Intervista all'esperto: Matteo Masserdotti

in intervista •  7 years ago 

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immagine estratta da Google

Matteo Masserdotti (MM) è un imprenditore, partito dal mondo del marketing, che nel 2014 ha fondato Tip Ventures, poi rinominata Two Hundred Crowd, un portale di equity crowdfunding, pensato per far incontrare imprenditori ed investitori.

Come nasce 200Crowd?

MM: Ho conosciuto il crowdfunding dal punto di vista del marketing, e successivamente mi sono appassionato alle possibilità che offriva di lanciare prodotti, grazie alla raccolta di capitali. Il crowdfunding di Kickstarter è straordinario perché permette di fare un test di mercato su un ipotetico prodotto da lanciare sul mercato, permette di vedere la sua efficacia sul potenziale target di consumatori. Grazie a una pre sale, le persone interessate ad acquistare il prodotto diventano clienti prima che siano stati sostenuti i costi di produzione del prodotto. Rivoluzionario. Io sono partito da lì. Un cliente mi chiese una consulenza su come lanciare un prodotto, era il 2013. Nel corso dell’anno, in Italia, viene regolamentato l’equity crowdfunding e nasce così l’opportunità di raccogliere capitali di rischio con la modalità di crowdfunding. Con il passare del tempo, ci accorgiamo che sostenere, nel mercato italiano, sia reward che equity sarebbe stato troppo difficile quindi ci siamo focalizzati sul secondo. 200Crowd, in questo momento, associa i reward delle aziende direttamente nelle campagne di equity.

Quali sono gli obiettivi che 200Crowd si è posta nel medio-lungo periodo? Cosa differenzia 200Crowd dalle altre aziende?

MM: L’obiettivo di lungo termine è rendere sempre più facile e accessibile investire in aziende private. Oggi offriamo l’equity come strumento finanziario, fino al 31.12.17 abbiamo fatto campagne solo per startup e PMI innovative. Ora vogliamo ampliare l’offerta e quindi allargare il target di aziende, permettendo a tutte le PMI, con determinati requisiti (di investimento), di poter raccogliere fondi tramite una campagna di crowdfunding.

Come vengono scelte le startups finanziate su 200Crowd? Come si costruisce una campagna di crowdfunding di successo?

MM: La selezione rappresenta il 90% del nostro lavoro, la comunicazione e la promozione possono essere fatte dall’azienda stessa. Il primo step di selezione passa per un algoritmo basato su elementi qualitativi e quantitativi e ci da un primo feedback. Compiliamo un documento con le informazioni dell’azienda e così possiamo scremare le varie proposte. Ad oggi su 200Crowd abbiamo pubblicato 12 campagne, su una base di oltre 300 progetti valutati. La selezione è fondamentale per avere un rapporto continuativo con gli investitori. Si cerca, nel breve termine, di arrivare al break even point e, potenzialmente, avere delle aziende che portino risultati concreti nel medio-lungo periodo.
Grazie all’algoritmo riusciamo a standardizzare dei processi specifici che, specialmente nell’equity, sono molto difficili da standardizzare, al contrario di quanto avviene nel credito. Nel credito non si guardano le persone, cosa per noi fondamentale, ma solamente i numeri. Nel credito tradizionale, quello bancario, è possibile ottenere un finanziamento quando il bilancio rispetta determinate condizioni che permettono all’istituto l’erogazione dei finanziamenti. Il risultato della selezione creditizia è un vero e proprio scoring basato unicamente sui numeri, senza interessi particolari su chi sta dietro al progetto. Nell’equity non è così facile, si misurano molto le ambizioni dell’imprenditore, specialmente nelle fasi iniziali quando i dati oggettivi (bilancio, prospettive di mercato, ecc..) per valutare le potenzialità di un’azienda sono pochi. Diventa, quindi, importante saper valutare le persone del team, che vengono valutate tramite varie call e grazie alla partecipazione degli investitori. L’idea, in un progetto imprenditoriale, è una commodity, per noi vale 1%, il 99% lo fa la capacità di saper eseguire quell’idea. La differenza tra un imprenditore e un altro la fanno le sue competenze, le sue capacità dimostrate, i risultati raggiunti in passato e le ambizioni future. E’ impossibile dire se un’idea vale, o no, solamente perché nessuno l’ha mai avuta precedentemente. In mano all’imprenditore sbagliato, rimane un’idea sbagliata che, molto probabilmente, non avrà successo.

Oggi il mercato sembra aver scoperto un nuovo strumento di raccolta di capitali, le ICO. Qual è il vantaggio competitivo dell’equity crowdfunding?

MM: Le ICO sono un modo molto smart, se strutturate bene, per creare valore all’interno di un sistema. Non le chiamo aziende. Un ICO è la creazione di una relazione con il proprio network di utenti e investitori per un progetto a lungo termine. Il tema è la collaborazione a un progetto, dove ciascuno ha un ruolo specifico. Il rovescio della medaglia è che il token, questo elemento che permette di creare valore in questa struttura decentralizzata, oggi è quotabile sui mercati senza nessuna regolamentazione. Gli exchange, diventati di fatto delle piccole borse di token, in molti casi sono equiparabili a degli strumenti finanziari quindi sforano nell’attività riservata all’equity crowdfunding, alle borse tradizionali e agli intermediari tradizionali. Bisogna stare molto attenti a differenziare, all’interno del mondo ICO, utility token e security token. I primi creano quella relazione di lungo termine che potenzialmente genera valore nell’utilizzo dell’applicazione. Se si dispone di un’applicazione con una base utenti di 100.000, quell’applicazione ha un valore intrinseco che se trasformato in un token diventa ancora più alto. Il problema vero è che il 90% delle ICO con utility token non ha nessun network, quindi come si fa a calcolare il valore reale? Non esiste. Quando vedremo l’ICO di Telegram, se davvero ci sarà, capiremo cosa significa avere valore in un token. Questo è un processo di raccolta, simile alla vendita di servizi, che secondo me è giusto non regolamentare.

