La corrente elettrica è un moto ordinato di cariche, solitamente di elettroni. Quando vogliamo accendere la luce, premiamo l’interruttore e immediatamente possiamo osservare l’accensione della lampadina. Siamo quindi naturalmente portati a pensare che la velocità della corrente sia molto elevata, magari prossima alla velocità della luce. E invece…
il moto degli elettroni (fonte)
Consideriamo il moto degli elettroni in un metallo, per esempio nel rame. Nei metalli, gli elettroni più esterni degli atomi non sono legati a quest’ultimi, ma sono condivisi con gli altri atomi adiacenti. Possiamo pensare a una specie di “nuvola” di elettroni liberi che permea il metallo. Questi elettroni non sono fermi, proprio come le molecole di un gas possiedono un’energia cinetica, si muovono in continuazione in modo disordinato. Ebbene, a temperatura ambiente, la velocità di questi elettroni è dell’ordine dei 100 Km al secondo. Davvero notevole, ma questo non basta a generare una corrente elettrica, proprio perché il moto di questi elettroni è disordinato: mediamente, un quarto degli elettroni si muove verso l’alto, un quarto verso il basso, un quarto verso destra e un quarto verso sinistra. Complessivamente, e mediamente, la velocità netta di tutti gli elettroni è zero, ossia, se osserviamo un pezzo di metallo a livello macroscopico, non osserviamo uno spostamento netto di cariche.
Cosa succede quando pigiamo l’interruttore? Chiudiamo un circuito, ovvero generiamo una differenza di potenziale (ddp) ai capi del circuito stesso. Per definizione, la ddp V è data da , dove E è il campo elettrico e d è una distanza. Bene, quindi se c’è una ddp, c’è anche un campo elettrico. Ogni carica elettrica, in presenza di un campo elettrico subisce l’azione di una forza. Questa è la forza che ci interessa: è quella che fa accelerare gli elettroni e conferisce ad essi (tutti) una velocità in una ben precisa direzione. Questo è il moto ordinato di cui ho scritto sopra, e la velocità prende il nome di velocità di deriva. A questo punto possiamo affermare che gli elettroni possiedono due tipi di moto. Uno disordinato, che comunque non scompare, e quello ordinato in una direzione. Se immaginate di seguire un singolo elettrone nel tempo, lo vedrete andare avanti e indietro, su e giù, ma a lungo andare si sposterà in una direzione ben precisa.
Quanto velocemente? È una lumaca. La velocità di deriva è dell’ordine dei decimi di millimetro ogni secondo. Minuscola in confronto ai 100 Km al secondo della velocità del moto casuale.
Eppure noi vediamo la luce accendersi istantaneamente, nonostante la corrente sia tanto lenta. Questo succede per via del campo elettrico. Quando chiudiamo il circuito, questo si diffonde nel conduttore alla velocità della luce. Viaggia quindi dall’interruttore alla lampadina in un tempo pari alla distanza tra questi due (solitamente pochi metri) diviso la velocità della luce, ossia un tempo di pochi miliardesimi di secondo, mettendo in moto gli elettroni. Per questo noi vediamo la luce accendersi istantaneamente. Non siamo in grado di percepire la differenza di tempo infinitesima tra la chiusura dell’interruttore e l’accensione della lampadina. Ma se immaginiamo che questo intervallo di tempo non sia brevissimo, ma esattamente zero?
Potremmo costruire un aggeggio simpatico.
La lampada di Thomson
Immaginiamo una lampadina collegata a un interruttore. Facciamo partire un cronometro, che suonerà dopo due minuti. Dopo un minuto, accendiamo la lampadina. Dopo altri 30 secondi la spegniamo. A 1 minuto e 45 secondi la accendiamo nuovamente, e così via. Accendiamo e spegniamo la lampadina ogni volta dopo la metà del tempo che abbiamo contato per l’accensione/spegnimento precedente. Man mano che ci avviciniamo ai due minuti, la faccenda diventa interessante. Infatti, dimezzando il tempo di accensione/spegnimento ogni volta, potremo sempre accedere/spegnere la lampada. Per quanto ci avviciniamo a 2 minuti, ci sarà sempre un intervallo di tempo lungo la metà del precedente nel quale possiamo premere l’interruttore. Questo è il risultato di una serie convergente, ossia:
La serie è una infinita somma di termini, questo significa che possiamo spegnere e accendere la lampada un numero infinito di volte, ma in un tempo finito, 2 minuti. Ora la domanda è: ma a 2 minuti è accesa o spenta? ….
Non possiamo rispondere. Perché non c’è un'accensione che non sia seguita da uno spegnimento, e viceversa. Quindi l’esito è…boh?
Come abbiamo visto, nella realtà non è possibile costruire una lampada del genere. Perché la corrente impiega comunque un certo tempo, per quanto breve, per mettersi in moto, e più ci avviciniamo a due minuti più diventa impossibile “mantenere il ritmo” dell’interruttore. Poiché nulla può muoversi più velocemente della luce, ci scontriamo con una barriera insuperabile. Siamo quindi a uno di quei punti dove la matematica e la fisica prendono due strade diverse, dove la seconda pone dei paletti che l’immaginazione (la matematica) può oltrepassare senza problemi, fino al minuto numero 2? Forse si. Forse però neanche la matematica potrà mai dare una risposta definitiva.
Voi come affrontereste il problema?
Fonti:
https://plato.stanford.edu/entries/spacetime-supertasks/
Fisica Vol. II. Mazzoldi Nigro Voci. Capitolo 6, corrente elettrica.
"ma a 2 minuti è accesa o spenta? ….
Non possiamo rispondere. Perché non c’è un'accensione che non sia seguita da uno spegnimento, e viceversa. Quindi l’esito è…boh?"
Sembra molto il paradosso del gatto di Schorendinger XD
Comunque sono quelle domande che a volte mi faccio pure io e che dopo due minuti devo abbandonare per troppo fumo in testa.
Bel post comunque :)
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Beh si a queste domande è meglio non dedicarci troppo tempo al giorno :D
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Concordo in pieno XD
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Ma sei studente o professore? :)
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Studente hahhaha
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