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(ITA)
Giorno diciotto.
Cara mamma, come ogni periodico che si rispetti ti scrivo la mia lettera settimanale perché tu e papà non rimaniate in pensiero sulla mia sorte all’interno della prigione. Neanche questa settimana mi sono pervenute vostre lettere nel mucchio della posta a me indirizza in carcere, ma attendo fiducioso perché sono sicuro che il vostro gesto non è dettato dall’odio nei miei confronti, bensì dal dolore di dovermi scrivere invece che telefonare e dalla colpa che provate, e che vi sta martoriando, per quanto mi è accaduto; con le lettere che vi scrivo non intendo solo informarvi sulla mia salute all’interno di queste quattro mura, ma anche lenire le vostre pene, liberarvi dal macigno che vi opprime il cuore. Voglio che voi capiate che la colpa di questo disastroso epilogo non è vostro, me ne assumo la piena responsabilità; papà non ha mancato la possibilità di incolparmi quando sono finito qui dentro, ma nelle sue frasi avvertivo una nota di pentimento, del fatto che quanto mi fosse successo potesse essere in parte colpa sua. Voglio cercare di consolarvi, dicendovi quello che poi vi ribadirò una volta che mi sarò liberato da queste catene, che la colpa è mia ma che insieme festeggeremo la mia ritrovata libertà, e che non vi punisco perché non siete stati genitori modello quando vi ho confessato i miei sentimenti diretti verso un altro uomo, un amore del mio stesso sesso, perché lo shock per questa notizia è ben più che comprensibile; ma nonostante il vostro fare restio siete rimasti al mio fianco quando mi sono messo a nudo rivelando la mia inclinazione sessuale, e ancora una volta quando tutto il mio mondo è andato allo sfascio. Vi amo incondizionatamente, spero solo che i nostri rapporti non si incrinino e che possiamo ritornare ad essere quella felice famiglia che siamo stati per tanto tempo.
La mia vita qui dentro è migliorata. Non provo più il senso di solitudine e di smarrimento tipici del ritrovarsi in un luogo sconosciuto, non sento più l’angoscia dell’ignoto. Ho iniziato a fare amicizia con il mio compagno di cella, che mi sta insegnando ad orientarmi nel carcere e a tenermi alla larga da pericoli inutili. Il cibo qui dentro è sempre pietoso, ma mi sto ormai abituando. Il mio colon si è finalmente sbloccato, dopo un sacco di tempo; lo so che discutere del mio ciclo intestinale è assurdo, ma voglio che capiate che ora sto meglio rispetto alle precedenti settimane. Sto prendendo il ritmo in questo posto, presto o tardi mi troverò un impiego tra queste mura per accumulare un po’ di buona reputazione e di credito, non si sa mai che mi facciano uscire prima per buona condotta.
Mamma, devo dirtelo, le cose che mi mancano di più sono i nostri momenti quand’ero piccolo, quando mi stringevi tra le tue calde braccia prima che io mi addormentassi e mi leggevi una favola da quel vecchio e ormai sbrindellato libro, e mi cullavi appresso al tuo ventre cantandomi una ninna nanna che mi stendeva come un dardo soporifero. Papà, cosa mi manca più di noi due è quando mi hai fatto conoscere lo sport del basket, una passione che mi hai trasferito come fosse il passaggio del testimone dalla tua alla mia generazione; mi ricordo di non essermi mai divertito tanto come quando giocavo con te, e quando dopo averti scartato saltavo e tu, in recupero, mi afferravi con le tue possenti mani e mi alzavi in aria per schiacciare a canestro. Vi scrivo con le lacrime di commozione che mi rigano il viso per ringraziarvi di essere i miei genitori, per ringraziarvi di non avermi abbandonato nonostante io sia io, di essere al mio fianco ora e per sempre, perché anche se non ho vostre notizie sento il vostro amore dentro di me.
Vi scriverò ancora e ancora, settimana dopo settimana. VI auguro ogni bene.
Con affetto, DG.
(ENG)
Day eighteen.
Dear Mum, like any self-respecting periodical, I am writing you my weekly letter because you and Dad are not worried about my fate inside the prison. Not even this week have I received your letters in the pile of mail addressed to me in prison, but I look forward to it because I am sure that your gesture is not dictated by hatred towards me, but by the pain of having to write to me instead of calling and guilt that you feel, and that is tormenting you, for what has happened to me; with the letters I am writing to you, I do not only intend to inform you about my health within these four walls, but also to soothe your pains, to free you from the boulder that oppresses your heart. I want you to understand that the fault of this disastrous epilogue is not yours, I take full responsibility for it; Dad didn't miss the chance to blame me when I ended up in here, but in his sentences I felt a note of repentance, of the fact that what happened to me could be partly his fault. I want to try to console you by telling you what I will reiterate once I get rid of these chains, that the fault is mine but that together we will celebrate my newfound freedom, and that I do not punish you because you were not a model parent when I confessed to you my feelings for another man, a love of the same sex, because the shock of this news is more than understandable; but despite your loathing, you stayed by my side when I got naked revealing my sexual inclination, and once again when my whole world fell apart. I love you unconditionally, I just hope that our relationships do not break and that we can return to being that happy family that we have been for so long.
My life in here has improved. I no longer feel the sense of loneliness and bewilderment typical of finding myself in an unknown place, I no longer feel the anguish of the unknown. I started making friends with my cellmate, who is teaching me to orient myself in prison and to keep away from unnecessary dangers. The food in here is always pitiful, but I'm getting used to it now. My colon has finally unlocked after a long time; I know that discussing my intestinal cycle is absurd, but I want you to understand that I am now better than in the previous weeks. I am taking the rhythm in this place, sooner or later I will find a job within these walls to accumulate a bit of good reputation and credit, you never know that they will let me out first for good conduct.
Mom, I have to tell you, the things I miss most are our moments when I was little, when you held me in your warm arms before I fell asleep and read me a fairy tale from that old and now tattered book, and you cradled me next to your belly singing a lullaby that spread me like a sleeping dart. Dad, what I miss most of us is when you introduced me to the sport of basketball, a passion that you transferred to me as if it were the passage of the baton from yours to my generation; I remember never having fun as much as when I played with you, and when after discarding you I jumped and you, in recovery, grabbed me with your mighty hands and got up in the air to crush a basket. I am writing to you with the tears of emotion that streak my face to thank you for being my parents, to thank you for not abandoning me despite being me, for being by my side now and forever, because even if I don't have your news I feel the your love inside me.
I will write to you again and again, week after week. I wish you all the best.
With affection, DG.
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