Lettera per i tuoi diciotto anni

in ita •  7 years ago  (edited)

A te, e a tutti loro

Se mi volto indietro e ti cerco, vedo luce e colori. L’immagine di te nella mia mente e nel mio cuore è fatta di sole chiaro e potente. Il sole del giorno in cui seppi che c’eri, piccolissima vita nel profondo delle mie viscere imperfette che tanto ti avevano chiamato, un sole mio che rischiarava quel dicembre piovoso e freddo, mentre il resto della città sembrava brulicarmi intorno inconsapevole della nostra beatitudine, della nostra luce. Il sole del giorno di piena estate in cui sei nato, caldissimo, bianchissimo: un giorno che era già di festa nella nostra famiglia, la festa di mio nonno, la festa del Santo patrono del nostro paese d’origine, regali, musica, luminarie, giochi pirotecnici sul mare. Il sole dei tuoi capelli al sole, piccolo folletto biondissimo che aveva tirato fuori da me, scura e buia, tutto quell’oro: lo immagino incastonato in pagliuzze di DNA, come inclusi brillanti di lapislazzulo a decorare colonne tortili di templi remoti. Il sole del tuo sorriso bambino, rifratto in brillio nei tuoi occhi di mare, così larghi, così pieni di colore. Intorno a te e alla tua infanzia io ricordo tanti colori, saturi e sicuri, verdi, rossi, azzurri, arancioni, gialli. Colori di tutine e magliette, di scarpette, di palle e secchielli, accenti di musica nel ronzio della vita.


Poi qualcosa si è spento da qualche parte. Rifaccio indietro il percorso mille volte al giorno per capire dove e cosa, ma non trovo, non vedo, non capisco nulla. E’ come se avessi perso le chiavi di casa, gli occhiali da vista, i documenti d’identità, non posso fare senza, devo cercarli, devo uscire da questo stallo in cui mi muovo in direzioni di pensiero che portano in vicoli chiusi e poi di nuovo indietro e a destra e a sinistra. Una povera scema inutile, sola e cieca.
Ti guardo oggi, guardo il tuo oro e il tuo mare, i lapislazzuli del tuo cuore, tutto l’armamentario di bellezza che tieni nascosto, intrappolato nelle tenebre di chissà quale caverna. Guardo tutto quello che c’è e che però non c’è, e piango perché non sono capace ad aiutarti a tirarlo fuori di nuovo, a farne una forza invece che una zavorra che pesa. Oggi ogni scheggia di luce posata sulle foglie del nostro balcone, sul pelo morbido e caldo delle nostre gatte sdraiate a dormire, sulle tegole del tetto di fronte che sembra acceso di fuoco, oggi ogni goccia di sole in qualunque forma mi ferisce il cuore, perché mi dice del tuo buio. Oggi la gente in strada che fa la propria vita quotidiana di appuntamenti, spese, faccende, mi sembra beata perché non ha il dolore di te, ignora persino se tu, io, le nostre gatte e il nostro balcone esistiamo o no. Oggi cambierei la mia esistenza anche con quella delle stecche dell’ombrellone davanti al bar, sicure e forti a tenere quella stoffa in tensione sopra la testa degli avventori e del loro caffè, efficaci. Io che efficace, forte e sicura non sono, vorrei diventare foglia, pelo di gatto, tegola immota su un tetto lontano.

Che cosa accade ai fili tessuti dell'anima quando l'urgenza e lo sgomento della crescita si fanno bestie intanate nel cuore, quando l'adolescenza ruggisce contro il mondo e contro se stessa? Quei fili si spezzano oppure si intrecciano per chiamarci all'impresa di districarli? Ci sono giorni in cui io mi ricordo che cosa era il tuo tessuto, anche se la lucidità di ricordare mi sembra affievolirsi sempre di più: mi ricordo della tua forza enorme di dire no fin da piccolissimo, di dire a me e al mondo che si doveva fare a modo tuo, che né io né il mondo capivamo nulla di quello di cui davvero avevi bisogno. Non avevo latte a sufficienza, dicevano. Per questo piangevi, giorno e notte, per questo ho comprato varie confezioni di polvere, quella giusta, quella speciale. Dicevano che le cose si fanno così. Ma tu hai detto no, non lo voglio, non è roba buona per me. Mi hai insegnato ad ascoltare il tuo pianto incessante, a tacitare il mio cervello e ad accendere il cuore, ho dato ascolto ai tuoi ritmi e non alle tabelle dei libri e così siamo arrivati lontano, insieme.
Nel tuo cuore di lapislazzulo ha sempre trovato posto un pensiero alto e difficile. Quando la sera ti stavo accanto dopo la lettura della fiaba, dopo la canzone della nanna, dopo le coperte rimboccate, dopo i baci sulla tua pelle profumata, dopo la preghiera, tu mi chiedevi di Dio, del Bene e del Male, del Futuro, della Speranza. E io mi sentivo la mamma di una stella.

Qualcuno ha detto che essere adolescenti significa nascere ancora. Ma che più della prima volta, in cui dovevamo lasciare un grembo buio e silenzioso di cui non avevamo coscienza, questa nuova nascita è sgomento, è angoscia per ciò che sentiamo di perdere per sempre ed è paura per ciò che vediamo davanti, che in genere non ci piace.
Essere madre di un adolescente significa partorirlo di nuovo. Con più spasmi, più lacrime e più paura, perché i tuoi sono un niente di fronte agli spasmi, alle lacrime e alla paura di tuo figlio. Quello che devi aiutarlo a fare è lo stesso processo di conquista di un essere nuovo, dirgli che sarà bellissimo e pieno di luce, anche se lui oggi non ci crede, anche se oggi lui sente solo gli spasmi e la paura.
Qualcun altro ha detto che nessuno può crescere se non è immaginato, sognato come oggi non è da chi lo ama. Io non ho mai smesso di sognarti, non ho mai smesso di sentirmi la mamma di una stella.

Tu, mia stella di buio e di luce.
Tu, mio diamante di dura purezza.
Tu, mia gioia e mia disperazione.
Tu, mia forza e mia debolezza.
Tu, che sai la voce del Tempo.
Tu, che vivi della Bellezza.
Tu, mia danza di esaltazione.
Tu, mio canto assoluto d'ebbrezza.

Fotografie iPhone 307.jpg

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Eppure l'adolescenza, a mia memoria, è un momento di pura grazia in cui l'ardore delle passioni fa sentire tutto all'ennesima potenza: si soffre dannatamente, si ama dannatamente, si crea e si distrugge dannatamente. Peccato non rendersi conto di tutto quel potere a quell'età, per poi rimpiangerlo da adulti quando poi preferiamo l'accidia al richiamo selvaggio dell'esistenza.

Struggente post. Tante volte mi chiedo se riuscirei ad avere questa forza.

La forza te la danno i tuoi figli, anche se non credi di esserne capace.

Sei da ammirare

Come tutti quelli che sono così matti e pieni d’amore da mettere al mondo un figlio. Grazie.

A 18 anni ormai il peggio è passato. O no?

No, purtroppo.

Bellissima lettera!

Un bellissimo pensiero di mamma. E anche di persona dispersa, che arranca e non si arrende. Tutta la mia stima

Che dire. Forse, che ti amo anche per il tuo coraggio e la tua sofferenza.

😘

Immagina che un giorno diventerà anche lui un padre e...ti capirà. Un abbraccio