Back to you - ritorno alle origini

Mi ero dimenticata di te.

Avevo scordato cosa si prova a sentirti e capirti.

Credevo di non averti più nel mio bagaglio di ricordi, anche se raramente qualcosa affiorava.

Come tutti i grandi amori, quelli eterni quando si vivono e che si conservano nel profondo del cuore quando finiscono, credevo di averti rimosso senza rancori.

Invece è bastato tracciare dei segni su un foglio, ascoltare delle parole e riconoscerle, osservare quei segni ricurvi ed eleganti susseguirsi e riconoscervi delle parole per capire che era ancora tutto lì, vivo, da nutrire.

Un fuoco quasi spento da alimentare.

Mi guardavo attorno e mi sentivo bene, felice, serena, soddisfatta, come quando fai una cosa che ami. E infatti mi sono accorta che mi mancava e non sapevo quanto.

Questa sera, come primo proposito messo in atto in questo 2018, ho ricominciato a studiare la lingua araba. L’avevo abbandonata da quasi 1 decennio, dopo averla vissuta intensamente per tre anni, lunghi, intensi, faticosi, ricchi di insegnamenti.

L’avevo studiata ma non l’avevo vissuta. Non sono partita per immergermi in un mondo di dialetti gutturali e speziati, per le vicende della vita e della storia, quella piega di dolore e violenza che stava prendendo quella parte di mondo.

Non sono partita, ho mollato la presa, mi sono concentrata su altro con altrettanta soddisfazione, ma la voglia di ricominciare in fondo c’è sempre stata.

Avevo bisogno di una pausa. L’ho presa, ma è durata troppo a lungo.

Mesi fa, Per caso mi ero ritrovata sulla pagina di un corso, a Roma. Non avevo tempo di parteciparvi. Poi la magia dei cookies nel pc dell’ufficio ha deciso per me. Un annuncio al momento giusto, nel giorno giusto.

Gli orari erano compatibili, il luogo perfetto e vicino. Ok, basta pensarci, andiamo.

E ho ritrovato quelle parole, quei suoni, quel sorriso che affiora sulle labbra quando decifri parole di una lingua straniera, di un alfabeto diverso, di un pensiero diverso.

Perché imparare una lingua nuova vuol dire anche imparare a pensare con altre parole e un altro ordine di pensieri. Permette di avvicinarsi al modo di vedere e pensare il mondo che hanno gli altri e capirlo un po’ di più. Serve a sviluppare un‘empatia che è insita in noi ma spesso non affinata abbastanza.

È abbracciare l’altro sussurrando parole che comprende.