Quando ero piccolo la vigilia di Natale era il giorno più bello dell’anno.
Il pomeriggio lo passavo nel grande negozio di tessuti di nonno, a Galleria Colonna, e mi divertiva un mondo vedere tutta quella gente che entrava, veder srotolare le stoffe e aiutare a fare i pacchetti. E fare su e giù per le scale. Correre in mezzo a tutte quelle gambe. Qualcuno che mi dava una carezza veloce sulla testa “Ciao biondino, come sei carino”…
Ogni due per tre nonno e papà andavano con un cliente al Gran Caffè Berardo. Andavo anche io, perché mi piaceva che l’uomo dietro al banco accogliesse nonno con un “Buongiorno signor Dobrovich”. Era una cosa speciale. Mi faceva sentire importante.
Li ricordo eleganti, in doppio petto, nonno col fazzoletto da taschino nella giacca, sorridenti, che fumavano disinvolti mentre ordinavano l’ennesimo caffè o un Campari…
Davanti al negozio c’era la chiesa di Santa Maria in via. Mamma mi ci portava a vedere il presepio. E poi la Rinascente, con il piano dedicato ai giocattoli. E le insegne luminose fuori. Ricordo quella del Cinzano… Mi piaceva quando cominciava a far buio, perché mi emozionavano tutte quelle insegne, quelle luci…
Camminavamo per i vicoli fino a piazza Navona e ricordo che chiedevo sempre di passare per un punto in cui c’era un’insegna di barbiere che mi piaceva tanto: un cilindro all’interno del quale correva a spirale una striscia rossa, o blu, non ricordo… Ma quanto mi piaceva!
Andavamo a vedere le bancarelle coi presepi e le palle di Natale, quelle che dovevi stare attento perché si rompevano. Che avevano una forcina di ferro infilata in testa e se non stavi attento, quando appendevi le palle all’albero, si sfilava e …addio palla.
Ma la cosa che mi piaceva di più era la bancarella dove si sparava col fucile a un orso che andava di qua e di là e quando lo coglievi si alzava con un ruggito, si voltava, e ripartiva dall’altra parte. “…dai mamma, fammi sparare, daii…”. E lo zucchero filato. E la mela stregata. Ma tutto no. Semmai, una cosa sola. O questa o quella...
Papà ci raggiungeva da Delfino, all’angolo di Largo Argentina, dove comprava un grosso pesce con l’insalata russa (l’insalata russa… altro mito della mia infanzia!) e a me e mio fratello Paolo (Giorgio e Stefania dovevano ancora nascere) comprava un panino al latte con würstel, carciofini e maionese. Un rito. Mi faceva impazzire. Un mito.
Quindi ci trasferivamo tutti a casa dei nonni, in un palazzotto a tre piani a Prati, sotto a Monte Mario. Nonno abitava sopra. Zio e tutti i miei cuginetti sotto. E noi ci trasferivamo lì per stare tutti insieme durante le feste. Restavamo proprio a dormire lì!
Nonna e zia in cucina a preparare. Odore di brodo…
Passavano i parenti di nonno e nonna. Gli zii di papà. Quanti zii…
Si cucinava triestino. Si parlava triestino. Quando erano insieme, parlavano la loro lingua.
Mamma, che è genovese, imparava come me da quelle loro storie e tradizioni.
Il negozio chiudeva tardi e quando arrivava nonno noi eravamo in fibrillazione da ore.
Infine tutti a tavola. Il tavolo dei grandi e quello dei piccoli.
E quindi a letto, in camera coi cugini.
E allora, solo allora, come voleva la tradizione, nonno e papà portavano dentro l’albero e lo facevano. Durante la notte.
Grande, vero (si, una volta si faceva l’albero vero, che poi finiva piantato in giardino, ma spesso moriva…). Pieno di luci (quelle con l’inserto a vite, come le lampadine grandi, e dipinte una per una per fare colori diversi). E candeline che venivano accese all’ultimo momento. E odore di abete per la casa.
La mattina, tutti in fila, dal più piccolo al più grande, ancora una volta ad aspettare i grandi.
E quando arrivava zio, finalmente buon ultimo, si apriva la porta e ci scatenavamo tra pacchi e giocattoli, sotto a quell’albero meraviglioso.
Ecco. Io non sono riuscito a ricreare quelle atmosfere ai miei figli, e me ne rammarico.
Forse non era più tempo. Forse non ne ero capace.
