORIE, ovvero un salto nel tempo atto primo: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
Cesare si recava regolarmente alle sue visite neurologiche e psicologiche, a partire da quel brutto incidente automobilistico che lo aveva reso zoppo sin dalla tenera età di sette anni. Anche a causa del trauma cranico che aveva subito, le sequele del quale gli causavano momentanei vuoti di memoria. Cesare aveva ora vent'anni e sia pure con fatica e sacrifici a causa delle sue condizioni di salute, stava terminando i suoi studi secondari presso il liceo di scienze umane a indirizzo economico sociale. Cesare era sempre stato bravo a scuola e imparava in fretta, sopratutto materie quali matematica, aritmetica e geometria, nelle quali riportava voti altissimi. La sua memoria però gli faceva certi scherzi nelle materie in cui c'era meno da ragionare e calcolare e più da memorizzare pagine e pagine. Ma la buona volontà non lo abbandonava mai, cosicchè riusciva sempre a riportare la sufficienza anche in storia e letteratura, materie nelle quali faticava di più. Se aveva perso un anno di scuola, quando frequentava la primaria, lo si doveva al suo lungo ricovero ospedaliero e alla susseguente impegnativa fisioterapia. Era già un miracolo che in quell'incidente non fosse morto, nè ridotto in condizioni fisiche e mentali ben peggiori.
Erano ancora le vacanze di Natale, si era ai primi di gennaio. Cesare e due dei suoi fratelli si trovavano in macchina con i genitori che si stavano recando a Roma per visitare lo zio, il fratello maggiore del babbo. Ma come al solito, padre e madre litigavano furiosamente, come del resto erano usi fare ogni santo giorno, stavolta finanche incuranti di trovarsi alla guida della loro sgangherata FIAT Cinquecento, affidabile quanto un lupo davanti a un gregge di pecore e resistente agli urti quanto un soprammobile di cristallo. A nulla erano valsi i saggi consigli del fratello maggiore.
-Papà, sei alla guida. Mamma, per favore...
-Stai zitto tu, nessuno ti ha interpellato- gli aveva urlato il padre, grossolano come di costume, sempre che non era presente la nonna paterna dei ragazzi.
Erano sulla strada statale, quando il padre, in un impeto di furia, aveva perso il controllo di tale macinino e complice la recente nevicata che aveva reso le strade non un gran che sicure per un'automobile quale una vecchia e oltremodo sfruttata FIAT Cinquecento in stile anni novanta del precedente millennio, era finito fuori strada e la macchina s'era schiantata contro una quercia. Cesare, seduto al centro dei sedili posteriori, era stato sbalzato fuori, infrangendo il vetro e non fosse la neve che aveva attutito quel volo, molto probabilmente non ce l'avrebbe fatta. Ottaviano, il fratello gemello di Cesare, seduto alla sua sinistra, se l'era cavata con un braccio fratturato, mentre il fratello maggiore, diciannovenne, era rimasto miracolosamente illeso. Era stato lui che, uscendo dall'auto infranta per il buco che si era formato per lo schianto del vetro causato dall'impatto e dal susseguente volo di Cesare, sia pure rimediando graffi a causa dei vetri rotti, aveva potuto correre a cercare aiuto, dopo aver fatto uscire anche Ottaviano dall'abitacolo. I genitori stavano agonizzando e non poteva nemmeno pensare di toccarli. La zona era disabitata e la cosa migliore da fare era chiamare i soccorsi con il telefono. Ne avevano solo uno in cinque, quello che la nonna aveva regalato di nascosto di figlio e nuora al più grande dei nipoti conviventi, in caso di necessità. Non fidandosi del pargolo, nè della nuora, che gliel'avrebbero venduto per tirare su qualche spiccio, tacciando la mamma di vecchia scialacquatrice sia pur non osando dirglielo apertamente. Dopotutto, la mamma era sempre la mamma. Il telefono non aveva credito, dato che la famiglia nuotava nella miseria. Pazienza, s'era comunque provato a chiamare il 112, che doveva funzionare anche con una nanosim in profondo rosso. S'era però verificato l'ulteriore inconveniente della mancanza di copertura di rete. Il ragazzo, temendo per i genitori e i fratellini, specie per Cesare che si lamentava per i dolori dovuti alle fratture multiple, aveva raccolto tutto il coraggio e la fede possibili, tentando con l'autostop sul ciglio della strada statale dove si era riportato, pregando il Signore che qualcuno capisse e si fermasse senza passare oltre perchè tanto ci avrebbe pensato qualcun altro, come oramai si era usi nella sua città alle soglie del quarto milennio. Dove l'omissione di soccorso figurava allora tra i reati più frequenti. Ma passava giusto un'auto dei carabinieri e si era fermata. Grazie, Signore.
