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Solo pochi secondi hanno separato il finale di Atalanta-Juventus, vero e proprio spareggio per l'ultimo posto utile alla qualificazione in Champions League disputato ieri sera nell'impianto bergamasco, da un bis pressoché perfetto della medesima partita dello scorso campionato. Seppur senza la calorosa cornice del pubblico di casa, anche nella precedente edizione della Serie A infatti, le due formazioni avevano battagliato a lungo ad armi pari, con i bergamaschi abili e fortunati a spuntarla grazie ad un siluro di Malinovskyi.
Sono certo che, pochi istanti prima del goal di Danilo, che nei minuti di recupero ha reso giustizia alla buona prova dei bianconeri, evitando loro una sconfitta immeritata, molti dei giocatori di Max Allegri siano tornati ieri sera con la mente a quella partita, che di fatto consegnò all'Atalanta il lasciapassare definitivo per uno dei posti utili alla qualificazione in Champions League.
Ieri come allora infatti, è toccato ad un potente sinistro del centrocampista ucraino, che evidentemente quando vede bianconero centuplica le proprie forze alla maniera dei migliori eroi Marvel, rompere l'equilibrio di una gara che sembrava viaggiare su una linea sottilissima, se non addirittura leggermente sbilanciata in favore della squadra bianconera, tuttavia troppo imprecisa davanti, per meritare di ritrovarsi in vantaggio.
E così si può tranquillamente affermare che per la Vecchia Signora qualcosa è cambiato. Non tanto per il punticino conquistato in extremis, comunque utilissimo per tenere momentaneamente dietro la compagine di Gasperini, quanto per l'atteggiamento mostrato in campo. Se fino a poco tempo fa una contesa del genere si sarebbe verosimilmente trasformata in un calvario lungo novanta minuti, trascorsi interamente nel disperato tentativo di salvare la pelle e portare a casa un punto, ora la Juventus è stata capace di affrontarla con il chiaro obiettivo di vincere.
In passato sono stato uno dei critici più feroci di Massimiliano Allegri. Lo ritengo il maggior responsabile, ad esempio, dell'eliminazione sciagurata patita nella Champions League del 2019: con una strada verso la finale piuttosto spianata, nell'andata dei quarti di finale, in casa dell'Ajax, e poi nella gara di ritorno a Torino, Acciughina impostò entrambe le partite badando esclusivamente all'aspetto difensivo, venendo spazzato via dalla sfrontatezza e dal coraggio dei rivali.
La sua Juve prima versione (cioè nel quinquennio che va dal 2014 al 2019), ha dilapidato, anche per colpe della dirigenza sul mercato, un enorme vantaggio tecnico, finendo per trasformarsi da prepotente dominatrice del calcio italiano, in gattino impaurito contro ogni avversario. L'inizio di questa stagione non aveva fatto altro che proseguire una storia conclusa tristemente, ma contro ogni aspettativa il tecnico livornese è sembrato voler invertire la tendenza nelle ultime gare e assegnare finalmente un'anima più propositiva alla propria creatura.
Gli arrivi di Dusan Vlahovic e Denis Zakaria lo hanno convinto a schierare il tridente d'attacco in ogni gara (ad eccezione del primo tempo con il Sassuolo in Coppa Italia, non a caso la peggiore frazione delle ultime tre partite) e a comprendere finalmente che una squadra come la Juventus non può giocare di rimessa contro chiunque gli si pari innanzi, grande o piccolo che sia.
Far scendere in campo a Bergamo, in casa di una squadra come l'Atalanta, contemporaneamente Morata, Dybala e Vlahovic, ha mandato un duplice segnale, ai suoi e agli avversari: siamo venuti a giocare qui senza paura, consapevoli della nostra forza, con l'intenzione di vincere la partita. Scordatevi la passività vista all'andata o nelle precedenti versioni di Atalanta-Juventus e, cari rivali, cominciate a preoccuparvi anche della fase difensiva, oltre che di quella offensiva.
E il coraggio di Allegri, quello che i tifosi lo supplicavano da tempo di buttare sul campo, è stato alla fine premiato: non solo con il goal che ha rimesso in piedi la squadra, ma durante tutta la partita, per almeno tre quarti della sua durata in mano ai bianconeri. Se qualcuno a settembre avesse predetto che dopo qualche mese la Juventus sarebbe andata a giocare sul campo dell'Atalanta, conducendo per lunghi tratti le danze, in pochi ci avrebbero creduto.
Poi, naturalmente, in campo vanno i giocatori e il solo atteggiamento può non bastare come ingrediente unico per ottenere i tre punti. I problemi di "leggerezza" del centrocampo (specialmente se ci si ostina a mandare in campo i vari Arthur o Rabiot) sono rimasti, così come le disattenzioni difensive o le domeniche "a vuoto" di Szczesny, pessimo nell'occasione del goal, a differenza del collega Sportiello, decisivo in almeno un paio di occasioni.
Il punto raccolto a Bergamo e lo spostamento della vetta della classifica, ora occupata dal Milan nove lunghezze più avanti, hanno ribadito ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, che per quest'anno è inutile cullare sogni di gloria superiori a quelli di un quarto posto. Tuttavia questo scorcio di stagione, nel quale impostare le basi di una nuova mentalità, deve tornare utile per un prossimo futuro, quando la corsa ripartirà da zero.
E poi c'è ancora la Champions League, dove la fortuna ha un ruolo predominante, al pari delle abilità tecniche delle singole squadre. Giocando come prima, dal Chelsea della situazione si finisce per prenderne quattro, adesso chissà...
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