CHI TROVA UN ANDROIDE TROVA UN TESORO: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
La ditta che da qualche decina di anni la pubblica amministrazione aveva aperto in città non era esattamente l'ambiente ideale in cui lavorare e l'operaio specializzato Manfredi lo sapeva bene. D'altronde, alle soglie del quarto millennio, di posti in Italia in cui lavorare senza ansie, grivie e paturnie ce n'erano proprio pochi. Manfredi stringeva i denti e andava avanti imperterrito, a muso duro, ma quel che vedeva accadere in ditta giorno dopo giorno non gli garbava minimamente. Soprusi da parte del Presidente e i suoi più stretti collaboratori, tanto che perfino impiegati di alto livello, quadri e dirigenti junior vivevano con il costante timore di perdere il posto di lavoro. Ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso consisteva nell'oltremodo ingiustificato licenziamento di Amadigi, l'autista del Presidente. (1) - (2)
Era accaduto che Marcantonio, il viziatissimo figlio del Presidente, aveva preso a importunare Teresina, la figlia di Amadigi, dato che sfortunatamente i due risultavano iscritti allo stesso corso universitario. Marcantonio era avvezzo a collezionare conquiste che usava e gettava come si fa con la carta igienica quando più gli faceva comodo. Ma Teresina, a differenza delle sue sciocche compagne che s'erano fatte abbagliare dalla BMV e gli abiti firmati di Marcantonio, non c'era punto cascata e lo aveva liquidato senza preamboli. Si era iscritta all'università con il precipuo scopo di studiare e perseguire una sia pur discreta carriera e non di abbassarsi a divenire il giocattolo temporaneo di questo o quel dongiovanni. Amadigi andava fiero di Teresina: desiderava per la figlia un futuro migliore del suo e pertanto non si crucciava affatto dei mille sacrifici per mantenerla agli studi, con il suo magro stipendio da autista. Ecco che però Marcantonio, al quale di Teresina non importava un soldo bucato, ma fortemente amareggiato per il duro colpo subito dal suo smisurato ego per il netto rifiuto, aveva voluto vendicarsi. Aveva raccontato a suo padre, che pure ben conosceva i vizi del pargolo, che Teresina lo assillava. Aspirare al figlio del Presidente da parte di una ragazza di bassa estrazione sociale costituiva peccato capitale per l'élite cittadina. Per tutta risposta, quindi, Amadigi era stato licenziato in tronco, perdendo allora le risorse necessarie per mantenere la figliola agli studi. Manfredi, che detestava le ingiustizie, ci vedeva rosso scarlatto dalla rabbia. Ma non era uomo da permettere che le emozioni gli offuscassero la mente. Piuttosto preferiva spremersi le meningi per escogitare qualcosa di davvero utile e se il piano che ultimamente si apprestava a mettere in atto avesse avuto successo, la ditta sarebbe presto divenuta un'oasi di pace e armonia. Manfredi doveva solo riuscire a ottenere l'accesso a Vittorio, il superquotato androide dello stabilimento. Vittorio abitava la più moderna sala macchine dell'ultimo piano della ditta, il Cervello. Dal Cervello era possibile controllare tutto l'andamento della ditta, prendere decisioni, firmare contratti. Manfredi conosceva bene gli androidi. Infatti, a dispetto delle mansioni da operaio, per quanto specializzato, era per la verità laureato in ingegneria dell'automazione, con tanto di specializzazione, ma era stato relegato alle attuali funzioni perchè il suo intorno sociale era scorretto. Manfredi non era figlio di paparino. Certo, i posti da ingegnere in ditta dovevano andare solo agli sbarbatelli bene imparentati con i consiglieri comunali della città. Ma poco male. Manfredi aveva un lavoro e anche se il suo stipendio non era quello di un ingegnere, se ne contentava e di altro non si curava. Fuorchè dell'accesso a Vittorio. (2) - (4)
