Leggi con calma (parte prima - quinto capitolo)

in fantascienza •  5 years ago 

L'inizio del viaggio

“Per dire la verità non avevo ancora capito cosa stesse succedendo. Una piena comprensione la ebbi in seguito, quello che vidi in quel momento fu come una finestra su qualche altro posto, mi sarei aspettato di vedere l'autostrada al di là di quello che sembrava un banco di nebbia, ma oltre c'era qualcosa che non riuscivo a capire. Il mio ultimo pensiero, prima di precipitare dentro quel “coso” fu speriamo che non rispetti il principio della impenetrabilità dei corpi.

“In effetti non lo rispettava, era qualcosa che non avrei mai immaginato di poter incontrare nei miei più feroci sogni o voli pindarici.”

Un momento! Elena sospese la lettura per guardare l'orologio, erano quasi le sei e il cellulare aveva trillato avvertendo che quello di Oscar era tornato raggiungibile, provò immediatamente a chiamare per sentirsi rispondere dopo mezzo squillo dalla voce che conosceva bene:

«Uè! Scusami, avrei dovuto avvertirti di essere arrivato, comunque sono sotto l'ospedale, appena esco ti chiamo... promesso»

«okamoremioadopo» fu la risposta di Elena, che si mise il cuore in pace continuando a sorbire la sua tisana

Elena ancora non capiva cosa stesse succedendo:“chi” di preciso la stava chiamando? Quello che l'aveva chiamata e quello che aveva scritto la mail che stava leggendo erano la stessa persona? Come aveva fatto a tornare? Non le sembrava possibile che un ritardo di qualche minuto potesse stravolgere così l'esistenza di due persone...

In ogni caso la telefonata le aveva dato un po' di conforto, quindi fece partire il riscaldamento e si riaccocolò sul divano a leggere.

“Insomma, stavo viaggiando a bordo di un furgone arancione attraverso l'universo.
“Sì, hai letto bene, stavo viaggiando attraverso l'universo: non che al momento avessi capito cosa stesse succedendo, quello che vedevo lo associavo più che altro all'effetto di droghe acide, anche se, non avendone mai assunte, potevo solo immaginare come fosse la sensazione.
“Davanti a me avevo una specie di mappa stellare, un planetario direi, e il bello è che potevo guidare il furgone in qualsiasi direzione, anche in alto e in basso, ma non chiederti come facessi: lo capirai dopo, se vorrai accettare quel che leggerai, ovviamente.
“Avevo capito di essere finito in qualcosa di mai visto, probabilmente mi ero trovato in una specie di triangolo delle bermuda, ero stato preso e catapultato chissà dove da chissà cosa; fatto sta che feci appello alla mia razionalità e cercai di capire cosa, come e quando farlo.
“La prima cosa che mi dissi era che non c'era da prendersi in giro, in qualche modo avevo attraversato un confine invisibile che mi aveva proiettato, col furgone e tutto il suo contenuto, nel mezzo dell'universo.
“Sì, hai capito bene, viaggiavo su Gennarino come fosse un'astronave, e in quel momento il primo pensiero fu di controllare se ci fosse una asciugamano nel furgone (mai viaggiare nell'universo senza una asciugamano al seguito).
“Appurato di avere una asciugamano con me, controllai di avere il coltellino e l'accendino (le abitudini da boy scout non muoiono mai). A quel punto mi risistemai al posto di guida, e premetti l'acceleratore: le stelle si fecero sempre più vicine, e ad un certo punto diventarono delle strisce tutte intorno a me, provai a staccare il piede dall'acceleratore e Gennarino rallentò. Cazzo! era uguale al salvaschermo di Windows!
"Ero davvero euforico, mi trovavo nel bel mezzo dell'universo, a bordo di una astronave a forma di furgone e colorata di arancione; ma mi resi subito conto che, in qualche modo, avevo “lasciato indietro” gli affetti, tu, amore mio, per prima cosa, e poi mio fratello e mia madre. Capii che per quello non potevo farci nulla, quindi tanto valeva cercare di capire cosa potessi fare.”

Una lacrima rotolò dalla guancia di Elena, lei sarebbe impazzita all'istante se le fosse capitata una cosa del genere, ammirava la “mente malata” di Oscar che gli aveva permesso di crearsi quella fantasia e resistere.

D'altro canto Oscar non era nuovo a voli pindarici di quel genere, molte volte, quando si erano appena coricati e lei si sentiva scivolare dolcemente verso il meritato riposo sentiva il suo uomo (che si supponeva stesse addormentandosi pure lui) ridacchiare “sotto voce”. In quel momento esatto stava pensando a qualcosa di comico o di fantascientifico che non vedeva l'ora di raccontarle, e ridacchiava sotto i baffi per non svegliarla. Ovviamente Elena si svegliava regolarmente e chiedeva spiegazioni, dandogli la possibilità di partire con una delle sue storie strampalate in cui lei riusciva sempre a trovare un fondamento per quanto strano esso fosse.

Alla fin fine decise che, per quanto fuori da ogni canone conosciuto, a quella storia poteva darsi credibilità, soprattutto perché non aveva sufficienti elementi per confutare o confermare quel che leggeva.

Alla prima lacrima ne seguirono altre, Elena prese il fazzoletto, si soffiò il naso, si ricompose e riprese a leggere la mail, non sapeva quanto tempo avrebbe ancora avuto: la mail non si era cancellata da sola quando Oscar aveva superato l'“ora X” indenne e lei continuava a leggerla. Quella era un'altra cosa che Oscar avrebbe dovuto spiegarle al suo ritorno.

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