QUEL CURIOSO ECCENTRICO APRILE E ALTRE DISCUTIBILI STORIE atto primo: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
-Si rilassi, Natalina. Niente ansie- iniziò il dottor Neri durante la seduta successiva con quella che era diventata la sua paziente preferita. -Le posso assicurare che non ama nessun robot.
-Davvero?- chiese la paziente, speranzosa.
-Sicuro.
Natalina notò nel suo psichiatra un'aria particolarmente sorniona, come non gli aveva mai letto in viso prima di allora. Chissà a cosa si doveva. Per la verità, la vita del dottor Domenico Neri ultimamente aveva dato un giro di boa che più curioso non poteva definirsi ed egli stesso stentava a raccapezzarcisi. Ma per ovvi motivi non poteva palesarlo ai suoi pazienti.
-Guardi, sono certo che se ci rifletterà con calma, senza soffermarsi sull'eccentricità delle apparenti circostanze, arriverà alla conclusione.
-Ma dottore, come stanno le cose, quindi?
-Purtroppo non posso essere io a dirglielo. Fa parte del percorso. È necessario stimolare le funzioni cognitive dei pazienti affinchè raggiungano un grado superiore di consapevolezza. Se le dicessi quanto per il suo inconscio è un dato di fatto, la priverei di un'importante tappa.
-Ho capito...ma...se non ci dovessi arrivare?
-Non credo succederà- e il dottor Neri sorrise divertito. -Ma se proprio non dovesse, cosa che non credo accadrà se riuscirà a mantenere la calma, se mi dà il permesso, sottoporrei il suo caso al mio primario, il professor Heinz. Se non dovesse arrivarci, una soluzione lui la trova affinchè ci arrivi. Ha molti più anni di carriera di me e non è uno psichiatra qualunque. Anzi, se per lei va bene, oggi stesso condividerei con lui la sua cartella clinica.
Natalina non ebbe nulla in contrario. La fama internazionale del professor Heinz non era mistero per nessuno e il suo aiuto non poteva che essere benvenuto. Nel frattempo, eventi scolastici promossi dal preside del liceo di scienze umane dovevano arrivare a distrarla. Ascoltando i consigli del dottor Neri, decise di concentrarsi sulle novità. Forse, qualora tralasciasse di avere riguardo alla sua eccentrica esistenza, sarebbe arrivata più facilmente alla risoluzione di quella stramba vicenda.
Il dottor Grassini, preside della scuola in cui Natalina al momento insegnava, era un uomo energico di mezz'età, amante dell'innovazione apportatrice di benefici e preoccupato per il futuro degli studenti. Anche se parecchi di questi ultimi, per lo più, tendevano a infischiarsene senza ritegno, del loro futuro. Ma il dottor Grassini non intendeva arrendersi e onde risvegliare l'amore per lo studio di quegli adolescenti, compresi i più testoni, aveva iscritto la scuola a un buon numero di eventi in collaborazione con questa e quella entità. Alcuni alunni, i più bravi nelle esatte, avrebbero partecipato alla Settimana della Matematica che doveva tenersi a Roma verso la fine di quello strambo aprile. E onde favorire i meritevoli che non potevano permettersi la spesa, li aveva provvisti di borse di studio che coprissero tutte le loro spese di viaggio e permanenza fuori sede e gliene avanzassero pure per qualche eventuale emergenza o imprevisto. Sempre in collaborazione con le varie entità promotrici degli eventi.
Valentina Valverde, la docente di matematica e fisica amica di Natalina, avrebbe partecipato alla settimana romana e ne era davvero entusiasta. Quanto a Natalina, non poteva chiedere di meglio dei salotti letterari e artistici. L'avrebbero aiutata a rilassarsi, come previsto dal dottor Neri.
Ma l'entusiasmo del dottor Grassini non si fermava alla Settimana della Matematica e ai salotti letterari e artistici. Desiderando il meglio per il futuro degli alunni affidati alla scuola che dirigeva, aveva deciso che i suoi studenti avrebbero dovuto avere a che fare con l'intelligenza artificiale e la robotica perchè rappresentavano le professioni del futuro. Già aveva fatto questione affinchè nel liceo di scienze umane, a dispetto del curriculum ben lontano dagli istituti tecnici, comparisse informatica tra le materie obbligatorie. Santo cielo, almeno un'ora a settimana. Minimo. Meglio se tre. Non era ammissibile la scioperatezza che rendeva meri trastulli i cellulari e i notebook in mano a quei ragazzi. Comunque, in pro degli eventi che si sarebbero protratti fino alla fine del mese e forse pure oltre, il dottor Grassini aveva optato per non sovraccaricare gli alunni e nemmeno i professori. Aveva liberato allora gli studenti dall'obbligo di seguire le ore di lezione per intero. L'orario sarebbe stato dimezzato fino a fine eventi, che si sarebbero tenuti nei pomeriggi. Il dottor Grassini intendeva così permettere anche ai docenti di respirare e godersi le novità. Specie le più esotiche aventi a che fare con l'intelligenza artificiale. Specie nel caso di una docente riguardo alla quale aveva ricevuto personalmente quantomai curiose e ferventi...suppliche. Da dove meno se l'aspettava.
