Avendo a che fare costantemente con proprietari di cani, ci sono delle frasi ricorrenti che mi sento ripetere a rotazione.
Frasi che a me fanno, alternativamente, sorridere o innervosire, ma che capisco a mente fredda rappresentare dei veri ostacoli al benessere, familiare e non, di cane e proprietario.
“Il mio cane non mi ascolta”
“Il mio cane è monello”
“Il mio cane fa i dispetti”
“Il mio cane non torna se lo chiamo”
Sono differenti declinazioni di un problema comune, e profondo, di comunicazione tra proprietario e animale, e hanno tutte allo stesso modo una base comune.
Partiamo dallo sfatare un errore di fondo: il vostro cane non è “monello”, né può fare i dispetti.
Queste sono tutte umanizzazioni: tendiamo a dare al cane comportamenti umani perché questo è il nostro modo di vedere la realtà.
Il cane infatti non è capace di astrazioni di questo livello. Un cane non fa “i dispetti” semplicemente perché non è capace di ragionare su una catena di eventi così astratta e complessa.
Il cane, questo sì, o non ha capito cosa voglia dire, per voi, “comportarsi bene” – e se non l’ha capito vuol dire che non glielo avete spiegato o ci avete provato usando gli strumenti sbagliati (vedi mio post precedente qui: https://steemit.com/ita/@menebach/che-lingua-parla-il-tuo-cane-dtpqdezx ).
Nel caso di quelli che noi chiamiamo “dispetti”, il cane quasi sempre esprime un disagio. Ad esempio la classica distruttività in casa in assenza del proprietario, per dirne una.
Di questi casi specifici mi riprometto di parlarne presto.
Rimaniamo quindi sul “non ascolta”.
Proviamo a liberarci dagli schemi mentali umani e, solito metodo che non sbaglia mai, vediamola dal punto di vista del cane.
Ogni cane fa qualcosa perché quel qualcosa è conveniente per lui. Esatto, avete capito bene: non agisce su un vago senso di amore per voi, ma ha imparato che eseguire delle azioni gli è conveniente.
Questa “convenienza” lavora a più livelli, e crea poi comportamenti condizionati che si cristallizzano e permangono nel tempo anche senza più una ricompensa (ad esempio, il seduto, vedi sempre il post di cui sopra).
Ma spesso, quando un proprietario usa le frasi riportate prima e tutte le loro possibili varianti, mi trovo davanti un cane che nemmeno si gira verso il proprietario, non importa quanto questi si impegni per attirare l’attenzione dell’animale.
“Ma a casa lo fa!”, che è un’altra frase epocale, rappresenta semplicemente il fatto che a casa il tuo cane si gira al richiamo perché è un ambiente tranquillo, conosciuto, sostanzialmente privo di stimoli.
Al campo, in uno spazio pieno di odori di animali, uccelli che atterrano e ripartono, terra umida e così via, questo cane non si gira mai e poi mai.
“Eh, invece guardi il suo, che bravo!”.
Rieccoci nel solito schema!
Il mio cane, anzi i miei cani, sono bravi perché io li ho resi tali.
Ma ho promesso che avrei puntato dritto alla base del problema, e questa base ha un nome:
LEADERSHIP
Se vi piacciono questi post, e se mi seguirete in futuro, mi sentirete parlare spesso di questo concetto.
Torniamo al cane, all’etologia, in sintesi alla scienza, che è ben lontana dall’idea che il cane ci ama perché gli mettiamo un cappottino.
Il cane è un animale sociale, e la sua funzione sociale si esplica prima di ogni altra cosa trovando un Leader.
Il leader, per il cane – ormai aduso a gruppi misti interspecifici uomo/cane – può essere un altro cane o un essere umano.
Ma cosa vuol dire, essere Leader, e quali le sue funzioni?
Il Leader è quello che in natura guida un gruppo. Da questa guida dipende la sopravvivenza di tutto il gruppo, la ricerca delle prede, del luogo dove fare tana, anche degli accoppiamenti in qualche modo.
E’ per questo che il Leader mangia per primo: non ha nemmeno bisogno di imporsi, ma è tutto il gruppo che lascia a lui il cibo migliore, perché se muore un gregario finisce lì, se muore il Leader tutto il gruppo sarebbe a rischio.
Chi diventa il Leader? Colui il quale dimostra di avere delle competenze.
In altre parole, l’individuo che dimostra di essere credibile agli occhi dei gregari.
Sotto la sua guida, gli altri cani contengono ansie e paure perché hanno un riferimento costante da cui dipendere.
Compiacere il leader, eseguire senza dubbi le sue indicazioni, diventa quindi non solo gradito al cane, ma addirittura essenziale, sua vera e propria ragione di vita.
Ecco perché per chiunque, ma proprio chiunque abbia un cane è necessario lavorare prima di ogni cosa su una corretta impostazione della leadership.
Che si voglia semplicemente avere un cane sereno, ubbidiente, a proprio agio in ogni situazione sociale o privata, fino ad arrivare ad un cane da avviare ad una disciplina sportiva, questa è la base.
Perché il cane ha bisogno di “lavorare”, usare le proprie capacità indirizzate verso gli obiettivi corretti. Altrimenti deve comunque dare sfogo a tutte le sue doti, nei modi che troverà da solo.
Va da sé, quindi, per questa necessità intrinseca alla natura del cane che se nessuno agisce da Leader, è il cane a dover diventare Leader!
Con tutti i problemi che ne conseguono. Infatti il cane, pur ipotizzando che l’individuo specifico abbia doti di tempra e temperamento e attitudinali ottimali per reggere un tale compito, non avrà mai le competenze necessarie a gestire un gruppo misto di cani e umani, soprattutto all’interno di un mondo creato a misura di essere umano.
Quando il cane abbaia al campanello (con le dovute precisazioni ed eccezioni) sta suo malgrado provando a fare il leader; quando il cane ringhia sul suo cibo o sul divano, sta suo malgrado provando a fare il leader. E così via.
Ricordate, infine: il cane non solo non ha la minima idea di cosa sia – per voi! – giusto o sbagliato, a non ha questa idea nemmeno in generale.
Il cane non ha etica. Non umanamente intesa, quantomeno.
Nel prossimo post spiegherò come diventare il Leader del vostro cane.
E voi, avete cani? Avete qualche domanda sui loro comportamenti? O vi piacerebbe leggere articoli simili su qualche argomento specifico?
Fatemelo sapere.
Mi sa che abbiamo proprio bisogno del tuo prossimo articolo...
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