La mano di Daria

Nota alta di un accordo fisico,
di un sistema noto,
l'unione dei mondi,
il gioco personale a cui siamo destinati.

Daria non pensa,
s'abbandona,
nel mite prato conta le stelle che appaiono,
i secondi di sè,
i gemiti,
e le brezze che la consumano.

Dal tramonto incede la notte,
eppur gli occhi le si chiudono,
la voglia fra le gambe non può che aprirsi,
nel pensiero di lui,
quando le dita lasciano il solco,
insaziabili s'immergono prodonde,
nel caldo intimo di una donna,
che pensa al suo amante,
al suo mondo.

Daria ha i baci nel cuore,
le mani di un uomo nella mente,
della perversa invenzione dei corpi diversi,
quasi che davvero nascano da uno,
la prole nasce dai due,
le due sue dita imitano pronfonde,
la nascita della prole.

Distesa sul prato,
nel limite ultimo,
l'autocontrollo diviene impossibile,
e lei non si sottrae,
prosegue,
nel rivolo di saliva Daria,
riapre gli occhi senza riuscire più a vedere,
da quanto quest'ultimi,
siano infuocati da indefinita passione.

Leccandosi le labbra,
continuando il gioco rivolto all'orgasmo,
la frase ti voglio è chiara,
pronunciata più e più volte,
fino a che il tremolio prima dolce poi intenso,
porta Daria al piacere,
il quale,
rende umili e vicini al paradiso,
qualsiasi corpo,
sesso o intelletto.

La mano di Daria riemerge,
del tremolio della gambe non si cura,
mentre il lascito del piacere l'assolve,
dal gesto che,
descritto in,
le dita in bocca,
il sapore del suo amante,
lei,
assapora,
molte volte.

Sollevarsi è tornare al mondo,
soddisfatta e tremolante guarda,
l'estremo alto della scogliera,
dove in casa una luce si accende,
lei corre,
corre,
sempre più veloce,
perché,
il suo amante è tornato.

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