L'introduzione di informatica tra le materie del liceo di scienze umane aveva fatto la fortuna del professor Pietro Minetti. Il poveretto, docente di informatica già alla terza età, se l'era vista brutta in qualcuna delle scuole precedenti. Da circa un millennio, infatti, finire nella scuola sbagliata poteva avere conseguenze deleterie per un insegnante. Sin dal serpeggiare delle discutibilissimi filosofie che sin dall'inizio del terzo millennio avevano posto fine a quella che un tempo era la ben delineata posizione gerarchica dei docenti al di sopra di quella degli alunni, in parecchie scuole italiane e non solo italiane era il caos. Nei dieci anni precedenti, Pietro Minetti era stato picchiato dal padre di uno studente che non si conformava con le insufficienze che portava a casa lo scioperato pargolo. Se i ragazzi non studiavano, in certe scuole si dava sempre la colpa agli insegnanti, anche in caso di evidente svogliatezza degli alunni. L'insegnante aveva riportato lesioni che gli erano costate cure ospedaliere dispendiose e si era pure finiti in tribunale perchè il suo allora preside, palesemente dalla parte dei genitori degli studenti, s'era pure messo in testa di licenziarlo per motivi di salute. La battaglia giudiziaria era durata anni e nel frattempo il professor Minetti aveva pure dovuto cercarsi altre scuole dove insegnare, per non piegarsi al ricatto di dover alzare i voti agli alunni che non studiavano, pena ulteriori aggressioni dall'esito infausto. Alla fine in tribunale s'era arrivati a una transazione in cui la scuola gli avrebbe risarcito parte dei danni, sia pure esigua, in cambio di non presentare più domanda nello stesso istituto. Poco male. Pietro Minetti non aveva la minima intenzione di rimetterci piede. Anzi, non fosse stato per l'affezionato nipote con il quale viveva da quando era rimasto vedovo e senza figli, si sarebbe ritrovato molto più a mal partito. Era il nipote, infatti, che lo aveva aiutato a pagare un buon avvocato che gli aveva fatto ottenere quel po' di riconoscimento, dati i tempacci che correvano. La vita di un insegnante non era facile e serviva coraggio. Quel liceo di scienze umane dove far domanda era stato suggerito al professor Minetti proprio dall'avvocato che lo aveva sostenuto nella causa. L'avvocato non s'era sbagliato. Anche se non tutti gli alunni brillavano per buona volontà ed educazione, quantomeno non provenivano da famiglie per lo più di bassa lega come nella scuola della sua peggiore disavventura. Dopotutto, il discutibile istituto si trovava nel quartiere del carcere, quindi tant'era.
Natalina, da parte sua, aveva potuto evitare le peggiori scuole grazie a Vittorio, che le aveva indicato quali scegliere per le GPS, le MAD e le graduatorie d'istituto. Di suo, comunque, avrebbe già accuratamente evitato il quartiere del carcere, ma il collega Pietro, appartenente alla vecchia guardia, non era stato allora del tutto consapevole dell'andazzo cittadino. Ora, il docente di informatica quantomeno viveva una vita relativamente tranquilla, al riparo da genitori cervellotici di alunni svogliati.
-Non me ne frega un tubo, se il mio è il liceo delle scienze umane e non l'istituto tecnico industriale- aveva ribattuto il dottor Grassini a Marcantonio, il figlio del Presidente della ditta di proprietà di Vittorio, che avrebbe fatto da scenario a gran parte degli eventi. Marcantonio si era intromesso in un discorso del dirigente scolastico con suo padre, che comunque oramai da oltre dieci anni non presiedeva pressocchè un bel nulla, mantenendo un titolo più che altro di facciata.