Al che lo incalzo sul perché secondo lui non dovrebbero essere regolamentate

MM: Sull’utility token approvo la visione della Svizzera. Le utility non sono strumenti finanziari perché non danno una partecipazione sugli utili di un’azienda o su una eventuale liquidazione. Giusto, quindi, separare utility token e strumenti finanziari. Il problema è che non si possono immettere in un circuito come quello degli exchange, dove alla fine vengono scambiati, andando a creare un vero e proprio mercato. Allora la regolamentazione andrebbe fatta sugli exchange, non sulle ICO. L’exchange, accettando qualsiasi token con una cap accettabile, perde il suo trust. Metaforicamente è come se 200Crowd avesse accettato tutti i 300 progetti che gli sono stati proposti.

Pensa che la blockchain potrebbe essere utile nell’equity crowdfunding? Se si, come?

MM: Oggi applicare la blockchain al sistema di registrazione delle quote equivarrebbe a creare un doppione, esiste già il Registro delle Imprese. Tuttavia, porterebbe enormi benefici che andrebbero a snellire un processo oggi molto costoso, lento e che non garantisce trasparenza. Perché questo succeda ci dev’essere la volontà da parte dei governi di implementare questa nuova tecnologia. E’ auspicabile. Le potenzialità di questa tecnologia sono enormi, ma in questo periodo dove la parola blockchain è diventata una buzzword, si pensa di implementarla ovunque. Ci si dimentica che in molti casi è completamente inutile, se non deleteria, a volte creando doppioni totalmente inutili. L’implementazione comunque sarà un passaggio lungo e costoso.

Qual è il suo punto di vista su Bitcoin?

MM: Vorrei fare una distinzione tra bitcoin come sistema di retribuzione per la tua partecipazione all’utilizzo di un’applicazione e il bitcoin inteso come strumento di speculazione finanziaria, anche se oggi non lo è ancora. Dal mio punto di vista, essendo quotato sul mercato e avendo forti oscillazioni giornaliere è assimilabile ad una commodity, come l’oro, quindi è inevitabile che ci siano speculazione e volatilità. Questo però potrebbe rovinare l’enorme potenziale di bitcoin, principalmente legato alla rivoluzione tecnologica e della decentralizzazione che consente la partecipazione a una rete per offrire un rivoluzionario servizio di pagamento. Oggi, purtroppo è ancora poco scalabile e ci siamo resi conto che i limiti tecnologici sono ancora rilevanti, questo ne limita la crescita. Sono convinto che se il focus si spostasse dall’interesse economico a quello scientifico, com’è stato nei primi anni, probabilmente si potrebbe risolvere il problema della scalabilità e quindi diffonderlo come sistema di pagamento. Purtroppo ad oggi la maggior parte delle persone lo vede più come un sistema di speculazione finanziaria che di pagamento.

Cosa potrebbe/dovrebbe fare l’Italia per muoversi verso l’adozione libera e consapevole di queste tecnologie? Qual è la sua opinione sul Decreto Ministeriale del 2 febbraio 2018 del MEF?

MM: L’equity crowdfunding ho sperato potesse essere un volano per l’economia italiana. Il problema non sono state le politiche governative che hanno frenato l’espansione di questo strumento, il problema sta nella cultura. In Italia manca la cultura dell’innovazione e del cambiamento. Ci sono le rendite di posizione, non vengono tassati gli immobili ma vengono tassati i redditi. C’è un mindset basato sul possedere più che sul condividere. Manca l’interesse nel creare un beneficio economico per tutti, non c’è interesse nel creare/adottare anche a discapito del proprio beneficio personale non c’è l’interesse di far star bene il cliente.

Quali sono i settori dove Bitcoin (blockchain) sarà maggiormente applicato?

MM: Blockchain ed altre DLT che consentono la decentralizzazione di servizi, possono essere applicate a tutti i servizi che prevedono la presenza di una community di supporto, dai social network fino ai giornali e media, dagli storage a qualsiasi servizio digitale in cui c’è l’esigenza di una community. Quindi è applicabile a una moltitudine di servizi, dagli e-commerce alle multinazionali come Amazon. Tutti ne possono beneficiare, non solo in termini di trasparenza ma anche in termini di fidelizzazione del consumatore. I grandi brand, in questo momento, stanno perdendo terreno rispetto alle startups o altri outsider, perché nel tempo non hanno mai stabilito un rapporto diretto con il consumatore, puntando principalmente su dosi massicce di pubblicità non si riesce a creare l’effetto community e neanche il rapporto azienda-consumatore. Grazie a blockchain, avere questo tipo di relazione e feeling, è possibile tramite la partecipazione su tutti i livelli allo sviluppo del progetto, questi elementi diventano sempre più importanti perché riportano il consumatore al centro.

Quali sono i progetti futuri di Matteo Masserdotti?

MM: Oggi sono focalizzato al 100% sullo sviluppo di 200Crowd. Stiamo lanciando una strategia di co-investimento che sicuramente favorirà il mercato, stiamo ampliando l’offerta di servizi ed attività correlate oltre ad aprirci anche alle PMI tradizionali. Nel futuro prossimo non escludo proporremo anche nuove opportunità di finanziamento.

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