Nell’anno del ritiro di Kobe, di quelli probabili di Duncan e Garnett e di quello scongiurato di Nowitzki, in questo “pezzo” abbiamo deciso parlare di un giocatore meno mainstream, ma che ad un anno dal suo ritiro dalla NBA ci manca ancora molto: Stephen Jackson. Personaggio controverso anche nella lega più bizzarra del mondo, alcuni lo hanno amato (e noi siamo tra questi) per le prestazioni clutch e per la sua onestà; altri non gli perdonano la scazzottata al Palace di Detroit difendendo l’amico e compagno Ron Artest e per altre questioni extracestistiche. Più o meno tutti i rapporti lavorativi nelle franchigie in cui ha giocato sono finiti male, ma tutti lo hanno sempre considerato un gran compagno di squadra anche se litigava con allenatori e management. Captain Jack ha avuto una personalità unica, e per questo ancora nei cuori di molti appassionati.
Fu una seconda scelta nel draft del 1997, ma ha giocato nella NBA solo nel 2000 facendo esperienza in altre leghe minori. Nel 2003 Stephen palesò tutta la sua immensa competitività: in gara 6 contro i Mavericks di Nowitzki rimise in piedi una partita già compromessa ricucendo uno strappo di 15 punti a suon di triple. La sua leggenda era nata, i suoi attributi e il suo gioco in clutch era improvvisamente sulla bocca di tutti.
Ma gli Spurs lo scaricano nell’anno del titolo (per probabili divergenze di opinioni con Pop) e Jack va ad Atlanta mentre i texani quell’anno perdono con i Lakers al secondo turno: è evidente che manca loro un pezzo del puzzle, manca chi mette i ‘big shot’ nel momento decisivo. Intervistato sull’argomento Jack risponde con una delle frasi più memorabili della storia: ” That's what I live for, I make love to pressure” (Io vivo per quei tiri, io ci faccio l’amore con la pressione). Senza personalità…
L’anno successivo dell’esperienza ad Atlanta, il nostro pupillo va ad Indiana in una delle squadre più promettenti e dure della lega. La chioccia Reggie Miller cirocondata da tanto talento da allevare: Ron Artest, Jackson, Jermaine O'Neal (sano), Jamaal Tinsley e il mitico Jonathan Bender. I fatti del Palace sono noti a tutti, e, a nostro avviso, quella rissa e le conseguenti pesanti squalifiche non hanno permesso a quella squadra di raggiungere i traguardi che meritava. Intervistato sul mega-rissone di Detroit, Captain Jack ammette: “E’ stato divertente prendere a pugni quel fan”.
La situazione diventa insostenibile e Jack, sempre con la valigia in mano, viene scambiato e mandato ai Warriors, in una delle squadre più eccitanti della lega. Quella squadra leggendaria finì la regular season ottava ad ovest ma battè i vicecampioni NBA di Dallas in un primo turno memorabile. La small ball di Baron Davis, Jason Richardson, Monta Ellis, e Stephen Jackson fu una mareggiata insopportabile da attutire per quei Mavs, e, i 33 di Steph insieme ad una difesa memorabile su Nowitzki in gara 6, servirono a chiudere la serie. Che cuore, che emozioni!
La cavalcata però si fermò presto: eliminazione al secondo turno contro i Jazz di Deron Williams, e Jackson da zingaro felice che girovagherà ancora un po’ nella lega andando ai Bobcats e ai Bucks prima di tornare a San Antonio, finalmente maturo.
È il 2012 e la serie è di quelle indimenticabili: finale di conference contro OKC e Durant è inarrestabile come al solito. Jack è in un momento straordinario: solido in attacco e concentrato in difesa essendo l’unico ad avere fisico e tecnica per marcare Durant. In tante occasioni fecero match pari. Fu anche l’ultimo ad arrendersi con una gara 6 stellare da 6 triple e la solita difesa alla morte, anche se il ripetitivo e stuccevole ‘pin down’ dei Thunder pagò grossi dividenti e gli Spurs persero la serie. Ancora una volta il capitano ebbe un violento litigio con Pop che praticamente lo fece fuori, ponendo fine alla sua carriera.
Spesso onoriamo le star, conosciamo le loro storie e la loro carriera, ma l’NBA è fatta anche di comprimari: i cosidetti ‘role player’. Questo tipo di giocatori sono decisivi per le sorti di una squadra tanto che è risaputo che per vincere un titolo devi avere 2 star e un buon supporting cast. Captain Jack ha avuto il talento di una star, ma un’attitudine che gli ha permesso solo di essere un role player.
Se la mia vita dovesse dipendere da un tiro, però, ed MJ o Kobe fossero in ferie, la palla vorrei che fosse in mano a Horry o a Captain Jack, due role player dai grandi attributi. Piccola chiosa sul suo tatuaggio nella foto: due mani che pregano, ma che stringono una pistola. Jack la spiega così: I pray I never have to use it again “Prego di non doverla usare ancora”
Oh Capitano, mio Capitano…
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