Il comandante ricorda che il volo per Lanzarote durerà quasi quatto ore e preannuncia che il tempo sarà nuvoloso lungo tutto il tragitto. Che peccato, penso, non si vedrà nulla. Il mediterraneo, le isole, la costa africana...
E, invece, quello che si prospettava come un trasferimento miope e noioso si è magicamente trasformato nel viaggio più avventuroso che potessi mai immaginare e mi ha mostrato panorami e scenari meravigliosi!
L’aereo decolla e sale, sale, fino a superare la coltre delle nubi e il cielo, da grigio, si fa azzurro chiaro, quasi diafano. Si posiziona a quota undicimila metri e inizia la sua crociera. Sotto di noi, un tappeto ininterrotto di nubi. Sarà così fino all’arrivo.
Dietro di me, due ragazzi piuttosto coatti chiacchierano di tutto e ridono sguaiatamente. Banalità densa e senza alcun senso, declamate ad alta voce. Già... sarà così fino all’arrivo. Anche con i due disadattati.
Guardo sotto. Niente, non si vede niente. Nient’altro che nuvole bianche. Molto bianche. Belle, penso, sembra neve. Beh, insomma, non proprio una pista da sci. Quelle sono lisce. Qui sotto invece, fino a perdita d’occhio, sono ...tante gobbe. Fino all’orizzonte, lontano.
Tante gobbe... Mi ricordo di una passeggiata invernale in Trentino, con le ciaspole. ...sulla neve, appunto...
Lavarone. Eravamo a Lavarone, teatro degli scontri tra i più drammatici della Grande Guerra.
A poca distanza l’uno dall’altro si fronteggiavano i forti austroungarici e italiani. Furono semidistrutti, durante il fascismo, per cancellare la memoria della nostra disfatta, ma i resti, imponenti, si possono ancora visitare e non hanno perso affatto il loro potere evocativo.
Camminare tra quelle montagne, in particolare d’inverno, ha un fascino tutto suo...
Ci guidava il mio amico Francesco, che vive a Roma, ma la cui famiglia e di quelle parti e, quelle parti, le conosce a menadito. Guarda, mi dice appena svoltato un tornante e, d’improvviso, si apre la vista su una conca. Una piccola valle circondata da piccole alture. Sparavano bombe da tutte le parti mi dice e quelle buche e quelle gobbe che vedi, ne sono testimonianza.
Millegrobbe, si chiama quella valle. Mille gobbe, mille, buche, mille bombe,...
E già... Provo ad immaginarmi lì sotto, lì in mezzo, a camminare. Oggi, come allora... Sulle nuvole, come fosse neve. Quella neve, in quel giorno...
È un po’ difficile con questi due rompicoglioni qui dietro, ma non impossibile.
Mi concentro. Ohmmm... Guardo intensamente il tappeto bianco sotto di me e ...scendo lì sopra a camminare.
Ecco, ci sono. Quelle nubi ora sono indubbiamente quelle stesse colline innevate di quel giorno d’inverno e io sto avanzando tra loro. Immagino e vedo e rivedo tutto. Guardo e risento persino i rumori della neve che scricchiola sotto i miei passi e l’odore degli abeti e della roccia e della terra bagnata... E percepisco persino la sensazione degli indumenti inzuppati di sudore. Caldi. E tutto intorno freddo. Sul viso, sulle mani... come allora, come fossi lì. Ecco. Io sono lì...
Quieres beber algo? ... Would you like something to drink?
La voce della hostess mi riporta repentinamente sull’aereo. Mi giro verso di lei, che mi guarda sorridendo e aspettando una mia risposta. ...Sono confuso... Ma quanto ho camminato lì sotto...??! Senor..., me entiende? Vuole qualcosa da bere? ...e si sviluppa un inconsueto colloquio, saltabeccando da una lingua all’altra...!
Disculpe, estaba distraído... I’d like a lemonade, please. Do you have it?
I’m sorry, we have only orange juice...
Pues, un zumo de naranjas, entonces. ... Ecco, grazie. Muchas gracias.
Prego, ...que aproveche.
E, sorseggiando l’aranciata, torno a guardare le nubi.
Ora il panorama è cambiato. Niente gobbe. La superficie si è fatta più irregolare e lunghe ombre la solcano, tracciando come delle gole, delle strette valli, tra ...una cima è un’altra. Come fosse una catena montuosa... Socchiudo gli occhi e...
