Vent'anni (e oltre) di videogiochi e console

in videogames •  7 years ago  (edited)

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"L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare." (George Bernard Shaw)

Oggi con la macchina del tempo sono andato indietro sino al 1998: l'anno delle Olimpiadi di Nagano, degli Europei in Francia; di Titanic che spopolava al cinema; del lancio di una piccola novità informatica, nota al mondo come Windows '98; di Iris dei Goo Goo Dolls e I Don't Wanna Miss a Thing che ha reso Armageddon qualcosa di più del solito film di Michael Bay. In quell'anno entravo nel magico mondo delle console con una parola che avrebbe dominato adolescenza e oltre: Playstation. Questa è la storia di vent'anni di consumo amatoriale, senza mai arrivare nemmeno vicino ad assurgere al rango di gamer. La passione però è quella.

GLI ALBORI
In realtà, con la Play non debuttavo coi videogiochi, ma la sensazione che portasse una sensazione di gioco mai vista c'era. Prima delle console, mi dilettavo con il Commodore Amiga CD32 di mia sorella: titoli fruiti un po' a caso, passando da Lemmings a Street Fighter (raggiungendo l'estasi quando c'era da sfasciare una macchina a calci), sino a John Barnes Soccer col sorrisone del centrocampista inglese in primo piano e Back to the Future part III, che per me da bambino diventava troppo difficile nel momento in cui c'era da salvare la povera Clara dalle grinfie del burrone Clayton (e qui, per i non-appassionati della saga, sconfino nell'arabo...lo so).
Poco dopo c'è stata l'era del SEGA Saturn, con Sonic che mi faceva impazzire, e del Game Boy: incredibile a dirsi, Mario non mi piaceva più di tanto, impazzivo col vecchio gioco di DuckTales, la mia serie animata preferita (tanto che ancora oggi aspetto con avidità le nuove puntate del remake).
Avevo poco meno di otto-nove anni, seguivo già il calcio da malato e allora avevo anche ampliato la sperimentazione al pc coi giochi manageriali: PC Calcio 4 la prima prova, con PC Calcio 6 l'apice. La mia specialità, oltre alla classica scalata, era il "gioco del sadico": adoravo far volare la squadra, per poi magicamente alzare i prezzi di biglietti e ristoranti interni allo stadio. Il gioco permetteva di stabilire i prezzi delle singole specialità e io facevo pagare un panino con la mortazza quanto un pranzo da Cracco, ridendo maleficamente delle disgrazie dei tifosi. L'altro trucco era prendere una società marginale, tipo la Cremonese, e imbottirla di campioni presi a parametro zero promettendo ingaggi da 15 miliardi delle vecchie lire a stagione: il trucco era andarsene l'anno dopo e lasciare la società con un attacco del tipo Zidane-Djorkaeff-Ronaldo ma anche con debiti mostruosi, tipo 300 miliardozzi d'ammanco. Roba che manco il Parma.

L'INIZIO
Come detto, il mio consumo videoulico vero e proprio inizia con la Playstation nel 1998. L'anno dei grandi titoli: mia sorella gioca con Tomb Raider 3, io con Metal Gear Solid. MGS mi rapisce da subito perchè definisce il concetto di storia che ti cattura: non c'è solo la giocabilità (che s'esplica nelle bellissime missioni tattiche di contorno), c'è la trama, la profondità dei personaggi, la storia che ti cattura. Dirà il creatore, Hideo Kojima:

Con i videogiochi puoi esprimere quello che vuoi, esattamente come con il cinema.

Con questo titolo c'è proprio questa sensazione, popcorn e via (con diversi epiloghi che ti portano a rigiocarlo sempre).
Sempre in adolescenza, due punti in comune con mia sorella li trovo. Crash Bandicoot 3 e FIFA 98 RTWC: a parte il compulsivo cantare Tubthumping dei Chumbawamba (roba che ancora oggi viene il lacrimone), in FIFA porto il concetto che avevo già mutuato nei giochi manageriali. La scalata, che se non vinci il Mondiale col Brunei non sei nessuno, e il "gioco del sadico": qui s'esplica nel fare il maggior numero di autogol possibili, sghignazzando del commento della coppia Caputi-Bulgarelli, e nel finire le partite in sette con il delizioso tasto per fare falli duri, inspiegabilmente abbandonato dagli sviluppatori in seguito. Una gravissima perdita, caricare il portiere con spinte e tackle a gamba altissima era il mio hobby preferito.