A nessuno era permesso oltrepassare la porta del Cervello autonomamente, tranne al Presidente e all'uomo delle pulizie Alboino. Il primo aveva carta bianca per forza di cose. Quanto ad Alboino, non che il Presidente se ne fidasse e men che meno gli accordava libero accesso al Cervello per puro amor di popolo. Ma costui, non vantando chissà quale ragguardevole percorso accademico, non poteva a ragione essere percepito quale minaccia allo strapotere del Presidente e il suo entourage. Alboino contava soltanto sulla licenza media e in ditta l'avevano assunto esattamente per tal motivo, proprio perchè per quel particolare incarico si dovevano rifuggire peggio della peste bubbonica le menti colte e pensanti, capaci di vedere oltre il proprio naso. Infatti, agli altri uomini e donne delle pulizie, destinati agli altri reparti, era stato fatto obbligo di possedere un diploma. Naturalmente, Alboino aveva ricevuto ordini precisi: doveva limitarsi soltanto alla pulizia dei locali e mai, per nessunissima ragione, toccare alcunchè, men che meno Vittorio, pena il licenziamento immediato e la denuncia in tribunale per danni. Alboino non ci pensava affatto, a toccare le macchine e men che meno ad avvicinarsi a Vittorio. Perdere il lavoro con l'aggravante di farsi citare per danni era fuori discussione e inoltre lintelligenza artificiale rappresentava per lui un mondo astratto, lontano e incomprensibile dal quale tenersi bene alla larga. Non così per Manfredi, che nella cantina della sua abitazione aveva costituito un vero arsenale informatico-elettronico. Il suo regalino personale per Vittorio era pronto e ora doveva soltanto trovare la maniera di far collaborare Alboino a insaputa di quest'ultimo. Non gli fu particolarmente difficile, conoscendo il punto debole dell'uomo: la patente pigrizia, la stessa che lo aveva indotto a non proseguire gli studi oltre le scuole medie e anche in quelle trascinandosi con molta fatica, accumulando bocciature varie. A ogni tramonto lamentava fortemente di quanto lo sgobbare gli pesava e guardava con rammarico i colleghi e superiori che staccavano per tornare a casa, mentre lui doveva sfacchinare a tarda ora e in solitudine. A quell'ora avrebbe preferito di gran lunga andarsene a dormire. Manfredi lo ascoltava sempre con aria attenta, incoraggiandolo a pazientare, che tempi migliori sarebbero giunti, finchè una sera, anzichè rincasare in seguito alla solita chiacchierata con Alboino, sorbendosi le eterne lagnanze di quest'ultimo, non se ne venne all'ultimo piano dell'edificio con una bella tisana presa al bar della ditta, frequentato più che altro dai dirigenti e naturalmente, dal Presidente. Gli unici in grado di spendere senza dover mai contare il centesimo. Ma in quell'occasione, stringere la cinghia una volta di più valeva bene la pena. (2) - (4)
-Alboino, ti vedo più stanco del solito. Guarda, ti ho portato una tisana. Bevila e vai a sdraiarti sui sacchi del magazzino, quelli più morbidi. Ne ho preparati apposta per te. Fatti una pennichella, che al carrello delle pulizie penso io. Quando è pronto, vengo a chiamarti.
Ad Alboino non sembrava vero. Finalmente qualcuno s'impietosiva della sua mala sorte. Bevve la tisana e andò a sdraiarsi sui sacchi del magazzino dell'ultimo piano, tutto allegro, senza neppure disturbarsi a ringraziare Manfredi, che comunque non se n'ebbe affatto a male. Alboino prese presto a russare e non pareva si sarebbe svegliato di lì a poco. In ogni caso, Manfredi s'era preparato anche al prematuro risveglio dell'uomo delle pulizie. Guardò l'orologio. Le otto di sera. Ecco, ci siamo, pensò. Spense le luci del magazzino per assicurarsi che Alboino dormisse a sonno pieno. Oramai le telecamere del Cervello erano state disattivate. Manfredi da un pezzo controllava la ditta dalla sua cantina, compreso il Cervello, essendo stato particolarmente abile nell'hackerare il complicato sistema. Controllava ogni dettaglio, tranne Vittorio. L'androide, a differenza del sistema macchine, necessitava la vicinanza fisica. Manfredi non perse tempo a recarsi negli spogliatoi, che si trovavano svariati piani sotto, dove un collega del turno di notte avrebbe potuto importunarlo con domande indiscrete e forse pure frustrare i suoi piani, ma si tolse la tuta da operaio lì nel magazzino, sia pure al buio. Sotto indossava uno smoking nero, con tanto di camicia bianca inamidata. Erano i suoi migliori abiti per le rare occasioni di festa a cui partecipava, relative a eventi importanti quali il matrimonio di un parente. E quello della presente serata costituiva per la sua città l'evento più importante del secolo. L'inizio di una nuova era. (3) - (4)
Con la password d'accesso craccata al Presidente, entrò nel Cervello.
-Buonasera, Vittorio. Com'è andata la tua giornata?
-Finalmente qualcuno che mi saluta e mi tratta con cortesia!
Manfredi non si stupì affatto della reazione dell'androide, conoscendo bene le macchine come Vittorio.
-Mi spiace che non ti trattino sempre con il dovuto garbo. Ma non crucciartene, Vittorio. Ti ho portato un regalo.