Ho visto tante foto della catena dell’Himalaya dall’alto. Ho letto tante storie... Mi viene in mente quella di Messner, scritta dopo aver perso tragicamente il fratello, scendendo dal Nanga Parbat...
Ripercorro mentalmente quei momenti, letti milioni di volte e imparati a memoria, e rivedo Reinhold e Günther che scendono tra i crepacci, dopo aver conquistato la vetta. Primi sul versante meridionale, la più alta parete del mondo. Era il 1970.
Si, quella è la cima, e i due stanno scendendo lungo quel versante. Come no... Ecco che girano e si infilano in quella valle... Si dividono. Ecco, lì si dividono, Reinhold passa sotto, il fratello sopra. La valanga. Günther che non scende più...
Ho seguito la scena dall’alto, come da un elicottero. Ora, invece, improvvisamente, come accade nei sogni, sono lì, seduto, di fianco a Reinhold, che è sempre più preoccupato. Lo vedo alzarsi, risalire,... Lo seguo con lo sguardo. No, io non salgo, troppa fatica, troppo difficile,... non ce la farei… Ma, a dispetto della distanza che man mano aumenta e ci separa, lo vedo ancora perfettamente.
È una visione ...cubista! Vedo me, dall’alto, che sono rimasto seduto sulla roccia, e Messner, che si allontana da me. Tutto intorno è neve. Montagne, crepacci e neve. Ma vedo anche in soggettiva, dalla mia posizione sulla roccia, e osservo con maggiore angoscia Messner allontanarsi. Lo sguardo dall’alto era più ...distaccato... E, contemporaneamente, lo vedo da vicino, vicinissimo, come se stessi salendo al suo fianco. Vedo la sua barba, bianca di ghiaccio, e sento il suo fiatone, sempre più affannato. Percepisco perfettamente la sua disperazione che cresce...
Ma l’aereo vira e il panorama cambia di nuovo. Ora si è fatto ampio, si percepiscono orizzonti lontani. Mi sono fatto piccolo, molto più piccolo di prima. La distesa, intorno a me, è immensa, e ...sono sul pack. Polo Nord.
Vedo distintamente il profilo dei ghiacci che, verticali, scendono e si perdono in acqua, formando un grande golfo, chiuso, in fondo, dallo skyline delle montagne azzurrognole. Dietro alle quali il sole, sempre basso a queste latitudini, manda una luce rossastro-giallognola che contrasta con il celeste chiarissimo del cielo tutto intorno e il bianco dei ghiacci perenni...
Il Polo Nord...
E la mente va alla storia della sua conquista e alla cavalleresca sfida tra il norvegese Amundsen e l’italiano Nobile che per primi, a bordo del dirigibile Norge, nel 1926, lo sorvolarono.
Due anni dopo, con il dirigibile Italia, Nobile tentò lo sbarco sul Polo, ma ne uscì sconfitto. …Tre volte sconfitto! Perché non raggiunse mai il Polo, perché il suo tentativo si tradusse in una tragedia e il dirigibile Italia si schiantò sul pack e, infine, perché quando finalmente arrivarono i soccorsi, dopo giorni di angoscia e di stenti, Nobile decise di essere tratto in salvo per primo.
L’aereo poteva portare una sola persona e lui lasciò tutti i suoi uomini sul luogo del disastro, in attesa dei soccorsi successivi. Ma le condizioni del tempo erano proibitive, e quegli uomini dovettero attendere ancora più di un mese prima di essere tratti in salvo.
Il generale Nobile era il comandante e avrebbe dovuto essere l’ultimo a ...lasciare il luogo del disastro...
Quanti libri, quante storie, quante critiche ho letto di questa tremenda avventura. C’è anche un bel film che simula un processo a Nobile e, durante il processo, ripercorre minuto per minuto gli accadimenti.
Ma il libro più bello l’ho letto ultimamente. Un regalo di @martaorabasta, che sa quanto mi appassionano certi argomenti e, in particolare, il taglio con cui vengono trattati. È il diario di uno degli uomini che rimase in attesa dei secondi soccorsi.
La fame, il freddo, la speranza, la paura, l’orgoglio, la disperazione, la follia, l’apatia, l’abbandono… Toglie il fiato e stringe alla gola solo a pensarci.