IL CONSUMO IRRESPONSABILE
Tra 1999 e 2000 vengono sparate cartucce indispensabili per la formazione del gamer amatoriale: il filone dello spionaggio lo mantengo con Syphon Filter (il 2, con la modalità battaglia, diventerà leggendario); con Driver iniziamo a conoscere la prospettiva criminale; con Gran Turismo 2 entro nel giro delle corse (solo marginalmente sfiorate con F1 1998), che verrà divorato da lì a pochi mesi con Colin McRae Rally 2.0, che per me rimane, a livello d'esperienza, il più bel gioco di corse a cui abbia mai giocato.
Certo, dopo CTR: Crash Team Racing è l'essenza di questo periodo. Dopo una serie di platform di buon livello, Naughty Dog esce con questo gioiellino sull'onda di Mario Kart che fa divertire chiunque: derapate, power-up deliranti, una modalità battaglia con cui passo pomeriggi con gli amici. L'ho ripreso in mano qualche mese fa, il senso di divertimento e la frustrazione quando perdi una posizione all'ultima curva per che ti prende in pieno è la stessa di dieci anni. Tra l'altro, mi ricordavo ancora alcune scorciatoie, grande esercizio di memoria.
Nello stesso periodo Final Fantasy VIII, che per me è uno dei grandi rimpianti: non l'ho mai finito, sono sempre arrivato al quarto disco. Storia fantastica, gioco di ruolo sterminato, il mio primo esperimento nel tipo di gioco "open world". Il Ragnarok, dico solo questo.

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PLAYSTATION2 ERA
Complici piccole modifiche strutturali, potrei citare mille giochi di Playstation che hanno lasciato il segno (per esempio, ho saltato F1 2000, tutti i videogiochi NBA, MLB...e un altro che però vorrei approfondire adesso). La verità è che sono arrivato tardi, con la prima console di casa Sony. Mi faccio trovare più preparato, ma senza prenderla al Day One ovviamente, con la Playstation2. Si apre un nuovo mondo, specie a livello grafico: fa sorridere perchè oggi, guardandoli, a quei giochi non daresti una lira...
Si apre la saga di Grand Theft Auto con Vice City e soprattutto San Andreas: tra appuntamenti galanti che finivano "con un caffè", incontri con donne di facili costumi e ingrasso/dimagrimento a piacimento credo di aver fatto fare una vitaccia a quel povero Cristo di CJ, con cui mi scuso pubblicamente. Finito il gioco, adoravo anche la sottomodalità per il controllo territoriale di San Andreas, che in quel periodo ha raggiunto un altissimo numero di lotte tra gang.
Intanto con Metal Gear Solid: Snake Eater gioco l'ultimo capitolo della saga e impazzisco per sconfiggere The End, il boss più difficile di sempre. Addio MGS, per quanto mi riguarda.
In realtà quella della Play2 è la grande era della febbre dei giochi di sport: Madden NFL (la gamma ampia di schemi mi dava un senso d'ordine mai visto), l'arrivo della saga NBA 2K a soppiantare finalmente il discutibile NBA Live (che comunque in versione 2002 mi aveva dato grandi momenti) e poi FIFA...Ehm no. Con la Playstation2 nasce per me il fenomeno Pro Evolution Soccer: avevo guardato con diffidenza a ISS PRO, verso il finire della prima console mi ero avvicinato al titolo Konami, con PES inizia il grande tradimento ai danni di EA Sport. La Master League (vi risparmio il solito amarcord con Castolo & company), e le sfide tra Master, erano il pane quotidiano: con mia sorella (agli ultimi acuti coi videogame) decidevamo di spartirci i giocatori: io compravo Roberto Carlos, lei Babangida, io Ronaldo, lei Sheva e così via. Io ogni tanto tiravo fuori giocatori sconosciuti, soprattutto portieri, e li spacciavo per super promosse da talent scout. Il centravanti era il mio principale finalizzatore, specie per il cosiddetto "gol dell'infame": affondo di Roberto Carlos sul fondo, palla rasoterra, piattone in porta. Con questo bug del gioco arrivavo facile ben oltre il centinaio di gol stagionali. Penso sia la prima volta in cui ho giocato così tanto da padroneggiare un chiaro difetto di programmazione. Con odio vario di mia sorella e amici, perchè la gioia di questi giochi è il multiplayer, lo sfottò, dire "io sono più bravo di te", sentirsi rispondere che hai avuto fortuna...e anche godere un po' quando in fondo hai vinto 1-0 subendo 20 tiri in porta con svariati miracoli.