-Ragazzo, in che guaio ti sei cacciato?- chiese il maresciallo, una volta sceso dalla vettura, vedendo scorrergli dal viso gocce di sangue.
-Un incidente automobilistico. I miei genitori e i miei fratellini sono feriti, in tre gravemente, vi prego, hanno bisogno di aiuto. Uno dei miei fratellini è stato sbalzato fuori dell'auto.
-Avevi bevuto, ragazzo?
-No, assolutamente. Tra l'altro, sono pure quasi del tutto astemio e non guidavo io. Era mio padre che stava guidando.
-Avrà bevuto lui, allora...-aveva borbottato il maresciallo, comunque avvicinandosi a grandi passi verso il veicolo in frantumi, mentre i suoi ufficiali e carabinieri inviavano segnali radio al pronto soccorso più vicino.
Se la vettura del maresciallo proveniva dalla discutibile città in cui la famiglia viveva, ovviamente c'era poco da sperare quanto a gentilezza degli occupanti ed era più che normale che, avendo riconosciuto nel ragazzo un plebeo tra i più svantaggiati per com'era vestito e per il genere di automobile incidentata, lo trattasero come se valesse meno di zero tagliato. Ma c'era stato un gravissimo incidente e piacesse o meno ai carabinieri, erano comunque obbligati ad aiutare prontamente la sua famiglia. Ottaviano, tremante come una foglia secca, piangeva per i dolori al braccio, per l'immane spavento e per lo stato in cui era ridotto Cesare. -Sta morendo-, singhiozzava.
-No, non morirà, abbi fede, Ottaviano- lo incoraggiava il fratello maggiore. I carabinieri avevano fatto arrivare due ambulanze, ma per padre e madre non c'era stato niente da fare. Erano morti prima che arrivassero i soccorritori.
Si erano susseguiti giorni bui e grigi e i medici davano a Cesare poche speranze di sopravvivenza. -E se sopravvive- informavano, -resterà molto probabilmente ridotto un vegetale.
Ma i peggiori pronostici non si erano avverati, al contrario delle flebili speranze di una vita normale e il bimbo se l'era cavata con una zoppia, sia pure permanente, e vuoti di memoria che il neurologo dell'ospedale che aveva in cura Cesare riteneva sarebbero scomparsi con il tempo. Infatti, con il passare degli anni erano divenuti sempre più sporadici. Le preghiere dei familiari credenti erano state ascoltate e risposte con un si.
Ora Cesare a vent'anni desiderava tanto iscriversi all'università, una volta terminato il liceo. Voleva frequentare Scienze Economiche e Bancarie e pregava che i vuoti di memoria scomparissero definitivamente. Presto sarebbero arrivati gli esami di maturità, ai quali mancavano pochi mesi e allora Cesare aveva prenotato con largo anticipo le consuete visite psicologica e neurologica. La psicologa, dottoressa Silvia Cavallini, una simpaticissima signora che per il suo aspetto gli ricordava la nonna materna, sia pure in versione molto più giovane, lo metteva sempre a suo agio. Quel giorno aveva preparato svariati test, inclusi alcuni per misurare il livello di attenzione e cognitivo in generale, oltre che quiz per la memoria. Tra i primi, due fogli da disegno con una faccina per ciascuno, una sorridente e una di cattivo umore. Cesare doveva riconoscere dall'espressione del viso della psicologa a quale delle due immagini associarla.
Tutti quanti i test erano andati a buon fine e la dottoressa Cavallini era rimasta molto soddisfatta. Il paziente faceva grandi progressi. Aveva quindi trasmesso i risultati al neurologo con cui collaborava. Cesare doveva vederlo quello stesso pomeriggio. Anche la visita neurologica aveva riportato buoni risultati e lo specialista non trovava alcun inconveniente, tutt'altro, nell'idea del paziente di iscriversi a Scienze Economiche e Bancarie. Era tornato a casa dalle visite mediche felice, assieme al fratello Ottaviano che lo aveva accompagnato. Presto avrebbe potuto uscire da solo, senza nessuno dei fratelli che gli facesse da baby-sitter. E chissà, forse un giorno pure senza i solerti androidi che vegliavano con grande impegno sulla città, specie sugli ammalati che andavano e venivano dal grande ospedale comunale e sui ricoverati. E ne aveva, da raccontare a casa.
