Con questo racconto, partecipo a Theneverending Contest n.4
RITORNO A LERICI : un viaggio tanto atteso
Quante volte abbiamo detto di tornare a Lerici?
Così spesso, ricordando il nostro primo viaggio semiclandestino, da fidanzati,
ci siamo ripromessi di tornare lì.
Che tempi. Era il 1976, ai genitori non si poteva dire così facilmente che saremmo andati in vacanza insieme. Così ho inventato una compagna di università che aveva una casa in Liguria e ho aggiunto che dovevo proprio andare a passare una settimana da lei. C’era un esame, l’ultimo, da rivedere.
Ma, anziché da Chiara (che non esisteva proprio), siamo partiti insieme, in treno, con pochi soldi e con il cuore colmo di sentimento.
Una breve indimenticabile vacanza.
Nonostante i propositi di tornare presto lì, sono passati tanti anni, sembra perfino impossibile, ben quarantadue.
Ma, come vedi, oggi finalmente stiamo tornando a Lerici, romantico paese che ci ha visto giovani e innamorati.
Eh, mio carissimo consorte, chissà quanti cambiamenti troveremo.
Del resto, anche noi siamo cambiati.
Quella Ilaria del ’76, magrissima e castana, ora è una donna di sessantacinque anni, con i fianchi rotondi e i capelli biondo menopausa (così le definisce la nostra figlia minore, sempre scherzosa e ironica).
E anche tu, caro il mio Sergio, sei cambiato parecchio … Forse di più.
D’altra parte quarant’anni di matrimonio (perché due anni dopo la vacanza famosa ci siamo sposati), due figli e due nipoti non sono certo roba da niente.
Anche le nostre carriere sono state importanti: io funzionaria agli uffici finanziari, tu valente avvocato. E i ragazzi, Marco e Marina, ormai sono grandi anche loro, laureati, sposati e genitori.
Davvero cosa avremmo dovuto chiedere di più alla vita? Nulla, direi.
Per questo è indispensabile tornare a Lerici, per riallacciare quel filo con la parte squisitamente romantica della nostra storia, perché, si sa, con gli anni le cose cambiano, i rapporti si modificano.
Una qual sorta di familiarità avvolge i coniugi, diventati genitori e poi nonni.
Diventano quasi parenti, talmente legati da sapere ciò che l’altro dirà.
E l’eros, si sa, si addormenta pian piano.
Qualche volta ho sospettato che tu vedessi altre donne. Beh, “vedessi” è un eufemismo, ma proprio questo verbo ho usato anche con me stessa.
Mi erano insopportabili certi pensieri…
Però, poi, tutto passava: eravamo insieme la sera a casa, nei bei pranzi domenicali insieme ai nostri genitori, finchè ci sono stati, poi con figli e fidanzati, infine con i nipoti. E le feste di Natale, così ricche di affetti e di doni, erano nostre. Ilaria e Sergio, forever, come ci dicevamo durante quella lontana vacanza.
Oggi guido io, vedi, ormai sono sicura anche in autostrada. Ne avevo paura, un tempo, mi affidavo a te. Ma adesso è ora per me di prendere in mano la vita con decisione e quindi anche di guidare.
Abbiamo appena passato Pisa, in meno di un’ora dovremmo arrivare.
Sì, certo, gli ultimi due anni sono stati un po’ critici per noi.
Il giorno della nascita di Giada, la bambina di Marco, avvenuta appunto due anni fa, si è presentata in ospedale una donna, neppure tanto giovane e nemmeno bella. Si è messa a guardare la bambina attraverso i vetri della nursery. Non sapevo chi fosse, ho pensato si trattasse di una parente di nostra nuora, così gliel’ho chiesto.
Lei si è girata verso di me e, sorridendo, mi ha detto: “Guardi, praticamente siamo di famiglia” “Ovvero?” le ho chiesto.
“Io sono Marta, compagna di suo marito da dieci anni. Ho pensato fosse il caso di presentarmi e quale occasione migliore di questa?”.
Sono rimasta zitta, paralizzata, ho sperato di essere su qualche programma tipo Candid Camera. “Ora esce il conduttore e dice che è uno scherzo”.
Invece non lo era. No, niente affatto.
Marta è un avvocato, una tua collega, divorziata e cinquantenne. Piuttosto scialba fisicamente, ma con una luce particolare negli occhi.
Tu hai ammesso subito tutto. E, nel giro di una settimana, sei andato a vivere con lei.
Le mie amiche sono rimaste allibite. Poi è cominciata la selva di considerazioni inutili e di buoni consigli. Ma la cosa che più mi faceva arrabbiare era la frase finale degli sproloqui amicali: “Oh, ma tu non sei sola, hai due figli, due nipoti, tanti amici. Che t’importa di quello stupido che ha buttato tutto all’aria per una che non ha nemmeno un decimo della tua classe”.