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THREE IS THE MAGIC NUMBER
Col passaggio all'ultima console in mio possesso, attualmente ancora davanti a me mentre scrivo, me la prendo comodo. La Playstation3 ha dato il via a una serie di saghe leggendarie (Assassin's Creed, che recupererò con Black Flag; Fallout, di cui prenderò il 3; Elder Scrolls, che completerò con Skyrim; Uncharted, di cui giocherò il 2 attratto dalla scena del treno).
Con la nuova console s'acuisce il consumo sportivo, guardando ai primi titoli FIFA e NBA 2K sono i videogiochi che più campeggiano nella videoteca. E' l'era dell'online, del godimento del battere anche qualcuno che non puoi vedere. Scemato l'interesse, mi dò al mercato dell'usato: inutile comprare giochi da 70 euro che di rinnovato presentano poco, soprattutto dopo l'arrivo della Playstation4 (a cui viene riservato il meglio). Con la nuova strategia scopro delle chicche, come Heavy Rain o Red Dead Redemption: di recente, vengo rapito dalla complessità della storia di Batman nei due titoli Arkham Asylum e Arkham City. Una sensazione simile l'avevo vissuta solo con lo Spiderman sviluppato da Activision: un videogioco fan-oriented in cui godere al massimo dell'epica e della storia del supereroe. Giocato e rigiocato sino al consumo.
Se con GTA V mi reimmergo nell'atmosfera di San Andreas (tuttavia, mia personale opinione, quel GTA era più bello), c'è un titolo che secondo me vale la pena di una decennale esperienza con questa console: The Last Of Us.
Il tema dell'apocalittico, visto in Resident Evil ma che non mi aveva catturato mai (anche se le apparizioni del Nemesis qualche tachicardia l'avevano causata), si mischia qui con quello che è un "giocone" per giocabilità, struttura e scenari. Avete presente il discorso sulla storia che ho fatto per MGS, la citazione di Kojima sul cinema? Lo snodarsi della storia qui colpisce, affascina, lascia a bocca aperta come nei migliori film. Logan...Ehm, scusate, Joel ed Ellie hanno una chimica che difficilmente credo sia possibile ricreare, ogni personaggio è un pezzo del puzzle, piccoli personaggi entrano nel dramma con straordinaria potenza. Quasi un peccato fermarsi a giocarlo, o morire, cosa che "rompe" la continuità di una storia dalla portata attrattiva spaventosa. Una tram che emoziona, che suggestiona con le ambientazioni, che fa commuovere nella parte finale, che disorienta. The Last Of Us è la capacità di stupirsi anche da grandi, dopo vent'anni di giochi, quando la passione sta scemando. Ormai non sei più un ragazzino di otto anni con i tuoi stupidi capricci: sei a casa, la sera, dopo una giornata di lavoro, a rilassarti. E c'è poco che possa stupire. Ma questo capolavoro riesce ancora a farlo: non è solo il gioco in sè a renderlo epico, è questa capacità di farti tornare a stupire. Come quando eri bambino. Ed ecco che, vicino alla tv con Joel ed Ellie compare le voce dei tuoi che ti chiamano per la cena, l'amico d'infanzia con cui giocavi, la stanzetta di casa tua. Sei invecchiato, ma in quel momento è tutto come prima perchè sei lì con qualcosa che riesce ad emozionarti, pur essendo "solo"un ammasso di bit e codici. "I videogiochi sono per immaturi" l'hai sentito tante volte e qualche volta l'hai anche pensato, ma quando ci giochi forse capisci cosa volesse dire George Bernard Shaw. E quanto avesse ragione.

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Niente, anche su steemit devi far riconoscere la tua natura Nerd. Bel post, Corra!

Una bella cronaca. Mi sa che sarai un gamer fino all'ultimo tuo respiro!

Diciamo che gioco e ho giocato tanto, poi tra giocare ed essere "gamer" (che per definizione è uno che ci passa i giorni con i videogiochi) c'è n'è un bel po'. :) Grazie per il complimento comunque!