Quel giorno il dottor Cavalli, il neurologo di fiducia di Cesare, riceveva in reparto anzichè in area ambulatori, perchè c'era da verificare una macchia d'acqua che faceva bella mostra di sè nella parete in cui era posizionato il lavandino. Ovviamente, come soleva accadere in neurologia, la saletta delle visite era sovraffollata e non c'era dove sedersi, in attesa di essere chiamati dallo specialista. C'erano uomini giovani in ottima salute, parenti dei ricoverati oppure accompagnatori del paziente di turno, nella cui anticamera del cervello non aveva minimamente fatto capolino il pensiero di scomodarsi davanti a un ragazzo con una stampella. Tale era la condizione della città alle soglie del quarto millennio. Ma una ragazza, che stava aspettando il padre che in quel momento si trovava nella sala medici per farsi vedere dal dottor Cavalli, aveva insistito per cedergli il suo posto. Cesare non voleva approfittare, ma vinto dalla stanchezza, complice la giornata campale per trattarsi della seconda visita ospedaliera nello stesso pomeriggio, aveva alla fine acconsentito. La ragazza aveva pure offerto dei grissini a entrambi i fratelli, perchè Ottaviano s'era dimenticato di portar dietro qualcosa da mangiare e il pomeriggio era stato lungo. Cesare, davvero provato, aveva ceduto anche davanti alla seconda offerta, ma suo fratello si era schermito. Poco dopo era arrivato l'androide Vittorio, che quel giorno svolgeva la sua attività di volontario in neurologia e aveva provveduto a reperire sedie per la ragazza, per Ottaviano e per altri parenti dei pazienti che erano rimasti in piedi per mancanza di posti. La ragazza s'era profusa in ringraziamenti, dicendo all'androide che non doveva disturbarsi per lei.
-Nessun disturbo, cara. Vado a prendervi dell'acqua, adesso.
-È sorprendente, ai giorni nostri e in una città come questa- aveva affermato il fratello più grande, dopo avere ascoltato quanto Cesare avesse da dire. -Gentile pure con una macchina, quindi posso immaginare con gli umani. Ha un parente ricoverato?
-In base a quanto le aveva chiesto Vittorio, cioè come stavano il cugino e un'amica, sembra proprio di si. Soltanto non saprei in che reparto perchè non l'hanno specificato e d'altra parte sappiamo che gli androidi sono la discrezione personificata.
-Personificata- rise Ottaviano.
-Si, mio caro, più discreti di me e di te messi assieme. Comunque in neurologia aspettava il papà che si stava facendo visitare dal dottor Cavalli.
Chissà se è dei nostri e pure tra le più affidabili e serie, aveva pensato il fratello maggiore, senza però dire nulla ai due ragazzi.
La sorpresa di Cesare era stata davvero immensa, quando aveva più e più volte rivisto la stessa ragazza in biblioteca, dove lui prendeva in prestito libri per meglio preparare gli esami di maturità. Poichè i dottori lo incoraggiavano a iniziare a uscire solo, ora che la sua salute era tanto migliorata e i progressi si facevano sempre più evidenti, spesso vi si recava senza il gemello. Allora riusciva ad aprirsi di più con lei, in assenza di Ottaviano. Perchè suo fratello era troppo ironico, ai limiti del sarcastico e quando c'era lui, Cesare parlava meno del solito, timoroso di risvegliare la goliardia di Ottaviano. A dispetto del fatto di essere fisicamente identici, i loro caratteri e le loro personalità non potevano essere più diversi di com'erano. Avendogli la ragazza detto che andava in biblioteca per svolgere il suo telelavoro, dato che a casa si allarmavano per ogni minuto di corrente spesa in più, si era mostrato entusiasta. Anche lui lavorava online da quando aveva raggiunto la maggiore età. Poichè i disabili, tanto quanto i lavoratori in età avanzata, quando non statali di alto livello, non ricevevano più pensioni da almeno novecento anni e dunque si ritrovavano completamente a carico delle loro famiglie, la miseria dilagava. Allora Cesare per aiutare i suoi familiari sia pure che questi ultimi non lo pretendessero minimamente, aveva preso, nel suo piccolo, a racimolare qualche denaro come poteva. Anche se i soldi erano pochini, al massimo cinque dollari in un mese, perchè dovendo anche studiare e presenziare a troppe visite mediche, aveva poco tempo da