Ma l’albero è ancora quello. Così come lo facevamo allora. Strapieno di cose. Ricco, ridondante, esagerato.
Eppure, ancora oggi, lo confesso, la sera mi corico per ultimo e tutto solo resto a guardare, al buio, le luci che si accendono e si spengono e mi emoziono tanto.
Buon Natale!
Tutte le foto, tranne quelle del mio albero di Natale, sono tratte dal web
Papà faceva il presepe. Dura tradizione napoletana. Progettato a tavolino, con la base delle montagne fatta con carta di giornale intrisa di colla da imbianchino. I fili delle luci nascosti dal muschio, i pupazzetti in ordine di grandezza, la stalla rischiarata da una lampadina speciale che si accendeva dietro la stella cometa. Era uno spettacolo. Veniva fatto su un enorme scaffale in camera mia. E la notte del 24 mio fratello che era il più piccolo metteva il bambinello. L'albero finto l'ho comprato io per la prima volta nel 1989 nella mia nuova famiglia.. Non si dava possibilità a casa dei miei di un albero finto. Abete vero ed enorme. Tra le palle appese 4 con scritto sopra mamma, papà, francesca e federico. Grazie per questo post l'evocazione dei ricordi aiuta a vivere meglio.
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La prossima volta, a cena, si parla del presepio. Anche noi facevamo le montagne artigianalmente ...ché di comprare la carta già dipinta non se ne parlava proprio...!!
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Anch'io ho vissuto atmosfere magiche in famiglia durante il Natale dell'infanzia. Anch'io, come te, so di non essere stata in grado di ricrearle per mio figlio, anche perché di bambini in famiglia ormai ce ne sono pochissimi. E' vero, il dispiacere che loro non abbiano avuto quella magia è direttamente proporzionale alla felicità che dava a noi allora.
Buon Natale anche a te :)
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Abbiamo fatto, Paolo, abbiamo fatto... Solo che prima le famiglie erano composte da una caterva di persone! Quello era il bello!!
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Che bel post. Mi sono venti in mente anche i miei natali da ragazzetto. L'albero con le palle con la forcina...quanti che ne ho rotti! L'odore di abete e di mandarini. La cena della vigilia. 😃
BUON NATALE!
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Buon Natale, John!
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Che bel post , anche io leggendo qui mi sono ritrovato proiettato alla mia infanzia a quei bei momenti
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Grazie. Auguri!
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Ciao Marco, grazie per questo post emozionante. E' bellissimo pensare che le immagini, care a qualcuno, possano scatenare ricordi e sensazioni da atmosfere condivise. Siamo tutti più vicini di quello che pensiamo. Buona Natale
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Grazie a te, Franky. Auguri. Buon Natale.
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Stai certo che se hai creato anche solo un centesimo dell'atmosfera di Natale, i tuoi figli se ne ricorderanno. Il Natale è sempre speciale per i piccoli, sarà il calore, la famiglia, lo "stare tutti insieme" e ovviamente l'attesa per i regali.
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E da domani, giro in centro per le compere, atmosfera natalizia, castagne...
Buon Natale!
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Grazie anche a te!
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Tutto più semplice, tutto più sentito, tutto più vero. il Natale era innanzitutto un pretesto per stringerci attorno ai nostri affetti, i regali venivano dopo...che nostalgia mi hai fatto veni' Marco bello...
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Bella pe' tte, Nicò! ...come si dice adesso!
Un po' di nostalgia ce sta, in questo periodo. Domani una bella passeggiata in centro, guardando le vetrine, prendendo un caffè nel bar in piazza, due castagne,.. e poi tutti al cenone da mio fratello.
E a Natale da mia sorella. Tutti: i miei due fratelli e relative famiglie. E mamma. Un paio di amici... secondo me siamo un'altra volta più di venti!
Buon Natale!
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anche a te caro Marco, passalo serenamente con i tuoi cari. Un abbraccio.
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😉
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Che bello questo post, mi ha riportato per un istante a me piccola. Mentre sto davanti a quel albero vero, piano di luci gialle rosse verdi e blu. E quelle palle così lucide da potermici specchiare. Ma la vera bellezza di quel ricordo è la mia incontenibile voglia di vedere babbo natale! Ero piena di gioia come solo una bambina di 7 anni può avere. Grazie per avermi donato il mio ricordo. E buon natale 🎄🎁
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😘
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