Sono una persona molto riservata, nelle cose che realmente mi riguardano ed interessano, e difficilmente riesco a condividere qualcosa di mio con il mondo.
Fino ad oggi non avrei mai pensato di condividere qualcosa dei frammenti che ho scritto negli ultimi anni, con qualcuno. Ma ora, dopo aver conosciuto la piattaforma, ed il gruppo ITA, e dopo aver letto altri post, dove il personale e l'intimo sono estremamente presenti, ho deciso di condividere un po' alla voltai miei frammenti, con tutti voi.
Vedevo mio fratello abbassare il volto e vangare la terra che avrebbe sostentato il suo nutrimento. Era felice.
Una goccia di sudore solcava la sua fronte seguendo le dolci scanalature della sua pelle ancora giovane.
Così giovane e la consapevolezza di un vecchio. La sua condanna: sapere senza conoscere.
Ognuno decide di fuggire o accettare la sua condanna, lui l’aveva accettata. Imprecazioni mancate in un atto di fede nelle proprie azioni più che in quelle degli altri.
Sapeva senza aver mai visto. Conosceva il mondo dalle parole e dai suoi pensieri eppure davvero sapeva, o forse tirava ad indovinare, colpendo giusto.
Una voce da lontano urlava il suo nome, e quel suono riusciva a perdersi nell’aria circostante con tutti gli altri suoi rumori di campi e di città. Era quasi sera e il vespertino andare degli uccelli e della luce ne lasciavano intendere la venuta. Domani lo avrebbe atteso un altro giorno, domani lo avrebbe atteso lo stesso mondo.
Scartiamo la nostra vita come sfoglie. Ci spogliamo di uno strato e ne sfoggiamo un altro. Pensiamo che è più fresco, più nuovo e invece è solo altro che ci consuma, che ci assottiglia, che ci porta verso il nucleo.
Inarcò la schiena dopo il lavoro, quasi come riportarla alla suo stato naturale. Millenni di evoluzione per una stazione eretta, pochi anni nei campi per involvere .
L’uomo si oppone continuamente ai cambiamenti senza sapere che sono le opposizioni a generare il cambiamento stesso.
Il suo animo si opponeva, il suo corpo riusciva a conservare sempre le stesse sembianze. Ricordai una sera, una delle tante che nella mia mente erano racchiuse in un solo ricordo eterno.
Io su una sedia lui sull’ altra, entrambi a piangere dentro, la nostra malnata sorte, entrambi soli, seduti uno al fianco dell’ altro. Così vicini, così uguali e così lontanamente uniti. Conoscevamo benissimo i pensieri che passavano nella mente del nostro vicino e sapevamo anche che non avremmo mai potuto entrare in quel tornado fatto di ricordi e parole. Era come una forza che ti risucchia e ti porta via così intensamente da poter davvero ferire. Mai passare per la testa di qualcuno che il potere dei tuoi stessi pensieri ma con demoni diversi. Tutto quello che c’è potrebbe essere assorbito e ingolfare l' io fino ad annullarlo e polverizzarlo.
Arava e continuava a sudare.
Ancora il suo nome, questa volta più chiaro. Come un’ eco lontana che si sente negli antichi teatri costruiti da uomini che ben sapevano come plasmare la natura, così il suo nome trafisse l’aria per arrivare al suo orecchio. Capì che il giorno era finito e con esso il suo lavoro.
Sfinito e assetato dalla fatica si lasciò cadere di petto sull’erba ancora calda di sole. Ne apprezzò la fragranza fresca e gustosa, capace di stimolare il suo appetito. Forse il troppo lavoro o solo la voglia di prolungare quel sano momento rurale gli indussero la calma. Si addormentò.
MI piace ricordarlo così, chiuso in quel pomeriggio di fine Aprile sdraiato, nei suoi campi.
I ricordi ci formano, sia quelli belli che i brutti. Il tuo mi risulta un po' criptico, ma è giusto che sia così: essere troppo espliciti a volte toglie importanza anche ai pensieri più profondi..!
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La cripticità sarà un leitmotiv di questa mia raccolta.
Ciò che ho fatto in questi stralci è stato immedesimarmi negli altri (spesso persone a me vicine) e vivere, chiudendo gli occhi, ricordi con le loro vite.
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