dedicare ai pay to. Cesare e la gentile ragazza avevano preso ad aiutarsi vicendevolmente come meglio potevano in fatto di telelavoro, ritrovandosi anch'esso purtroppo in tempi di vacche magre. Svariati dei forum finanziari che lei frequentava erano stati hackerati e i loro proprietari mal riuscivano oramai a pagare gli utenti. Si vedevano costretti a ridurre le ricompense a causa dei danni subiti. Era un periodo in cui il bersaglio preferito degli hacker antietici sembravano proprio i forum finanziari paganti e a tanto si aggiungevano le app dei microtask di Cesare che stavano scammando una dopo l'altra. Tanto significava guadagnare meno del solito. Un cruccio per entrambi. Per la ragazza voleva dire cavarci perfino meno della bolletta dell'acqua di una sola persona e proprio quando si sospettava che suo padre avesse contratto il Parkinson. Oramai si vedeva costretta ad ascoltare quotidiane geremiadi da parte della madre e pesanti rimproveri per mancare delle risorse necessarie per trovarsi uno straccio di lavoro decentemente pagato. La donna era certa e sicura che sarebbero finiti tutti e tre sotto i ponti. Infatti, in caso di analisi, TAC e risonanza magnetica positive, l'uomo avrebbe dovuto per forza di cose smettere di lavorare. E il suo lavoro era l'unico sostento vero e proprio della famiglia. Ma lungi dall'affligere il suo nuovo amico assillandolo con i suoi problemi familiari, piuttosto incoraggiava Cesare nello studio. Complice il fatto che si, vero, inutile negare che si vergognava come una ladra a riferire che una laureata si trovava sull'orlo dell'indigenza estrema. Quello capitava soltanto a chi contava sopra null'altro che la terza media, secondo consolidato luogo comune della vecchia guardia. E liberarsi di tale stereotipo era tutt'altro che facile.
-Fai bene a scegliere Scienze Economiche e Bancarie. Non ti ritroverai mai disoccupato. Non fare come me, che ho sbagliato corso di laurea e ora sono anni che mi trovo condannata a guadagnare quanto una bolletta dell'acqua per uno. Se puoi, iscritivi anche alla LM, dopo la triennale e prendi anche i 60 crediti formativi. Ti torneranno molto utili. Mal che vada, potrai insegnare.
-Il mio sogno è vincere un concorso all'Agenzia delle Entrate- le aveva detto il ragazzo.
-Si, d'accordo. Nulla ti vieta di preparare il concorso apposito, anche se prendi i crediti formativi. Lo so, impiegherai più tempo del previsto, specie dedicandoti anche al telelavoro, ma quantomeno avrai in mano più opzioni. Che di questi tempi di vacche magre non sono mai troppe.
-E mi sa che hai ragione te.
Siccome la ragazza andava tutti i giorni in biblioteca, sempre e quando non si trovasse in ospedale per qualche familiare o amica, con Cesare si vedevano molto spesso. E affrontavano come meglio potevano la durezza dei tempi, lottando con le unghie e con i denti per scovare via via nuovi task online e racimolare qualche soldino in più a dispetto di hacker e fallimenti di siti svariati.
A casa, Cesare raccontava con entusiasmo dei suoi momenti felici in biblioteca. -Mai una ragazza mi aveva trattato con tanta gentilezza quanto lei.
-Cesarino è innamorato, Cesarino è innamorato- cantilenava ridendo Ottaviano.
-Ma no! Voglio dire che le ragazze a scuola mi hanno sempre preso in giro per la mia disabilità tanto quanto i maschi. Lo sai che non ho mai avuto un vero amico, nel vero senso della parola, durante tutto il percorso scolastico da quel nostro fatale incidente. Lei è diversa, invece.
-E dai, che c'è di male?- continuava a ridere Ottaviano.
-C'è di male che non mi prendi sul serio. Io sono soltanto felice che finalmente ho un'amica vera. Che lungi dal guardarmi dall'alto in basso a causa della mia condizione, mi incoraggia a studiare e mi dà buoni consigli. Mi ha detto che faccio bene se mi iscrivo a Scienze Economiche e Bancarie. E appunto, dovendo ancora studiare tanto, non ho assolutamente testa per un fidanzamento.
-E chi ha parlato di fidanzamento? Sono storie da biblioteca- continuava ironico Ottaviano.
-Ottaviano! Che razza di idee ti vengono in mente?- era intervenuto il fratello maggiore, rimproverandolo. -In questa famiglia non si gioca con le ragazze. Non sono un passatempo.