-Ma vuoi stare un po' zitto, Marcantonio?- lo aveva rimproverato il Presidente. -Se un'iniziativa del genere fa salire le quotazioni in Borsa della ditta, per me può entrarci pure il liceo musicale. E sicuramente le farà salire. Quando mai quell'ammasso di latta di Vittorio ha perso un colpo?
-Papà, lo sai bene anche tu che dietro l'ammasso di latta c'è un arrampicatore sociale di operaio che ora fa il capo ingegnere della divisione più importante di questa fabbrica. Fino a poco fa, i plebei come lui figli di pezzenti più miserabili di loro se ne rimanevano ai bassifondi della scala sociale, dov'è giusto che se ne stiano.
-La cosa non diverte neppure me, ma nel contempo, se dipendesse da te, questa ditta fallirebbe. Dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco, lo sai? L'iniziativa del momento ci farà accedere a interessanti fondi dell'Unione Europea, lo sai?
I due avevano preso a litigare senza ritegno davanti al dottor Grassini, che stufo di ascoltarli, si era alzato per andarsene.
-D'accordo, tornerò un'altra volta.
-No no no, la prego, dottor Grassini, non se ne vada- aveva supplicato il Presidente, sia pure non avvezzo a supplicare. Ma non sia mai l'ammasso di latta lo retrocedesse di posizione a causa di una deplorevole attitudine e sempre per colpa di Marcantonio. E subito al pargolo: -Tu sparisci di qui alla svelta, che nessuno ti ha chiamato in causa.
Marcantonio se n'era andato borbottando qualcosa che al dirigente scolastico non era piaciuto per niente. Prima o poi quello me la paga. Devo soltanto trovare l'occasione.
In ogni caso, tutto era proseguito secondo i piani del preside del liceo di scienze umane e a giorni gli studenti, ma pure i professori della scuola, avrebbero respirato un'aria diversa. Il dottor Grassini aveva poi ricevuto l'interessante offerta da parte del capo ingegnere della divisione robotica di ospitare i salotti letterari e artistici nelle sale del primo piano, oltre agli eventi più tecnici. Erano le aree destinate alle conferenze e alla dirigenza dell'industria, molto più grandi rispetto a qualsiasi spazio della scuola e le arti vi avrebbero incontrato l'atmosfera che spettava loro. A sua volta, il dottor Grassini aveva promesso al preside del liceo musicale situato nello stesso complesso scolastico di fargli posto nella palestra del liceo di scienze umane, luogo più idoneo per le piccole esibizioni dei suoi alunni. Si prospettava infatti, tra gli eventi scolastici, anche la Settimana della Musica.
La Settimana della Matematica che si teneva a Roma coincideva con gli altri eventi scolastici. Valentina e Natalina avrebbero quindi trascorso separatamente il periodo degli eventi più importanti, cosa che rincresceva a entrambe, dato l'affetto sviluppatosi tra le due colleghe da quando si erano conosciute. Ma le distrazioni dovute agli eventi avrebbero reso la separazione sopportabile, si sperava. Certo, Natalina avrebbe dovuto più che mai sorbirsi un paio di colleghe chiacchierone e ficcanaso che solevano appiccicarlesi quando non avevano di meglio da fare. Elvira e Antonella, le docenti rispettivamente di scienze e pedagogia e psicologia, erano entrambe una buona pasta di donna, ma caratterizzate da una qual certa peculiarità, a parte la patente incapacità di farsi gli affaracci propri: il credere di avere ancora quattordici anni a dispetto dell'età biologica sulla sessantina. Pazienza. Natalina avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco. Cercò di pensare il meno possibile agli aspetti negativi della promiscuità con le due colleghe, concentrandosi su quelli positivi. Sembrava però che una specie di congiura fosse in atto per annacquare tutti i suoi buoni propositi. Una congiura nel secondo cielo, ovviamente la dimensione dell'universo che ospitava gli angeli caduti al momento della ribellione di Lucifero. Non si riusciva a spiegare altrimenti la serie di circostanze perverse del momento che sembravano architettate apposta per creare confusione e dunque impedirle di trovare il bandolo della matassa dell'enigma che il dottor Neri non poteva rivelarle senza mettere a nanna le funzioni cognitive della paziente.
