L'anno dei dodici inverni di Tullio Avoledo
Immagine della copertina
Finito di leggere 27/11/2023
Ho cercato per più di un mese in varie librerie questo libro perchè avevo letto la recensione di un amico ed essendo da pochissimo uscito in edizione economica mi era presa la curiosità di leggerlo.
Premetto che ho letto molti dei libri di Avoledo e che è un autore che ho sempre amato moltissimo, ma questa volta non sono riuscito ad apprezzare questo libro che ho trovato sicuramente scorrevole e ben scritto, ma con delle lacune piuttosto gravi.
Il problema principale sta nel fatto che l'argomento è un classico della fantascienza: i viaggi nel tempo.
Esistono vari approcci, varie scuole di pensiero, varie teorie, credo però che un autore debba decidere a quale di questi approcci aderire, Avoledo sembra essere indeciso su questo punto che, nel caso specifico, è assolutamente esiziale nella struttura del romanzo.
Su questo punto le incongruenze sono parecchie.
Quella fondamentale è dovuta al fatto che Avoledo sembra aderire alla scuola di pensiero che se si torna nel passato cambiandolo volontariamente o involontariamente, in questo caso volontariamente, si crea un universo parallelo che, da lì in poi, avrà una sua "storia" divergente da quello dal quale proviene il viaggiatore temporale che, però, potrà inevitabilmente ritornare solo al "suo" universo di origine.
L'anno dei dodici inverni aderisce a questa impostazione salvo poi, aggiungere un episodio che rientra nella casistica dei viaggiatori nel tempo che, se sono tornati nel passato cambiandolo, in realtà non hanno cambiato nulla perchè in quel passato ci erano effettivamente già stati.
In questo secondo caso però tutto il romanzo non avrebbe alcun senso perchè tutto ruota intorno al desiderio del protagonista di porre rimedio a un errore/ingiustizia e i suoi numerosi viaggi nel passato sono tutti finalizzati a cambiare gli avvenimenti.
Queste due visioni contrapposte dei viaggi nel tempo e del loro effetto sul continuum spazio-temporale sono totalmente incompatibili, ma Avoledo li piazza entrambi nello stesso romanzo.
La trama del romanzo si presenta con un'intrigante premessa centrata sul misterioso personaggio di Emanuele Libonati, il quale appare nella vita della famiglia Grandi con l'intento di scrivere un libro sui bambini nati il giorno di Natale. La sua presenza diventa sempre più significativa per la famiglia, sebbene rimanga un enigma, un amico che non può essere rintracciato. Tuttavia, la storia si sviluppa in modo discontinuo, dividendo il romanzo in tre parti distinte, caratterizzate da un'iniziale precisione e coinvolgimento seguito da una progressiva perdita di interesse e dettagli superficiali che inficiano la trama.
La prima sezione del libro risulta avvincente, offrendo un'accuratezza dettagliata e una trama coinvolgente che attira l'attenzione del lettore. Tuttavia, le altre due parti del romanzo, specialmente la seconda, mancano di fascino e presentano imprecisioni che contrastano con il livello di qualità iniziale. Nella seconda parte, si svela il motivo del viaggio nel tempo di Libonati: egli proviene dal futuro per proteggere Chiara da un destino infelice, basato su una relazione amorosa tra di loro nella sua linea temporale di provenienza. Tuttavia, la caratterizzazione di Chiara appare superficiale e poco approfondita, lasciando il personaggio privo di spessore oltre alla sua bellezza esteriore.
Il tentativo di creare una trama avvincente attraverso il viaggio nel tempo e l'intricata relazione tra Libonati e Chiara sembra essere compromesso da eventi confusi e poco convincenti. Nell'ultima parte del romanzo, l'autore tenta di risolvere i nodi legati ai viaggi temporali, ma finisce per complicare ulteriormente la trama, causando più confusione che chiarezza. Il ritorno di Libonati in una linea temporale che non gli appartiene crea una serie di incongruenze, che contribuiscono a rendere la conclusione del romanzo poco chiara e disordinata.
Tuttavia, tra i lati positivi, si apprezzano i riferimenti a autori americani come Thomas Pynchon e Philip K. Dick, anche se alcune scelte linguistiche potrebbero risultare strane o fuori luogo, come l'utilizzo di "Filippo Dick" invece di Philip Dick. Inoltre, i continui riferimenti musicali presenti nel romanzo aggiungono un'atmosfera sonora che accompagna la narrazione.
In sintesi, "L'anno dei dodici inverni" di Tullio Avoledo è un libro che prometteva molto ma che alla fine delude a causa della sua struttura narrativa frammentata e di un finale poco chiaro e incoerente.
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