Eh no, care. Io volevo te, solo te, il mio unico amore. Dovevamo assolutamente tornare a Lerici, sì, sì, lì si sarebbe aggiustato tutto. Avremmo ritrovato quella Ilaria e quel Sergio che ci aspettavano in quel luogo delizioso.
Invece, pareva proprio che tu non ne volessi sapere.
Che brutto periodo mi hai fatto passare. E poi ti volevi separare legalmente, ma a questo mi sono opposta. Così è iniziata una causa di separazione giudiziale.
Avremmo dovuto avere l’udienza due mesi fa.
Invece, tre giorni prima della data prevista, nostro figlio Marco, che è medico al Pronto Soccorso, ha avuto una brutta sorpresa: sei giunto tu, paralizzato, terrorizzato. Un ictus devastante ti aveva colpito e sei stato ricoverato in terapia intensiva.
Era un segno del destino: potevo finalmente avere cura di te, riappropriarmi del tuo corpo e del tuo tempo. Ancora eravamo marito e moglie davanti alla legge e Marta non aveva alcun diritto.
Tu non parlavi e non muovevi altro che gli occhi.
Era ben difficile per te esprimere una preferenza.
Tanto più che, essendo tremendamente superstizioso, non hai mai voluto depositare un testamento, né patrimoniale né biologico.
E così io ti ho assistito e Marta ha dovuto sparire.
Che soddisfazione.
Tu avevi lo sguardo disperato, ma chi non lo avrebbe avuto in quelle condizioni?
Ho avuto ogni attenzione per te in questi due mesi.
Ma tu non sei migliorato, anzi. Ogni giorno sei diventato più piccolo, rattrappito, immobile. E una settimana fa sei passato a miglior vita, è proprio il caso di dirlo, perché la tua esistenza era davvero di qualità pessima.
Le esequie sono state in forma strettamente privata.
Per evitare che quella invadente donnina capitasse, abbiamo comunicato la tua morte a funerale avvenuto.
Poi ti ho fatto cremare, anche se tu non ne avevi mai parlato, con la paura della morte che ti ha sempre caratterizzato!
Ma, capisci, caro, non avrei potuto portarti a Lerici se non ridotto in questa gradevole urnina che ho posizionato nel sedile accanto al mio.
Su, su, ormai siamo vicini.
Il Golfo dei Poeti ci attende. Faremo un giretto a Lerici per vedere che cambiamenti ci sono stati.
Poi ti porterò a Porto Venere (ricordi come era romantico quel luogo nel ’76) e lì, dove ci scambiavamo caldi baci, spargerò le tue ceneri.
L’amore è proprio questo, Sergio mio adorato, è come un cerchio, dove inizia deve finire. E te lo avevo promesso di tornare a Lerici. Sono di parola, io.
[CCO Creative Commons] https://pixabay.com/it/lerici-liguria-italia-panorama-3677114/
https://pixabay.com/it/lerici-liguria-italia-panorama-3677114/
Struggente e bellissimo.
Confesso che già dalle prime righe avevo sospettato il finale, se non altro perché ho recentemente letto un romanzo con lo stesso espediente (lì che ci fossero delle ceneri da spargere era palese, il dubbio era chi avesse perso la protagonista tra le persone a lei più care). Ma il colpo di scena finale è stato magistrale. Chapeau.
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Pelle d'oca. Dico solo questo.
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Brrr, non so se definirlo inquietante, suggestivo, noir, drammatico, ironico, grottesco, surreale, forse è un po' di tutti questi, il tuo racconto odierno, mi hai un po' disorientato, in quanto non riesco a prendere una posizione precisa in riferimento a quanto da te scritto, non so fino a che punto sia giusto il comportamento della moglie tradita, essendo passato tanti anni fa per una situazione analoga, perché effettivamente la compagna (anche se è da considerarsi più amante che compagna) non ha nessun diritto, e se realmente esisteva da 10 anni, vuol dire che non era una a caso, come la convivenza che era partita.
Poi, per un caso fortuito, la moglie aveva preso il sopravvento, grazie alla tutela della legge, che le permetteva, vista anche l'impossibilità pratica di comunicare del marito malato, e proprio per casi limiti come questo tanti anni fa ho preferito mettere totalmente in chiaro tutto quanto, separazione e poi divorzio, ognuno per la sua strada, a scanso di potenziali equivoci futuri.
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Certo, io non condivido ciò che fa la protagonista, è fiction anche se narrata in prima persona
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Non c'erano problemi, cara Fulvia, se anche fosse stato il tuo pensiero, in quanto ognuno di noi è libero di avere proprie opinioni, se ho dato l'impressione di voler forzare la mano con il mio commento non era il mio intento, ho voluto solamente dare il mio punto di vista su quanto da te ottimamente narrato
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Il viaggio è anche e soprattutto questo: riflettere, pensare, narrare, rivivere. Tante volte ho avuto modo di attraversare o raggiungere luoghi a me cari che risvegliassero in me memorie, dietro alle quali si celano storie di vita.
Complimenti Fulvia!
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Molto vibrante.
Complimenti
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