Scivolo, senza accorgermene, su una storia simile ma, se possibile, ancora più drammatica. Quella più recente, dell’aereo caduto sulla Cordigliera delle Ande all’inizio degli anni ’70.
Il pilota fu un mago e nell’impatto persero la vita pochissime persone. Ma l’aereo fu presto considerato disperso e le ricerche cessarono. E gli eventuali superstiti, con quel freddo e senza niente da mangiare, furono dati per morti.
E invece, per quasi tre mesi, quei ragazzoni uruguaiani, giocatori di una squadra di rugby in trasferta in Cile, sopravvissero.
Fu una valanga, pochi giorni dopo lo schianto sulla montagna, a fare molti morti. Presto venne presa la decisione comune di nutrirsene per sopravvivere...
Finché il più carismatico decise che non si poteva aspettare oltre e partì. Camminò per dieci giorni, mirando a valle. Scendi e sali, sali e scendi, scendi, scendi, sali e scendi... Salendo dov’era inevitabile e scendendo, scendendo, ogni volta di più, ogni volta più in basso e con maggior determinazione... Fino alla fine della neve. Fino al primo villaggio. Fino alla salvezza.
La salvezza per tutti. Perché questa volta i soccorsi presto arrivarono e arrivarono per tutti.
Lo spettacolo che si parò davanti ai soccorritori fu e resta indescrivibile.
Il libro che i sopravvissuti scrissero assieme, successivamente, per esorcizzare questa tragica esperienza, non trascura di documentare anche il momento più difficile. Ma viene trattato come fosse stata un’eucarestia. Sia sotto il profilo simbolico, che quello materiale: piccole strisce di carne, arroventate sulla carlinga dell’aereo…
Ciò che documentano le foto prese dall’elicottero è ...un girone dell’inferno dantesco!!
Se ne parlerà in un’altra occasione. Anzi, no. Non se ne parlerà affatto. Ché non ce n’è bisogno. Non aggiunge e non toglie nulla alla storia.
Certo ‘sti due qua dietro... Aho... zitti ‘n po’! M’avete rincojonito... E annamo, no...!!
Mi volto e torno a sedermi. I due so’ muti come pesci.
Siamo quasi arrivati.
Tra dieci minuti atterriamo.
Il tempo a terra e buono e la temperatura è di 20*C.
Fine del viaggio. Fine della neve. Fine delle storie.
Bellissimo il parallelo tra le nuvole e i ricordi
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Grazie!
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Quattro ore di volo. Incantevole saliscendi di visioni. Bentornato 😊
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Muchas gracias!
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Post meraviglioso :) I tuoi racconti mi entusiasmano sempre di più. Non mi serve comprare un libro d'avventura, con i tuoi post ho già tutto il necessario per vivere momenti emozionanti. ;) Grande Marco
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Wow! Onorato...!!
Tra qualche minuto pubblico la mia quarta storia legata alle mie auto. ...in realtà questa volta la macchina c'entra poco... Parlo di quando feci la comparsa nel film di Sergio Leone "C'era una volta in America"!
Poi fammi sapere se ti è piaciuta...
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Non vedo l'ora di leggerla :) poi ti farò sapere cosa ne penso. Ciao Marco
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:)
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E meno male che andavi al mare...
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...è che io so' montanaro nel sangue!
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Che bel post... e pensare che io la maggior parte del tempo in aereo lo passo dormendo in piena sterilità creativa. Neanche mi riesce di sognare. Forse perché lo prendo quasi sempre alle 7 del mattino... -.-
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...e come facevo a dormire con quei due dietro che blateravano a tutto volume...!!
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Bel viaggio mentale Marco! Pensa con tutto il fracasso dei due coatti dietro hai volato con la mente così tanto! È stata una sorta di "protezione mentale" 😂😂
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Infatti...
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Mi incanto sempre mentre leggo i tuoi post.
Un viaggio a doppio senso: fisico ma sopratutto mentale.
Un abbraccio
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Grazie Nic.
Sai che lo stesso vale per me quando ti leggo!
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Allora.
Tu vai a lavarone a sciare. Io sono 17 anni che sto a Folgaria.
Vai a Lanzarote. Sono 4 anni che giro per la Canarie.
Prima o poi... Cmq bel racconto :D
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Gira che ti rigira...
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Il destino ci vuole insieme. hahaahah
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