Sembrano essere lontani anni luce gli anni di piombo della tv italiana, quelli in cui il concetto di serie tv era inesistente e si veniva bombardati di fiction di buoni sentimenti (e pessima sceneggiatura) come Don Matteo, Orgoglio, Commesse e chi più ne ha più ne metta.
Questo fenomeno continua ad esserci sia ben chiaro ma è indubbio che ad esso, da qualche anno ormai, si sia affiancato un nucleo di vere e proprie serie tv autoriali che hanno innalzato clamorosamente il livello e che hanno lanciato il panorama televisivo italiano verso orizzonti nuovi, strizzando l'occhio alla serialità anglosassone.
Strano notare come forse la prima vera serie tv italiana dal taglio e dal piglio diverso sia stata una commedia come Boris che prodotta da Sky risultò essere un fulmine a ciel sereno nel mondo televisivo italiano grazie ad uno stile tutto nuovo ed un mood dissacrante che attraverso proprio una parodia della tv e delle fiction italiane riuscì in un colpo solo a denunciare la pochezza delle produzioni italiane e lanciare la stessa tv della penisola in una nuova era.
In molti temevano che fosse una mosca bianca ma grazie a Sky si riuscì a proseguire su quella strada ed è cosi che arrivò Romanzo Criminale di Stefano Sollima che cambiò definitivamente le carte in tavola, ribaltando il tavolo stesso e definendo nuove regole del gioco.
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La consacrazione di Sky e di tutta la tv, che potremmo definire via cavo, italiana avvenne 4 anni fa con l'avvento di Gomorra, trasposizione del libro di Roberto Saviano. La serie fece breccia in Italia divenendo in breve un nuovo cult ma per la prima volta riuscì a superare i confini nostrani e raggiungere un successo strepitoso anche oltreoceano. Notizia di pochi giorni che l'attore Ricky Gervais abbia chiesto di essere sul set della quarta stagione della serie a Londra per poter incontrare interpreti e autori di quella che lui stesso ha definito la migliore serie al mondo, segno che l'opera seriale seconda di Sollima abbia travalicato ogni confine. Altro segno di questa consacrazione è stato il fatto che il regista sia stato scelto come direttore del sequel dell'ottimo Sicario di Denis Villenueve, filmando Soldado con attori del calibro di Josh Brolin e Benicio Del Toro.
L'Italia, insomma, ha dimostrato che altra tv si può fare.
In quest'ottica è arrivata l'opera prima di Netflix sulla nostra penisola con Suburra e lo straordinario The Young Pope del premio Oscar Paolo Sorrentino, trasmesso in simultanea da HBO e Sky Italia.
Anche la tv generalista ha dovuto inevitabilmente adattarsi e sono sempre maggiori le produzioni che pur non essendo ai livelli delle serie sopracitate hanno dimostrato di essere molto di più che una fiction in stile Un Medico in Famiglia.
In questo contesto nello scorso mese di Maggio faceva il suo esordio dietro la macchina da presa il noto scrittore Niccolò Ammaniti che presentava sempre su Sky Italia la sua opera prima seriale Il Miracolo.
Il debutto è avvenuto il giorno 8 Maggio, data non casuale che per la cristianità è una celebrazione della Vergione di Pompei e più in generale è incastonata nel mese di Maggio che per i Cristiani tutti è noto per essere il cosiddetto mese della Madonna.
Ed è proprio la sacra Vergine Maria, o meglio una statuina che la rappresenta, ad essere in un certo senso la protagonista di questi 8 episodi.
Il concept della serie è tanto semplice e immediato quanto delicato e aperto a mille distinti ritratti.
Una statua di un Madonna inizia a lacrimare sangue ma le lacrime sono talmente ininterrotte che in poche ore la statua produce litri e litri di sangue.
La statua finisce nelle mani dei servizi segreti italiani, che informano il presidente del consiglio il quale alla vigilia di un importante appuntamento elettorale (referendum sull'uscita dell'Italia dall'euro) dovrà decidere cosa fare, se rendere pubblico il miracolo o meno.
La serie affronta temi spinosi e universali come la fede, la religione, il libero arbitrio, il senso della vita, la malattia. Da questo punto di vista essa rappresenta un nobile tentativo di arricchire l'offerta seriale italiana, provando ad espandere i temi trattati generalmente ed inserendosi nel novero delle serie d'autore.
Anche il ritmo è quello tipico di un prodotto che vuole essere autoriale. Si avanza lentamente ed anche le musiche trascinano lo spettatore verso un sentimento di fondo che sa di angoscia e introspezione.
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La trama orizzontale è articolata, quasi confusa e se da un lato non si riesce mai a capire dove si voglia andare a parare, dall'altra si rifugge ogni schema provando a stratificare il racconto e i messaggi che si vogliono lanciare.