Tanto per cominciare, i suoi genitori erano diventati più litigiosi del consueto, in quell'aprile. E fino alla terza settimana del mese, Natalina non avrebbe nemmeno potuto rifugiarsi a casa di zia Gelsomina, perchè un guasto alle tubature dell'acqua del bagno e della cucina gli aveva portato idraulici e muratori in casa da un pezzo. Ne avrebbero avuto per almeno un'altra settimana. Ok, l'appartamento contava decenni e decenni, dai tempi in cui zia Mina era ancora sposata con il povero zio Matteo e prima o poi c'era da aspettarsi un affare del genere. Gli zii stessi con il cugino Bartolino avevano già dovuto rifugiarsi nel retro del negozio di antiquariato di zio Maximilian, dove a malapena entravano in tre. Zia Mina era pure stata costretta a chiudere temporaneamente il suo atelier. Il primo giorno di eventi, poi, poco dopo la metà di quello strambo aprile, aveva subito un'aggressione per strada, per miracolo non finita in tragedia. Dovendo recarsi a scuola anche il pomeriggio, oltre che al mattino, sia pure in quest'ultimo caso per non più di una o due ore di lezione, preferiva prendere l'autobus anzichè la bici anche quando non pioveva e non vi erano previsioni di pioggia al ritorno. La sua fermata più vicina alla scuola, sia pure posizionata in una zona alquanto centrale, si trovava in un quartiere in cui erano presenti svariati vicoli bui, non troppo frequentato. Ma quand'anche lo fosse stato, in città alle soglie del quarto millennio i passanti solevano mantenere ben posizionati i prosciutti su occhi e orecchie davanti a tristi episodi. Ok, dovendo andare a lavorare, Natalina preferiva pensare positivo e in ogni caso confidava nel fatto che in un quartiere di sconosciuti non vi fosse nessuno insano al punto da pigliarsi la briga di aggredire una persona mai vista prima. Al massimo, davanti al solito finto disabile insistente per l'elemosina avrebbe affrettato il passo. Soltanto non si aspettava di incontrarci qualcuno che era sicura fosse uscito dalla sua vita per sempre. Felicino Bistolfi, il vecchio macellaio pervertito che fino a tempo addietro l'aveva corteggiata ai limiti dello stalking, con il beneplacito dei suoi genitori. Miracolosamente sparito non si sapeva bene come, ma l'efficiente pescheria al posto della sua macelleria di un tempo risultava rassicurante. Il signor Felicino non doveva trovarsi in quella parte della città in usuali orari di apertura dei negozi, specie in un giorno feriale. La macelleria ora costretto a gestire dopo essere stato, malauguratamente per i signori Fiorina e Anselmo, pizzicato dall'Agenzia delle Entrate, si trovava in un quartiere periferico in corso di bonifica, dove non vi era neppure l'ombra di una tabaccheria. Una iattura vera e propria per un fumatore incallito come lui. Avendo finito le sigarette, aveva approfittato per defilarsela, meglio se verso un quartiere più centrale, lasciando il negozio all'incuria dei commessi. La vista inaspettata di Natalina appena scesa dall'autobus gli era parsa una manna dal cielo.
-Finalmente ti ritrovo! Ma perchè non rispondi mai alle mie chiamate?
-Quali chiamate?- e la ragazza aveva seguitato a camminare, senza fermarsi. Anzi, allungando il passo, se possibile.
-Sono almeno tre anni che ti chiamo e mi esce numero inesistente.
-Provi a vedere con il suo operatore telefonico- disse Natalina asetticamente.
-No. Tu hai cambiato numero e non me lo vuoi far sapere.
Come non sopportava che quel vecchiaccio le desse del tu.
-Signor Felicino, devo andare al lavoro, mi scusi, buona giornata.
-Eh, no! Non così in fretta!- e l'aveva afferrata in un disgustoso abbraccio, costringendola a fermarsi.
-Mi lasci andare, per favore!
-Abbiamo prima qualcosa di cui discutere.
-Non abbiamo proprio niente da discutere, mi lasci!
Ma l'uomo non mollava la presa. Com'era prevedibile, i passanti, tra i quali uomini giovani, continuavano imperterriti per la loro strada, coi prosciutti agli occhi e alle orecchie. Il signor Felicino la stava letteralmente trascinando verso un vicolo buio. Per quanto in forma, Natalina era comunque troppo esile per riuscire a difendersi da un uomo di tale stazza. E la poca attività sportiva che tempo e denaro le permettevano a malapena di praticare non era sufficiente a tanto.
-Guardi che mi metto a gridare!
