Blade Runner 2049: il mio Nofilm

Ispirandomi al contest di @deusjudo, al quale non ho potuto partecipare a causa di una settimana micidiale che mi ha risucchiato tempo ed energie, ho cercato anche io, nella mia memoria, quella volta in cui

avreste preferito subire una lobotomia piuttosto che rimanere un minuto in più in sala.

Ricordavo vagamente di essermi contorta a lungo sulla poltrona del cinema per qualche film, ma ho faticato a ripescarlo sia perché sono smemorata per le cose poco importanti, sia perché non vado spesso al cinema, ma quando vado solitamente scelgo accuratamente cosa vedere. E di solito questo qualcosa non contempla MAI prequel o sequel, poiché la delusione è garantita al limone.

Quella volta, invece, fu la dolce metà a trascinarmi nell’entusiasmo del “…dai, facciamo qualcosa di diverso! Vedrai, non sarà un disastro, lo produce Ridley Scott e ci ha impiegato 35 anni a pensarlo!”. E va bene, amore, stasera guidi tu.
Così ci recammo (io senza troppe aspettative, in verità) a vedere Blade Runner 2049, il sequel del meritatamente celeberrimo capolavoro di Scott di cui tutti hanno almeno sentito parlare.

Nella mia memoria Blade Runner è un tesoro prezioso custodito fra multiformi tempeste di sentimenti: ricordo l’atmosfera triste e bigia, le emozioni forti e contrastanti, la tenerezza, la compassione, l’adrenalina ma anche gli innumerevoli spunti di riflessione filosofica sulla vita; e poi tante scene e tante espressioni realmente cult, ormai impresse nell'immaginario collettivo per la loro significativa bellezza.

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Blade Runner 2049, di cui mi sembra superfluo riproporre la trama non è un disastro totale, ma è comunque una completa e riprovevole caduta di stile.
Inizia bene, ha una fotografia che ricordo avermi colpito, una trama discreta, con spunti interessanti. Parte con un buon aggancio alla pellicola precedente, ma dopo un’oretta di film si perde per strada.

In pratica è come se, terminata la spinta data dal carburante del BR originale, la navicella 2049, rimasta a secco, precipitasse tossicchiando nel vuoto, smarrita fra noiosi e vecchi cliché hollywoodiani.

Ricordo in particolar modo un moto di disgusto e di sana intolleranza durante le inutili scene di lotta fra il vecchio ed il nuovo protagonista (Harrison Ford e Ryan Gosling) nella radioattiva e rossastra Las Vegas del futuro. Innanzi tutto, appena si incontrano, i due eroi iniziano a combattere ed a cercare di uccidersi a vicenda senza alcun motivo. La scena dura parecchio, ma è fredda ed a mio parere stona completamente con lo stile sci-fi, rientrando piuttosto nel genere dei film d’azione in cui il numero delle pallottole è doppio rispetto al numero delle parole complessivamente pronunciate. Ho trovato questa sequenza parecchio insensata, abusata e scopiazzata.

E’ appunto da questo momento che in me si è incrinato l’ultimo filo di pazienza e di fiducia in questa pellicola, al punto che mi aspettavo, da un momento all’altro durante il resto del film, che ci fosse l’immancabile applauso di commozione, il saluto alla bandiera e l’esclamazione dio benedica l’America pronta a saltar fuori. Insomma, trasformazione completa in una vera “americanata”.

Poi, fra un ologramma di Sinatra e l’altro, stanchi di darsele di santa ragione come due matti in un ambiente così kitsch da far impallidire Lady Gaga, i protagonisti si siedono al bar a bere un bicchierino come due vecchi amiconi. Così, molto didascalicamente, si fanno una chiacchierata che dipana le matasse della trama.

Non c’è pathos, non c’è tensione, non c’è emozione (nessun dolore… ops, il mio).

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Ecco, qui ho iniziato realmente ad agitarmi sulla poltrona come su una graticola, sentendomi sotto tortura e chiedendomi quando sarebbe finita. Era passato già parecchio, quindi magari mancava poco. Insofferente, chiedo lumi alla mia dolce metà, che mi risponde candido “dura quasi tre ore…”. Il gelo. Quaaaaaaanto?!? Tre ore di cosa?! Mi agito ed inizio a mugugnare irrequieta.

La seconda metà del film è quasi inutile. Qualcosa mi ha vagamente ricordato reminiscenze del secondo e del terzo Matrix, e varie scene mi sono sembrate grattate (più che ispirate) da altri film di fantascienza. La trama diventa molto più banale, non si capisce chi è il cattivo e perché assuma questo ruolo, non c’è un pensiero dietro e si sente un’atmosfera quasi di passaggio, preparatoria ad un sequel del sequel. Ahimè ohibò.

In effetti, BR 2049 mi ha lasciato in bocca quella pessima sensazione di aspettativa in cui pensi che “ok, ora succede qualcosa. Ok, ora recupera; adesso arriva un momento clou…”, ma purtroppo questo momento non è mai arrivato. Ho aspettato inutilmente qualcosa che riscattasse il piattume di questo film; alla fine, fra le sparatorie e la durata, credo sia adeguatamente classificabile fra i “polpettoni all’americana”. Buona digestione.