L'impronta di Ammaniti è tangibile e si stenta a crederci che questo possa essere un debutto vista la padronanza dietro la macchina da presa e nella stesura della sceneggiatura.
Il Miracolo è una serie che sembrava essere necessaria in Italia, che in un certo senso avrebbe potuto rappresentare un'ulteriore rottura con il passato. Le pretese e le attese erano altissime e sulla stampa e le riviste specializzate spesso si è parlato di trionfo e capolavoro.
Se leggiamo questo trionfalismo sotto una chiave di novità e coraggio che la serie incarna appieno allora questi commenti possono avere diritto di cittadinanza.
Se invece vogliamo leggere la serie attraverso una chiave crittografata che ci permetta di paragonarla alle serie autoriali che negli ultimi anni stanno emergendo (The Handmaid's Tale, The Americans, Mad Men, The Wire, Show Me A Hero, The Leftovers per citarne alcune) allora il confronto è impietoso.
Il Miracolo fallisce miseramente nel momento stesso in cui prova ad emergere.
In questo post spesso vengono utilizzate le parole e verbi "tentare", "provare" e non è una scelta casuale. L'ambizione di Ammaniti è tanto apprezzabile quanto enorme ma la visione degli 8 episodi impone una certa oggettività che a sua volta impone un commento non del tutto positivo.
L'impianto è abbastanza confuso laddove vorrebbe essere stratificati. I personaggi risultano piatti proprio laddove vorrebbero risultare tridimensionali. Le storyline non convergono quasi mai ed ogni spezzone sembra essere slegato dagli altri generando una mancanza totale di organicità.
Il fatto stesso di averci provato risulta essere di per se un grandissimo segnale che Ammaniti vuole dare a tutto il movimento seriale e autoriale bianco-rosso-verde ma il risultato è "solamente" buono e mai vicino all'eccellenza.
A contribuire pesantemente a questo mancato step verso la grandezza ci sono senza dubbio delle prove attoriali lontane anni luce da quelle dei corrispettivi colleghi british o da quelli a stelle e strisce.
Quello che dovrebbe essere il protagonista della serie Fabrizio Pietromarchi risulta essere troppo distaccato, troppo corrucciato e troppo monodimensionale. Da un uomo ateo e scettico che assiste ad un miracolo vero e che vede il suo matrimonio fallire ci si aspetterebbe maggiore impeto, maggiore disagio, maggiore crisi interiore e invece spesso tutto sembra scivolare addosso. In questo l'attore che lo interpreta, Guido Caprino, non aiuta risultando un'infelice scelta di casting.
Eccesso opposto invece per sua moglie, interpretata da Elena Lietti, che è protagonista di una prova sempre troppo urlata. Stesso discorso per il personaggio forse meglio caratterizzato quello di padre Marcello che Tommaso Ragno riesce ad incarnare perfettamente seppur con qualche scena che lo vede troppo sopra le righe.
Alba Rowrwacher è indubitabilmente brava ed ha una carriera che parla per lei ma qui appare molto fuori dal personaggio.
Il casting è stato onestamente fallimentare.
In definitiva dunque la serie di Ammaniti si incastra perfettamente nel trend qualitativo che la serialità sta avendo, alzando l'asticella e allargando gli orizzonti verso lidi sconosciuti.
Questo è sicuramente un merito grandissimo, che unito ad una mano attenta ed elegante come quella di Ammaniti fa della serie un evento molto importante per la tv italiana.
A questi ottimi spunti vanno affiancati una serie di difetti evidenti che non fanno emergere la serie tra quelle imperdibili.
Alla fine degli 8 episodi vien da pensare che in fondo Il Miracolo non sia avvenuto.
Ciao @serialfiller! Non sono molto d'accordo con le tue considerazioni sugli attori che, alla fine, ho apprezzato tutti molto. Ho fatto un po' fatica all'inizio ma devo dire che ad un certo punto è scattato qualcosa che me li ha fatti vedere sotto una luce diversa. Mi è piaciuta moltissimo la serie... alla fine è arrivata l'emozione, l'intensità e la cruda realtà che ha spezzato la speranza nel miracolo. La sospensione che mi ha tenuta incollata fino alla fine si è sciolta.
E, in fondo, il miracolo io l'ho percepito a livello umano nella forza di mostrare finalmente le proprie fragilità e i propri mostri interiori senza filtri e senza deleghe.
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Sono daccordo con te (non sugli attori ahime) in quanto questo tentativo di approcciare in maniera diversa il mezzo seriale mi è piaciuta molto ed in questo il miracolo c'è stato.
