La parabola italiana della Francia

Per comprendere bene ciò che sta accadendo in Francia basta osservare i loro conti con l'estero Sia la bilancia commerciale che il saldo delle partite correnti sono storicamente in passivo, sempre più forte e sempre più strutturale. Ciò significa chiaramente che il sistema-paese è in una situazione di deficit di competitività e che vive al di sopra dei propri mezzi indebitandosi con l'estero.
Esattamente la stessa situazione che viveva l'Italia (i dati non mentono) fino alle manovre di aggiustamento strutturale effettuate dal Governo Monti. Infatti per riportare in pareggio sia il saldo delle partite correnti che conseguentemente la bilancia commerciale hai tre strade:

1. aumentare la competitività del sistema-paese aumentando le esportazioni;
2. Abbattere i consumi della popolazione facendo diminuire conseguentemente le importazioni
3. Mix del punto 1 e punto 2.

Esattamente quello che sta facendo Macron in Francia; riforma della scuola, riforma del mercato del lavoro, aumento delle tasse e taglio delle spese (per esempio quelle sanitarie). Ovvio che queste manovre portano malessere sociale. Inutile dire che questa azione politica comporterà anche una crisi bancaria esattamente come avvenne in Italia con l'esplosione delle sofferenze e degli incagli (NPL). Ma evidentemente intendono gestire questo effetto collaterale come fu gestito in Italia (magari con l'aiuto della BCE).
Ma il problema è che è il modello complessivo che non funziona: per esempio se la Francia aggiusta i suoi conti con l'estero peggiorerebbero quelli italiani visto che siamo esportatori netti verso la Francia. Ecco, la situazione è quella del serpente che si mangia la coda. E non si affronta il nodo del problema: il surplus commerciale tedesco che mangia tutti gli altri. Sorvolo sulla situazione internazionale dove la Germania in difesa della sua bilancia commerciale ci trascina in una guerra commerciale con gli USA. La situazione dunque sarebbe questa: l'aggiustamento strutturale di una nazione dell'eurozona comporta automaticamente il peggioramento di quella di un'altra nazione, dunque si passerebbe da una crisi all'altra senza soluzione di continuità. Con l'aggravante che gli USA non sono più disposti ad assorbire il surplus produttivo europeo: dunque niente valvola di sfogo esterna all'eurozona. Il sistema mostra le corde e non funziona.
Peraltro aggiungo che la Germania non ha quel surplus grazie ad una superiore efficienza guadagnata con il duro lavoro. Falso. Le cronache ci hanno spiegato che le sue aziende - a partire da quelle del settore automotive - hanno guadagnato la competitività agendo come un cartello oligopolistico, suddividendosi i costi di ricerca e sviluppo e passandosi le ricerche tra loro, dunque risparmiando miliardi che si sono tradotti in minori prezzi e in definitiva spiazzando le aziende automobilistiche concorrenti (pensiamo all'industria automobilistica italiana, letteralmente demolita in 20 anni). Per tacere poi dello scandalo Siemens che dimostra come i tedeschi non abbiano disdegnato l'utilizzo della mazzetta per corrompere i politici stranieri e conseguentemente guadagnare quote di mercato all'estero.
Le ultime dichiarazioni dei politici tedeschi peraltro attestano che vogliono approfittare del fatto che la Francia sia sulla linea del fuoco (Feuerlinie) per strappare grandi concessioni politiche da Parigi: per esempio hanno chiesto che il seggio nel consiglio di sicurezza francese diventi europeo (dunque tedesco, diciamoci la verità). Non solo, vorrebbero l'esercito unico europeo: in altri termini la Francia dovrebbe condividere la sua deterrenza nucleare in nome di una Europa che null'altro è che il IV Reich imposto con mezzi economici al posto dei panzer. Per dirla con la letteratura economica inglese: siamo di fronte alla riedizione del terribile Piano Funk di epoca nazista.

Piaccia o non piaccia questa è la situazione. Per questo io sto con le Giubbe Gialle, anche se non sanno per cosa stanno protestando hanno ragione.