-Tanto la gente qui se ne frega- aveva risposto tra risa sarcastiche l'uomo, che però non era riuscito a mettere in atto i suoi piani perversi perchè un'inaspettata forza smisurata gli aveva aperto le braccia come un colpo di tenaglie e l'aveva bloccato. Natalina, sentendosi libera, era corsa via senza fermarsi a guardare cos'avesse fatto desistere il signor Felicino. Quando ritenendosi a distanza di sicurezza s'era girata indietro per assicurarsi che non vi fosse più pericolo, il suo aggressore era scomparso. Meglio così. In realtà, non s'era accorta che Felicino Bistolfi era stato portato via fin dentro il vicolo per svariati metri, dove aveva ricevuto quel che si meritava.
-Lasci in pace quella ragazza e veda di non farmelo ripetere- gli aveva imposto l'uomo che l'aveva afferrato da dietro e non mollava la presa. Il signor Felicino era trasalito. Si aspettava, tra l'altro, che quel seccante individuo che gli stava perennemente alle calcagna, potesse essere dotato di forza non comune, ma non certo fino al punto da immobilizzare a oltranza qualcuno di grasso e grosso come lui.
-Ancora lei? Ma è una persecuzione!
-Persecuzione è quel che fa a quella povera ragazza.
-Ma di che diamine s'impiccia lei della mia vita privata!
-La sua vita smette di essere privata dove e quando comincia la libertà del suo prossimo. Lo sa che lo stalking è un reato? E quel che stava per farle poco fa? Pure peggio!
-E allora? In Italia c'è l'impunità per quelli come me. Se una donna mi piace, me la prendo, capito? La giustizia italiana protegge quelli come me. Se anche la polizia mi arresta, basta una toga rossa a tirarmene fuori e in carcere non rimango un quarto d'ora, capito?
-Può darsi che abbia ragione lei- rispose l'uomo mantenendolo sempre immobile e appellando a tutta la sua etica per non colpirlo a seguito di affermazioni di tal fatta. -Ma ultimamente la finanza non è altrettanto compiacente per quanto riguarda i reati tributari. Come va la sua contabilità del momento? Lo sa che la sua libertà è condizionata?
-Eh no, eh no, questo si chiama giocare sporco...
-Ma senti chi parla di giocare sporco. Mettiamola così: giri al largo da quella ragazza. Altrimenti posso anche cambiare idea sulla libertà condizionata per i reati fiscali. Che non sono affatto di poco conto, come ben sa.
Felicino Bistolfi si era profuso in una serie di insulti, ma non aveva potuto fare altrimenti che cedere. E non era neppure detto che, dato l'andazzo di oltre dieci anni a quella parte in città, il diritto penale al di là dei crimini bagatellari e di portata marginale restasse ancora a lungo soltanto sulla carta. Era solo questione di tempo. Quando il seccante individuo l'aveva lasciato andare, in un attimo di stizza gli aveva detto:- E io lo so, l'ho capito perchè non mi dà un attimo di pace! Vuole prendersela per lei, quella donna!
-Pensi pure quel che più le pare. Ma se si azzarda a riprovare a metterle un dito addosso, dovrà vedersela con me. Righi dritto o c'è la galera. E adesso se ne torni da dove è venuto e alla larga da queste parti.
-E le mie sigarette? Ero qui perchè dovevo andare dal tabaccaio. Nel quartiere di mala morte dove mi avete schiaffato la macelleria non c'è nemmeno una tabaccheria.
-Non sarebbe più opportuno smettere di fumare? L'ecosistema ne guadagnerà e la sua salute altrettanto- gli aveva risposto l'uomo senza riuscire a nascondere un tocco di ironia.
-Pure questa, adesso? Pure un sermone? La mia libertà è condizionata anche al divieto di fumare?- urlava Felicino Bistolfi.
-No no, fumi pure quanto le pare, era solo un consiglio da amico. I polmoni sono i suoi.
-Ma tu guarda, tu guarda!- e si era allontanato mettendosi le mani nei pochi e disordinati capelli, che parevano aver mai visto un barbiere da decenni.
Poco dopo, rimasto solo nel vicolo, l'uomo che aveva salvato Natalina aveva preso in mano il telefono e composto un numero.
-Magnifico pomeriggio. Poche bianche nuvole. Non dovrebbe piovere per oggi.
-Grazie, amico mio caro. Sono io.
-Si, lo so.
-È arrivata a scuola al sicuro?
-Si, ho controllato. Tutto a posto. Soltanto che dev'essere sconvolta per l'accaduto. Chissà in che condizioni dovrà lavorare. Non voglio nemmeno pensare a cosa sarebbe successo se per caso non ci fossimo stati noi nei paraggi.