-E dai, scherzavo. Ma Cesare sembra proprio preso...
-Ma non per me! Quella ragazza, oltretutto, è molto più grande di noi. Ha detto di avere terminato gli studi da anni. Dovrebbe forse aspettare uno sbarbatello come me che ha davanti almeno altri sei anni di studi?
-Cesare, lascia perdere Ottaviano. Se quella ragazza ti piace davvero, non saranno i tuoi studi di lunga durata a impedire che nasca qualcosa di bello.
-Ma l'unica cosa bella che è nata è l'amicizia, credimi almeno tu. La vedo come vedo nostra sorella maggiore. Non ho mentito quando ho detto che non ho testa.
Era vero. Cesare diceva sempre la verità.
-Non nascondo che mi piace, ma...non per me.
-Come? Questa è tortuosa- rise nuovamente Ottaviano.
-Mi piace per il nostro fratellone. È perfetta per lui. Anche se a vederla sembra una bambina, deve avere soltanto qualche anno in meno di lui.
-Ah, capisco, ma ti pare? Dai, non poi è chissà che cosa, anch'io l'ho vista. È a malapena passabile, oltre a essere una nana che arriva si e no al metro e sessantacinque.
-Ma che dici, sei matto? È una bella ragazza davvero, anche se non rispecchia i tuoi elevatissimi standard da star del cinema. E poi lo sai cosa significa per davvero essere nani, lo sai?
-Ottaviano, che razza di maniere sono le tue?- lo rimproverò suo fratello maggiore. -Eppure l'educazione l'hai imparata tanto quanto noi. Nella nostra famiglia, i nasi all'insù non sono ben visti. Ricordati che nostra sorella supera di poco il metro e cinquanta, ma non è affatto la sua altezza a definire la donna meravigliosa che è. Non si offendono le persone in questo modo, chiaro?
-E va bene scusa, voglio solo dire che tu sei Mister Universo che supera il metro e novanta e meriti di avere accanto una Ylenia Alvarado.
-Prima di tutto, non sono nessun Mister Universo. E se permetti, non sarai tu a decidere chi merito di avere accanto. Chi sia la tizia che nomini, poi non ne ho idea, ma statti a vedere che è qualche attrice della moderna spazzatura cinematografica che aborrisco peggio del COVID, come ben sai, ma tu ci perdi interi pomeriggi di nullafacenza. E sai benissimo che preferisco di gran lunga una donna meno bella, ma intelligente, affidabile, affettuosa e con cui portare avanti un discorso.
-Meno bella come la tua ex, dici? Scusami se non posso trattenermi, oh-oh, ma era inguardabile, un'autentica cozza. E con quegli occhialoni che parevano fondi di bottiglia...
-Ottaviano!
-E va bene, va bene, scusa...ma come avevi constatato pure tu, non era poi così intelligente come sembrava, se no non sarebbe finita a rotoli.
-Sai bene perchè non poteva continuare. Insisteva per arrivare al dunque. Non era l'intelligenza a mancarle, ma...
-La moralità da frati gesuiti e suore di clausura...
-Ottaviano, la vuoi finire?-. Stavolta era stato Cesare a rimproverarlo.
-Ma oramai sarà almeno un millennio che i fidanzati...
-Nostro fratello applica i principi biblici, come me, come nostra sorella e nostro cognato.I fidanzati sono appunto fidanzati e non sposati, punto e chiuso. Se tu non ne vuoi sapere nulla, sono affari tuoi, ma vedi almeno di portare rispetto a nostro fratello che è quasi un padre per noi.
-D'accordo, ragazzi. Mettiamola così. Sotto questo tetto così come a casa di nostra sorella ci sono delle regole, chiaro? E vanno seguite, piacciano o meno.
-Lei è sicuramente diversa. Completamente diversa. Ed è dei nostri, soltanto che è calvinista, mentre noi siamo arminiani- disse Cesare.
-Consideriamo i calvinisti nostri fratelli di fede. Non è certo questo a trattenermi, ma lo sai come stanno le cose. Le circostanze sono quelle che sono.
-Fratello, già sono migliorate di gran lunga. E quel che ne rimane non durerà per sempre- affermò con convinzione Ottaviano, il più ottimista dei tre, dismettendo improvvisamente il suo solito fare goliardico, scusandosi stavolta sul serio e riconoscendo che poco prima stava davvero esagerando con i toni. -Non può piovere per sempre.
-Ma in casi come questi...