-Davvero? Questa è proprio la mia serata!
Manfredi estrasse alla svelta dalla base del capo dell'androide il programma aziendale di cui gli ingegneri lo avevano dotato su ordine del Presidente e inserì al suo posto il microchip che gli era costato mesi e mesi di duro lavoro. Era fatta. Gli occhi artificiali brillarono di una luce intensa. Ora Vittorio era programmato per assumere il ruolo di proprietario della ditta, assieme a ulteriori attribuzioni di altissimo livello. Una di esse, la più importante per portare a termine la missione di Manfredi, quella di generale supremo di tutto l'esercito di androidi della città. Vittorio chiamò i migliori a raccolta per supervisionare lo stabile, mentre gli altri si sarebbero assicurati che nessun genere di disordine si manifestasse in città, quando i consiglieri comunali e il Presidente si sarebbero risvegliati l'indomani con le mani legate, avendo perduto lo strapotere conservato fino al giorno avanti. Manfredi aveva infatti programmato ogni dettaglio all'insegna dell'ordine e della disciplina, preziose doti apprese sin da piccolo.
-Grazie, signor Manfredi, per questo bel regalo.
-Di nulla, Vittorio. Ma chiamami solo Manfredi, senza formalizzarti.
-Allora posso essere tuo amico? Sai, tante volte ti guardavo da dietro la porta vetrata. Avevo capito subito che sei una persona onesta e per bene e volevo tanto conoscerti. Ma non ti lasciavano entrare, purtroppo. E io non potevo uscire.
-Ora sono qui e tu sei libero dai lacci che ti avevano imposto. Anche a me farebbe molto piacere essere tuo amico.
Vittorio e Manfredi si strinsero la mano in segno di grande amicizia. (3)
-Sai, Manfredi, questo posto, questa ditta, non mi è mai piaciuta un gran che. Ne succedono, di cose! Ma finora non potevo farci nulla. Ero bloccato, ingarbugliato.
-Ora non più.
-Grazie a te, amico mio! E adesso vorrei mostrarti tutta la mia gratitudine. Cosa posso fare per te, Manfredi?
-Regolamento equo per la ditta. Nessuno merita di lavorare in un ambiente tossico, dal manovale e l'uomo delle pulizie fino al Presidente.
-Sarà fatto.
-Avrei poi bisogno di un favore.
-Tutto quel che ti serve.
Manfredi raccontò a Vittorio la triste vicenda di Amadigi. Avendo il pover'uomo perso il lavoro e dunque lo stipendio, Teresina s'era vista costretta ad abbandonare gli studi per finire a lavare piatti in un ristorante. Così manteneva sia pure poveramente la sua piccola famigliola, ma il suo babbo non faceva che piangere ogni volta che vedeva l'amico Manfredi. Purtroppo non avevano neppure potuto esporre denuncia contro Marcantonio e suo padre: data la corruzione fino alle midolla della città, le autorità erano fin troppo di parte e Amadigi e Teresina avrebbero pure rischiato di essere querelati.
-È inaudito! Ecco perchè dalle finestre di questi alti piani non vedo più quel simpatico signore che parcheggiava sempre l'auto del Presidente. Il tuo amico Amadigi è riassunto per il lavoro di pulizie qui al Cervello, al posto di quel morto di sonno di cui non mi sono mai fidato, ma non potevo spostare in altro reparto.
Manfredi sorrise divertito. Neppure lui si era mai fidato un gran che di Alboino. Ma nella presente occasione, la poltronanza di costui aveva reso un grande favore sia a Vittorio che ai dipendenti della ditta che ad Amadigi.
-Adesso puoi.
-Amadigi riceverà il doppio dello stipendio di un tempo e dovrà essere trattato con rispetto. Teresina potrà riprendere gli studi senza doverseli rovinare con un lavoro usurante.
Manfredi fece notare all'androide che proprio le debolezze di Alboino avevano fortemente contribuito al presente stato di cose.
-Capisco- constatò Vittorio. -Riceverà un aumento di stipendio anche lui e lo metterò a lavorare di giorno.
-Ben fatto, caro Vittorio. Ma c'è un'altra piccola questione.
-Dimmi pure.
-Dovrai fare al Presidente un'offerta che non potrà rifiutare: se vuole mantenere il posto, dovrà versare una bella sommetta sul conto di Teresina, per risarcirla dei danni. Tutto l'ammontare occorrente per terminare gli studi e qualcosa in più per l'anno che ha perso per colpa di Marcantonio.
-Sarà fatto.
D'improvviso, l'androide sembrò preoccupato.
-Cosa succede, amico mio?
-Gli ingegneri...gli ingegneri del presidente...mi riprogrammeranno...