Concordo molto su quello che dici dunque ma purtroppo devo dire che quello che non mi ha permesso di amare la serie, ma "solo" di apprezzarla, è stata proprio la scarsa intensità degli attori e il paragone che trovavo a fare con altre serie di simile livello.
Questi 2 aspetti smorzavano un po l'ottimo impatto che la serie ha comunque dimostrato.
Grazie del commento @isakost, mi spiace di averti deluso con la mia review :)
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Serial non esageriamo, delusa direi proprio di no :) Hai fatto una premessa super-interessante e un'analisi puntuale. Sono solo in disaccordo sull'intensità degli attori che per me non è stata scarsa, anzi, è cresciuta lentamente e mi ha coinvolta sempre di più a livello emotivo e di empatia. Ed è per questo che mi ha conquistata :)
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Innanzitutto faccio la premessa che sono venuta a conoscenza di questa serie tv poco tempo fa grazie ad @isakost, ne avevamo parlato una sera ma non l'ho ancora iniziata.
Ammaniti lo conosco come scrittore perché ricordo che il suo romanzo Io non ho paura per me è stato un vero capolavoro, se non l'hai letto, rimedia ti piacerà sicuramente.
Il tuo post mi è piaciuto, hai articolato bene il tutto e ci hai messo il tuo punto di vista.
Ora sono combattuta: ascolto @serialfiller che di solito mi da Delle dritte in serie tv oppure la cara @isakost?
Credo che per togliermi ogni dubbio e dire la mia sulla serie tv e sul suo esordio da regista devo vederlo.
Metterò in coda anche questa serie!
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L'unico modo per scoprirlo è vedere la serie.
Ci tengo a sottolineare che il mio parere sulla serie non è affatto negativo anzi a me la serie è piaciuta e anche molto.
Nel post ho voluto smontare un trionfalismo spinto che ho avvertito su molti siti italiani.
La mia ovviamente è solo un'opinione personale quindi come sempre va presa con le pinze.
Grazie @acquarius30
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Tranquillo ho compreso benissimo quello che intendevi nel post! 😉
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Grazie, confermi la mia ferma intenzione di non perdere tempo a vedere questa serie.
Inoltre sarò disgustosamente crudele approfittando delle tue stesse scelte verbali: Ammaniti ha tentato di fare il regista tanto quanto tenta di fare lo scrittore.
Tanta carne al fuoco, temi scottanti e controversi, ed il tipico modo italiano e superficiale di trattarli, ovvero sperando che la risonanza dei temi in se, del solo pronunciare certe parole, faccia grancassa, piuttosto che il dibattito o la rappresentazione delle emozioni ad esse correlati.
Il regista di Boris potrebbe fare una nuova serie aggiungendo la tipologia evoluta dei "pretenziosi ma semi-inetti" alle categorie di registi e fiction-spazzatura magistralmente rappresentati.
E per confermare la mia discesa nell'inferno fra i miscredenti, concludo dicendo che il miracolo sarebbe stata la riuscita di questa serie.
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Hai visto qualche puntata?
Io ho una sensazione agrodolce per questa serie.
Mi è piaciuto il coraggio, lo stile e la volontà di portare al centro certi temi ma se da un lato non ho trovato risposte ne uno schierarsi dall'altra in questa fumosità non sono riuscito a leggere una volontà di lasciare tutto in mano allo spettatore con dei giudizi aperti, come ad esempio avveniva in quel capolavoro spirituale e concettuale che è The Leftovers.
Grazie @piumadoro del commento
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No, @serialfiller, ho visto trailer vari e pubblicità. Mia mamma lo stava vedendo e non ne era entusiasta (mi fido molto del suo giudizio, metto anche in conto che di solito lei è meno spietata di me, oltre ad essere religiosa, quindi immagina...); ho intravisto qualche scena che mi è sembrata abbastanza scialba, ed una recitazione ai limiti con Il segreto, giusto per citare qualche perla del nostro cinema. Tanto è bastato (oltre che la mia personale antipatia per lo scrittore) per guardarmi bene dall'iniziare a vedere questa serie.
I temi di risonanza sono pochi e sempre gli stessi (la vita, la morte, l'amore, la spiritualità, l'etica...) ma poi come vengono realizzati e traslati in un mezzo di comunicazione artistica (o quasi) come un romanzo, un film, una serie, una canzone? In questo caso (come in tanti altri) molto banalmente.
Approfitto per adularti un poco: Io sono estremamente selettiva, per motivi di tempo, ed in te ho trovato una piccola miniera di buona critica (praticamente un professionista) a cui attingere per capire se vale la pena guardare una serie o meno. Grazie per il lavoro certosino e capillare che fai, che ruba moltissime ore alla tua vita!
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