-Povero tesoro! Se non riesci a pensarci tu, figurati io. Ma Dino e Lino mi avevano avvisato degli strani andirivieni di Felicino Bistolfi. Quando mi hanno detto che se ne veniva da queste parti piantando in asso la sua attività senza alcun serio motivo e proprio nell'orario di lavoro del mio amore, con questi eventi scolastici, figurati se non mi muovevo subito e non ti chiamavo.
-Una cosa, però...perchè non hai lasciato il lavoro sporco a me? Ti avrei risparmiato la fatica.
-Che cosa?- rispose l'amico ridendo. -Che razza di uomo delega a terzi la difesa della donna che ama?
-Capisco, capisco. Felice di tornare utile.
Fortunatamente non c'era troppo da fare, quel primo giorno. La Settimana della Musica stava assorbendo tutta la concentrazione del dottor Grassini, anche se lui era un grande amante della musica classica e gli studenti del liceo musicale si stavano invece impegnando con la musica pop. I professori di lettere avrebbero dovuto scegliere gli scrittori e i poeti per i salotti letterari e così pure i docenti di disegno e storia dell'arte avrebbero fatto altrettanto con pittori, scultori e opere di un passato in pieno fermento artistico. Nel frattempo, erano anche liberi di godersi le manifestazioni musicali del momento. Natalina non era esattamente in forma dopo l'accaduto in strada, ma voleva provarsi ugualmente a dare il meglio. Pensare ai suoi autori preferiti poteva darle una mano. A non pensare che nei brutti momenti di quella strana giornata non aveva mai desiderato tanto quanto allora vedere arrivare Vittorio a soccorrerla. No, così non si andava da nessuna parte e non si facevano progressi con il dottor Neri. Meglio pensare a Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Giacomo Leopardi, Ugo Foscolo, Eugenio Montale, Italo Svevo, Luigi Pirandello, Italo Calvino...no...Italo Calvino no, forse era meglio lasciarlo dove stava. Dato che la sua vita cominciava a somigliare vagamente e pericolosamente ai suoi più eccentrici romanzi. Si sedette in ultima fila nella palestra dov'era stato allestito il palco per gli studenti del liceo musicale, sperando non arrivassero le colleghe Elvira e Antonella con le loro chiacchiere. In quel momento, Valentina doveva essere a casa a fare le valige per partire per Roma la settimana successiva. Gli insegnanti che partecipavano alla Settimana della Matematica a Roma erano infatti dispensati da quei primi giorni di eventi al liceo di scienze umane.
Le due chiacchierone entrarono nella palestra della scuola mentre Natalina era dedita alle sue ricerche al cellulare per scaricare le schede degli autori per i salotti letterari, ma per sua somma fortuna c'era anche il collega Pietro Minetti, che venne a sedersi accanto a lei a passo spedito. Meno male. Natalina riteneva rassicurante la presenza di Pietro. Era un bravo uomo, simpatico e di indole tranquilla, dall'orecchio sempre pronto all'ascolto e per nulla pettegolo. Una sorta di padre virtuale.
-Perchè non venite davanti a godervi la musica?- chiesero Elvira e Antonella, evitando di sedersi dietro con loro, dacchè la presenza del collega Pietro non le animava a profondersi in ciarle impiccione come di loro consueta abitudine.
-Stiamo bene qui dove stiamo. Andate davanti pure voi. Ma comunque grazie per il pensiero, ragazze- rispose Pietro.
Due ragazzi di quinta liceo musicale avevano nel frattempo sistemato le casse acustiche e presero a suonare le loro chitarre.
Poco dopo, uno dei due chitarristi fece un discorso. Era un bel ragazzo che per l'aspetto ricordava Augusto Morelli ai tempi in cui Natalina studiava allo scientifico assieme alle care Olga e Manola. Ma doveva essere decisamente più intelligente e molto più studioso del suo scioperato ex compagno di scuola che da grande non aveva nemmeno saputo tenersi stretto un posto da bidello.
-Salve a tutti, mi chiamo Gabriele Alberti e sono al quinto anno del liceo musicale. Dopo la maturità terminerò i miei studi al Conservatorio per diventare concertista. Per chi non lo sapesse, suono infatti anche il violino, oltre alla chitarra. La prossima canzone voglio dedicarla ad Anna Delle Piane, la mia fidanzata, che sta terminando il primo anno del liceo di scienze umane. Iniziò l'esecuzione di (Everything I Do) I Do It For You.*
La discutibile storia prosegue.
*1991, del cantautore canadese Bryan Adams
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