Selenik
L'antica capitale imperiale era il più grande centro spirituale di Selenya, con più di mille, fra templi e santuari, ma non ci si doveva aspettare una città con architetture omogenee: i suoi edifici storici rispecchiavano gli usi e le culture dei sei regni, mentre gli austeri palazzi erano i fulcri del potere. La capitale, in lingua kasihana Selenik, era da sempre la sede degli imperatori, oltre che la meta più ambita dagli arrivisti di tutti i regni. Da fuori suscitava soggezione, ma dietro alla cinta muraria di mattoni rossi era una città meravigliosa, dove si nascondevano ville incantate, curatissimi giardini, parchi e laghetti popolati da strane creature provenienti da tutto l’impero.
“Cirri, appena lasceremo questa città e questa nostra missione sarà terminata, ti prometto che il destriero sarà tuo, mi sembra uno scambio equo per la meravigliosa spada che mi ha donato Fida”, disse Vaila rivolgendosi al maghetto, che si dimostrò entusiasta per quell’inaspettato regalo. Fida approvò con un cenno del capo.
“Da come ti muovi sembra che tu conosca bene la città… Non è la prima volta, vero?” Chiese Vaila a un Fida che a passo svelto attraversò la porta principale, dopo aver pagato uno stalliere per la custodia dei loro due meravigliosi stalloni svadhisthani.
“Già, non è la prima volta che vengo a Selenik, ma ormai sono passate tante lune. Le due guardie alla garitta sono della terra di Alfhild, credendomi uno del loro popolo si sono confidate… Si lamentano per la crescente tensione che si respira in città: hanno parlato di episodi di violenza ad opera di alcuni invasati religiosi devoti alla nuova Luna Viola , non ho capito bene chi sono questi esagitati e se dobbiamo preoccuparci di loro… Non ho voluto chiedere altro per non attirare troppi sospetti. Presto la loro guarnigione rientrerà a Neveluna, l’ordine è quello di lasciare la sicurezza della città alle sentinelle dell’Imperatore, che chiuderanno gli ingressi. L’allerta è massima, non mi piace questa situazione. Presto, andiamo via da qui… In fondo a questa strada si arriva al palazzo imperiale, ma noi ora siamo diretti al quartiere kasihano”, rispose Fida trascinando per un braccio Cirri, che per poco non restava schiacciato da una biga che sfrecciava a tutta velocità.
“Non c’è molta gente in giro, non trovi? La decisione di entrare da due porte diverse e dividerci è stata la scelta migliore… Kiran mi ha detto che secondo lui due loschi tizi li stavano seguendo. Speriamo che fosse solo una sua sensazione, ma difficilmente si sbaglia”, disse Vaila.
“Si vede che è un tipo sveglio e Arvinda è in buone mani con lui. Sei sicuro che sanno dove passare la notte?” Domandò Fida.
“Vedrai che domani mattina saranno davanti al palazzo come stabilito. Poi, con la lettera del Gran Zunika e le nostre due pergamene, i vassalli dell’Imperatore ci daranno sicuramente udienza. Noi, invece, dove lo troviamo un ristoro?” Chiese Vaila, mettendosi in spalla il pesante zaino con i loro beni.
“Andiamo al Cobalto… Una locanda kasihana. Seguitemi”, rispose Fida.
Una donna con una tunica color azzurro intenso, e i capelli corvini raccolti in una lunga coda, con al collo un vistoso medaglione in bronzo gli passò davanti accennando un saluto.
“È una kasihana al servizio dell’Imperatore… Ormai ci siamo”, commentò Fida.
“Quindi questo è già il quartiere kasihano… Bene devo riposare, le dieci ore di cavallo mi hanno sfiancato più di mille amplessi”, disse sorridendo Vaila guardandosi intorno e osservando le antiche case di pietra bianca tipiche di Ka, stranamente riprodotte in un luogo così lontano dal Grande Mare.
Il quartiere non era il massimo dello sfarzo, poche stradine, la principale portava al fiume e al sobrio palazzo dell’ambasciatore kasihano. Dietro la stretta facciata di quelle casupole, si intravedevano curati giardini, gazebo e qualche animale domestico che attirava la curiosità del maghetto, che più di una volta si staccò dai due, mandando su tutte le furie Fida. Il palazzo dell’ambasciatore era formato da padiglioni bianchi coi tetti azzurri arcuati, e rispecchiava appieno la cultura kasihana, simboleggiando la leggerezza e la semplicità: i valori del popolo del mare. La corte era circondata da un parco, con un laghetto traboccante di ninfee rosa con le grasse corolle aperte ed enormi carpe rosse, simili a piccoli kasika che luccicavano alla luce del sole; bellissimi cigni maestosi passeggiavano austeri sotto le verdi chiome di salici piangenti. All’interno, immerso nel verde, il convento dei zunika e il piccolo tempio del dio Kas, almeno era quello che aveva raccontato Fida a Cirri camminando lungo la via principale del quartiere, cercando di tenerlo vicino a sé evitando che combinasse qualche marachella delle sue.
