La mia infanzia è stata popolata, oltre che dai familiari propriamente detti (nonna, genitori, zii), da una serie di parenti di mia madre, in vario grado di diluizione, numerosi e ciarlieri.
Ma, come se non bastasse, a questi si aggiungevano tutti gli acquisiti, tipo coniugi dei cugini e dei biscugini, con relativi suoceri, cognati, nipoti.
Praticamente un esercito di persone non sempre legate da parentela tra di loro in cui io, però, abituata fin dalla più tenera età, mi orientavo benissimo.
Di solito, ci vedevamo più spesso in estate, quando venivano a trovarci al mare, dato che molti di loro abitavano in campagna o in paesi di collina.
Ma nel ’63, per una serie di circostanze, un invito tirò l’altro e ci trovammo in trentacinque a trascorrere il Natale tutti insieme in un casale di campagna, di proprietà della nonna Viola.
In realtà non era mia nonna e non avevamo alcun legame di sangue, dato che lei era la suocera del cugino più anziano di mia madre.
All’epoca aveva già ottantatrè anni, età più che veneranda a quel tempo, e, a differenza delle ottantenni di oggi, non si vestiva alla moda né si tingeva i capelli. Anzi, vestiva di nero da trent’anni, quando aveva perso il suo figlio primogenito a causa del tifo petecchiale.
Mediamente era di pessimo umore, ma con me, benchè non le fossi nipote, era piuttosto dolce, cosa che sorprendeva tutti.
Con i suoi bisnipoti, miei coetanei e turbolenti, era invece estremamente aggressiva. Finiva sempre con l’urlare contro di loro, mentre ricordava che sua madre aveva educato i figli a calci e con i ragazzacci era l’unico sistema.
“Io dico- aggiungeva furibonda- voi siete delle bestie, maleducati, villani ed è colpa dei vostri genitori e di quella smidollata di mia figlia, vostra nonna. Ha sempre capito poco e sì che qualche calcio l’ha preso!”.
La figlia di Viola, Isolina, aveva sposato il cugino di mia madre ed era, in verità, una persona deliziosa e gentile, cosa che non piaceva affatto alla madre.
Per una serie di circostanze, poi, Isolina e suo marito Pio erano finiti a vivere con Viola e subivano quotidianamente critiche che riguardavano loro, i figli e i nipoti.
La vivace vecchietta, poi, era incredibilmente avara, sebbene non le mancassero le risorse. Così avrebbe voluto che tutti in famiglia si nutrissero di avanzi, come praticamente faceva lei.
Quel Natale, la povera Isolina era esaurita. Pio, invece, era arrabbiato. A sessant’anni suonati, non sopportava più la prepotenza della suocera e così aveva deciso di invitare a pranzo non solo i suoi tre figli con coniugi e nipoti (in totale quindici persone), ma si era allargato anche ai cugini e agli zii ancora viventi, tra cui mia nonna e, naturalmente, i nipotini come me.
Insomma, in totale eravamo trentacinque.
Viola era fuori di sé, pensando a quanto avrebbero speso e quanta confusione ci sarebbe stata.
Non aveva tutti i torti, perché, la mattina di Natale, quando fummo arrivati tutti, nell’aia del podere c’era una piccola folla vociante.
Viola, piccola di statura, ma dalla voce possente, aveva già cominciato a urlare verso le undici. Ce l’aveva con i bisnipoti, troppo agitati, con i nipoti, genitori smidollati, con la figlia e col genero, assolutamente incapaci, secondo lei.
L’unica verso la quale riservava qualche sorriso era io.
Così Isolina mi prese da una parte e mi disse : “Senti, tesoro, devi tenere a bada la nonna Viola. Tu sei la sua preferita, pur non essendo sua nipote di sangue. Intrattienila e impediscile di sbraitare come sta già facendo. Vorrei che tutti ricordassimo con piacere questo Natale”.
Io ero una bambina molto riflessiva e volenterosa, così, sentirmi investita di un compito così importante, anziché preoccuparmi, mi gratificò e mi misi alle calcagna di Viola, ben decisa a salvare il Natale.
All’una eravamo tutti seduti a tavola. I miei biscuginetti rumoreggiavano e si tiravano le molliche, tanto che Viola stava già ripartendo per la tangente.
Ma io ebbi un’idea. Cominciai a chiederle di quando era bambina.
Nessuno lo faceva più da decenni, figli e nipoti non avevano voglia di parlare con lei. L’anziana pseudo-nonna rimase molto colpita.
“Tu sei una bimba speciale”. E prese a raccontare di quando era nata, nel 1880 e della sua mamma che educava i figli (lei e due maschi) a suon di calci, inseguendoli col battipanni.
Ogni volta che esauriva un argomento, io incalzavo e lei ricominciava, parlando della sua adolescenza e di come aveva conosciuto il marito ( e qui faceva una lacrimuccia), tanto bravo, anche se smidollato come Isolina.
Insomma. Riuscii a farla parlare per tutto il pranzo.
Mi divertivo molto, tra l’altro, sia per la sfida, sia perché Viola raccontava di eventi lontani, di un mondo diverso, quasi leggendario.
Alle tre e mezzo, quando ci alzammo da tavola, lei era commossa, dopo tutti quei ricordi, ed io ero fiera di me.
Isolina mi ringraziò e mi promise un bellissimo regalo per la Befana.
Viola fu insolitamente calma per tutto il giorno e solo a Santo Stefano riprese a urlare contro figlia, nipoti e pronipoti.
Ma il Natale era trascorso sereno.
“Ma come hai fatto a tranquillizzare Viola?” Mi chiese mia nonna.
“Le ho fatto un’intervista” risposi. E, sorridendo, le strizzai l’occhio.
FINE
Bella storia! Viola mi ricorda un po' mia nonna...non tanto per l'avarizia, quanto per il caratteraccio.
Seppure sia una donna che ha vissuto nell'ignoranza, quindi non abbia da raccontare nulla a livello storico, quando le chiedi qualcosa di personale, tira fuori delle chicche niente male.
Inoltre io sono davvero la "preferita" fra tanti nipoti, anche perché sono cresciuta con lei, ma non sono mai riuscita a tenerla a bada, anzi: quando ad un certo punto pensavo di essere diventata molto zen, mi è bastato stare un po' con lei per farmi capire che ero molto lontana dalla mia meta! :)
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Recupero questo post che mi ero quasi persa: una vera chicca! Che ricordo stupendo!
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