-Non se mi nomini quale unico ingegnere che può avere accesso al tuo sistema neuronale e anche a queste sale, a parte Amadigi. D'ora in poi, neppure il Presidente dovrà più entrare qui dentro.
-Sarà fatto come dici. Ma secondo te, il Presidente e il suo entourage dovrebbero restare a lavorare qui?
-Si, ma ovviamente senza più strapoteri per fare il bello e il cattivo tempo. Sai, tenerceli accanto ci è utile a seguire il buon vecchio detto a muli davanti, a nemici dietro. Sempre vicini. Per poterli meglio vigilare.
-Ottima idea, mio caro Manfredi. (3) - (5)
Nel frattempo, l'edificio era stato occupato da un buon numero di androidi, che per prima cosa avevano disarmato le guardie di sicurezza all'entrata e dato loro nuovi ordini, informandoli del perchè il disturbarsi a chiamare Presidente e alti dirigenti sarebbe risultato completamente inutile.
Alboino, che s'era finalmente svegliato dopo lunghe ore di sonno, si apprestava a sbadigliare annoiato, non fosse per lo sbalordimento dello spettacolo che gli si era parato d'innanzi, all'uscire dal magazzino. Androidi su androidi che andavano e venivano per ogni corridoio, a destra e manca. Si ricordò di Manfredi e si avviò al ripostiglio, dove il suo carrello delle pulizie era tutt'altro che pronto. Vatti a fidare dei bellimbusti degli operai che si credono più fighi di te, sbuffò e prese a brontolare. Infilò alla rinfusa strofinacci e prodotti per la pulizia nel carrello e si avviò all'altra estremità del corridoio, dove si trovava il Cervello. Aprì la bocca, stavolta per un vero e proprio sbadiglio, ma invece di richiuderla, la mantenne bene aperta per lo stupore. Per la prima volta da quando lavorava in ditta, non potè accedere alle nobili sale. La password fornitagli dal Presidente per aprire la porta vetrata non funzionava più. Vide allora Manfredi non più in tuta da operaio, ma in elegante smoking, seduto a un tavolo davanti a Vittorio, il quale firmava, firmava e firmava, non gli era dato di sapere cosa. Un altro androide, mai visto prima dentro l'unità Cervello, si profondeva in gesti ossequiosi verso Manfredi e Vittorio.
-Certo che di questi tempi se ne vedono proprio tante-, esclamò, mentre gli usciva di bocca l'ennesimo sbadiglio. (5)
1) dove e quando è ambientata la scena?
2) chi sono i protagonisti?
3) qual è il motivo del loro incontro?
4) dove si trovavano prima di incontrarsi?
5) cosa accadrà subito dopo?
1: alle soglie del quarto millennio, in un'imprecisata ditta di un'altrettanto imprecisata città italiana
2: Personaggi principali: Manfredi, ingegnere dell'automazione nelle vesti di un operaio specializzato della ditta - Vittorio, l'androide superquotato della ditta. Personaggi secondari attivi: Alboino, uomo delle pulizie del Cervello della ditta. Personaggi secondari, menzionati da Manfredi, ma che non compaiono attivamente nel racconto: Amadigi, l'autista del Presidente della ditta - Teresina, figlia di Amadigi - il Presidente - Marcantonio, il figlio del Presidente
4: Manfredi si trovava nel magazzino dell'ultimo piano della ditta, in attesa della disattivazione delle telecamere per poter accedere al Cervello - Vittorio si trovava nel Cervello, la nobile sala macchine che abita
3: ribaltamenti socio-politici in melius all'insegna di una nuova era, con tanto di passaggio di poteri dagli umani alle macchine
5: la missione compiuta di Manfredi
Ps.: per forza di cose, per amore della linearità del racconto, i punti 3 e 4 delle domande del contest sono invertiti
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Wow! Amica mia, un racconto avvincente con uno stile narrativo d'altri tempi. Una sorta di distopia utopica, bellissimo!
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Grazie 1000, sono contenta ti sia piaciuto! È nello stile e genere della mia nuova serie iniziata con ESPERIMENTO, il mio quarto e-book retrocasa di CRONACHE DI CIVITOPIA (di cui ora sto pubblicando il secondo quaderno nel cugino di steemit -ma niente paura, che questo racconto è assolutamente inedito-). Dal mio quarto e-book e tutta la sua serie mi sto ispirando al Marcovaldo di Calvino (neorealismo, quindi), ma già per CRONACHE DI CIVITOPIA II, ci caccerò dentro pure l'ispirazione ad Asimov, quindi neorealismo distopico shi-fi, hahaha!
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