“Siamo arrivati!” Disse Vaila davanti all’insegna della locanda, posando a terra il pesante carico che conteneva i loro effetti personali, la sua spada da cavaliere, la preziosa pergamena, la sua vecchia tunica macchiata di sangue e la lettera del Gran Zunika.
Il Cobalto era una locanda tradizionale kasihana, costruita però in legno su un solo piano e aveva quattro piccole stanze divise da pareti scorrevoli. Concordata una camera, i tre si sedettero nell’atrio in attesa di pranzare.
“Cosa prendiamo?” Domandò Vaila a Fida che tracannava un enorme calice di vino blu.
Intervenne una bellissima ragazza dalla pelle olivastra e dai capelli neri, che sogghignando rispose:
“Posso consigliare… Pesci marinati e alla griglia? Spiedino di polpo, di cozze o di pollo? Frittelle di grano saraceno? Frittura di gamberi? Ovviamente il tutto innaffiato dal mirto. Poi consiglio: meloni, cocomeri, cetrioli, frutta secca, dolciumi, pistacchio tostato, cannella, chiodi di garofano e menta… Oh belli! dove pensate di essere? Sul lungo mare di Ha? Niente di tutto questo…”
Cambiando il tono di voce in maniera sommessa continuò:
“In queste notti di luna viola si cammina in dense nuvole di sconforto e dolore. Siete i primi clienti da giorni… E da giorni, i nostri mercati sono vuoti e anche la mia dispensa. Se siete seduti nella mia osteria venite da Kasiha… Anche se a guardarvi bene, nessuno dei tre è di lì”, disse con il magone in gola.
“Portaci quello che hai. L’importante é che mangi il ragazzino e che il mio calice sia pieno”, rispose Fida, osservando Cirri che giocherellava con un gattino sotto il tavolo.
“Soave fanciulla, tranquilla. Torneranno quei giorni e potrai di nuovo fare lunghe passeggiate romantiche al chiarore di Luna Blu della tua bella Kasiha, con il tuo spasimante”, cercò di consolarla Vaila.
“Confermo, non sei kasihano, e a differenza del tuo amico lo parli anche maluccio, meglio se parli la lingua comune, ma ti ringrazio per l’auspicio di lune migliori”, disse sorridendo la ragazza, che poi continuò:
“Sapete, non sono mai stata a Kasiha. Sono nata e cresciuta qui a Selenik, i miei erano mercanti, mi ha allevato il nonno, lui era di Ha. Era severissimo e affezionatissimo al suo gatto. Aveva un nerbo di bue, se non mi fossi comportata bene mi avrebbe battuto sulle mani”, rispose seccata osservando Cirri che tirava la coda al piccolo micetto nero.
“Che indegno spreco di una così nobile arma. Ma voi qui siete comunque devoti al dio Kas”, ribatté Vaila.
“Quand'ero bambina in famiglia c'erano ancora i ritratti degli antenati, ma non sapevo bene chi fossero. Il tempio l’ho frequentato poco, solo durante la Luna Blu. Quando mio nonno è morto, e i miei genitori hanno rilevato la locanda, ho smesso di andarci. Ora che sono anziani sono tornati a Kasiha, ma io sono rimasta… Questa è casa mia, e inoltre non ho paura dei nuovi fedeli della Luna Viola e delle loro farneticazioni… Per me un dio vale l’altro, basta che torni la serenità in questa città!”*
“Nuovi fedeli della Luna Viola? Spiegati?” Incalzò Fida.
“Lasciamo stare, sono dei pazzi invasati. Voi piuttosto, li avete i pezzi d’oro per pagarmi?” Chiese dubbiosa, osservando i tre viandanti.
Selenya: Le sei Ombre della Luna
Le Sei ombre della Luna - immagine di @armandosodano
di @mirkon86
di @coccodema
di @gianluccio
di @acquarius30
@kork75
@imcesca
La Luna Blu di Kasiha by @kork75
Cap. 1: Un anno prima…
Cap. 2: L'osteria il corallo blu
Cap. 3: Il confine
Cap. 4: Il maestro
Cap. 5: L’ultimo giorno di luna…
Cap. 6: La transizione
Cap. 7: Al tempio
Cap. 8: La pergamena
Cap. 9: Il segugio
Cap. 10: Lo svadhi
Cap. 11: Il piano
locanda in legno...sono incuriosita mi piacerebbe andarci
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