-Non puoi lasciar decidere a lei?- propose Cesare. -Siamo alle soglie del quarto millennio. Nel trentesimo secolo, ma non soltanto, ci sono treni che si fermano una sola volta nella vita. Se li perdiamo, buonanotte.
-Lo so. Ma non sarebbe giusto per lei. Se ci conoscessimo e fosse nato qualcosa, ti direi di si, perchè fare altrimenti significherebbe ferirla, ma così...comunque il tempo e le preghiere diranno. -E ora, se volete scusarmi, avrei una telefonata da fare.
-Ah, si...- e l'ironia di Ottaviano tornava a farsi strada, ma senza più ombra di malizia.
-Non ci provare nemmeno.
Stavolta avevano riso tutti e tre, finchè Cesare e Ottaviano non erano rimasti soli nella cucina dell'abitazione.
-Io lo so a chi telefona. E forse pure perchè.
-Piantala, Ottaviano. Che pettegolo sei.
-Ma no, guarda che non vado a raccontarlo fuori agli estranei. So che sono fatto così, però gli voglio bene anch'io quanto te. Ma sono davvero curioso...
(immagine Pixabay free, autore u_fg0tkeqgiy, link https://pixabay.com/es/vectors/tel%C3%A9fono-bot%C3%B3n-redondeado-7342142/)
La telefonata, che Ottaviano cercava invano di ascoltare stirando il collo e tendendo il più possibile l'orecchio, suonava curiosissima:
-Magnifica serata.
-Sono io.
-Lo so.
-Naturalmente. Amico, devo chiederti un favore.
-A tua disposizione. Sono tutto orecchie.
-I miei fratelli hanno conosciuto una ragazza in ospedale. L'hanno poi rivista, soprattutto Cesare, in una biblioteca. La Civica del quartiere centrale, quella raggiiungibile con un solo mezzo pubblico da qui e da casa di mia sorella.
-Si, lo so.
-Ah, benissimo!
-È davvero super mega gentile, simpatica e comprensiva. Non sembra nemmeno di questa città. Tu sai quanto sono diffidente e selettivo, per forza di cose.
-Sicuro. Ma vediamo se indovino: stavolta hai fatto un'eccezione.
-Quasi quasi. Sai, la linea di demarcazione. Ma tra qualche tempo, credo in breve, confido di poterla superare.
-Oltrepassala, non aspettare.
-Sei sicuro?
-È un ordine.
-Obbedisco. Felice di tornare utile. Solo non temi il margine? Anche se esiguo, mi azzarderei a dire nullo.
-Per una come quella che mi descrive Cesare, che come sai è la bocca della verità, sono disposto a rischiare.
-Ricevuto.
-Un'altra cosa.
-Dimmi tutto.
-Me la fai vedere?
-Ehm...la legge...sulla privacy...
-È un ordine. Ma la responsabilità me la prendo tutta io. E nessuno lo saprà, tranne me e te.
-Ok. Obbedisco. Felice di tornare utile. Ma io non c'entro nulla-. rise l'interlocutore.
-Tranquillo, naturalmente. Come ti ho detto, la responsabilità è tutta mia.
Poco dopo, sullo schermo del cellulare dell'uomo spuntò un file immagine. Nella foto si vedeva una ragazza circa trentenne, che però dimostrava molti meno anni. Aveva un viso ovale dai lineamenti delicati e un poco spigolosi, ma al punto giusto, anche se riportavano più di un'asimmetria. Era snella, occhi quasi neri e lunghi capelli castano chiaro, che sembravano alquanto in disordine perchè mossi con tendenza al ribelle. Pur sapendo perfettamente che l'immagine si riferiva a uno dei migliori momenti fotografici della ragazza, l'uomo sorrise e disse al suo interlocutore: -È bellissima. Cesare non le ha reso giustizia. Ma come si azzarda Ottaviano a dire che non è bella?
-Lo conosci, quel pretenzioso fratello tuo. Lui trova belle solo le attrici più famose di quell'industria da strapazzo di Hollywood.
Ottaviano nel frattempo continuava a stirare il collo dalla cucina, ignorando i cenni di rimprovero di Cesare, sempre tentando invano di ascoltare sia pure qualche frammento della conversazione.
La telefonata terminava con risa soffuse da entrambe le parti e una raccomandazione.
-Abbi cura di lei. Una cura speciale.
-Felice di tornare utile.
Nello scrivere sei veramente super creativa complimenti
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Grazie, sono contenta che ti piaccia. È comunque uno dei capitoli di quello che è diventato il mio ottavo e-book grazie a Digitaly e al suo contest letterario.
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