L'Illusione delle Scelte

in hive-184714 •  2 months ago  (edited)

L'uomo è solo di fronte al mondo, condannato a dare senso a ciò che senso non ha .

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Il bagliore bluastro dello schermo illuminava il volto stanco di Ramon, gettando ombre profonde sulle rughe che gli solcavano la fronte. A quarantacinque anni, sedeva immobile davanti al computer, le dita sospese sulla tastiera come in attesa di un comando che non arrivava mai. Il codice sullo schermo, una volta fonte di creatività e possibilità infinite, ora gli appariva come una prigione di logica e sintassi.

L'appartamento intorno a lui odorava di muffa e di tempo sprecato. Libri ingialliti di filosofia si ammucchiavano accanto a vinili impolverati, testimoni silenziosi di passioni abbandonate. Fuori, la città pulsava al ritmo frenetico della notte, indifferente al suo isolamento.

Ramon si alzò lentamente, le articolazioni che protestavano per le troppe ore di immobilità. Si avvicinò alla finestra, osservando il suo riflesso sbiadito nel vetro. Chi era diventato? Un guscio vuoto, un simulacro di uomo che produceva codice senz'anima per corporation senza volto.

Il ricordo delle notti passate a mixare, a creare musica che faceva vibrare l'anima, gli provocò una fitta di nostalgia così acuta da fargli male fisicamente. Non si trattava meramente di nostalgia musicale, ma del desiderio di un'esistenza appassionata, di un tempo in cui si nutriva la speranza di trasformare il mondo attraverso le proprie idee e la propria arte.

Afferrò un vecchio libro dalla pila: L'essere e il nulla di Sartre. Lo aprì a caso, le pagine che si separavano con riluttanza. "L'uomo è condannato ad essere libero," lesse. Una risata amara gli sfuggì dalle labbra. Libero? Si sentiva tutto tranne che libero.

Tornò a sedersi, lo sguardo perso tra le parole di Sartre e i ricordi di ciò che una volta era. Il mixer nell'angolo della stanza, un tempo così centrale nella sua vita, sembrava ora solo un pezzo di arredamento dimenticato, coperto da uno strato sottile di polvere. Ramon non lo accendeva da anni. Una parte di lui sapeva che non era lo strumento in sé a essersi spento, ma lui.

"Condannato a essere libero," mormorò ancora, le parole di Sartre come un eco nelle profondità della sua mente. Che senso aveva quella libertà, adesso? Aveva scelto di mettere da parte la sua arte, la sua musica, per inseguire la sicurezza e la stabilità. Eppure, seduto lì, si rendeva conto che nessuna delle sue scelte lo aveva reso più felice. Aveva sempre creduto che la libertà significasse possibilità infinite, ma ora la percepiva come un fardello insostenibile.

Era libero, sì, ma in un modo che lo paralizzava. Ogni giorno si svegliava e affrontava un mondo di scelte, di strade che poteva intraprendere, e ogni volta sceglieva di non fare nulla. Di rimanere immobile. Di seguire la stessa routine. Ogni decisione mancata sembrava aggiungere peso al senso di vuoto che lo divorava.

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Si alzò, camminando a passi lenti fino al mixer. Lo osservò come si guarda una vecchia fotografia: con una certa distanza emotiva, un misto di affetto e rimpianto. Aveva passato anni a creare suoni che rispecchiavano le sue emozioni, a plasmare le frequenze come un pittore che modella i colori sulla tela. La musica era stata il suo modo di dare un senso all'esistenza. Ora non restava che silenzio.

Ma perché? Cosa lo aveva bloccato? Forse la paura di fallire, o di non essere abbastanza. Forse il terrore sottile che tutto ciò che aveva creato non avesse mai avuto veramente valore. Ramon pensò alle parole di Sartre: la libertà porta con sé la responsabilità totale. Non c'era scampo. Ogni fallimento, ogni decisione presa o evitata, era sulle sue spalle.

Era troppo da sopportare. La libertà, così celebrata nei suoi anni più giovani, sembrava ora una condanna. Se tutto dipendeva da lui, allora era colpevole per tutto: per la sua inazione, per i sogni infranti, per la passione che aveva lasciato morire lentamente. E se avesse scelto diversamente? Se avesse continuato con la musica, avrebbe davvero trovato una via d’uscita dal labirinto dell'esistenza? O era tutto solo un'altra illusione, un tentativo di sfuggire a quella verità fondamentale che l'uomo è solo di fronte al mondo, condannato a dare senso a ciò che senso non ha?

Si sedette di nuovo, ma questa volta il peso delle sue riflessioni era quasi insostenibile. Sentiva la città pulsare fuori dalla finestra, un ritmo lontano che non riusciva a toccarlo. Gli sembrava che la vita scorresse accanto a lui senza che lui ne facesse veramente parte. Gli altri, là fuori, sembravano andare avanti, vivere, ma forse anche loro erano intrappolati nella stessa illusione: che le loro scelte avessero un significato, che le loro vite fossero dirette da una qualche logica superiore. Non esisteva alcuna logica, soltanto il caos e l'impellente bisogno di creare racconti che potessero rendere quel caos tollerabile..

Si chiese se, alla fine, tutto non fosse solo un enorme errore di interpretazione. Se la vita, con tutte le sue complessità e angosce, non fosse altro che una grande beffa. Ramon sospirò profondamente, sentendo l'eco del suo respiro nella stanza vuota. La libertà è un peso, e l'uomo, in fondo, è solo uno schiavo della propria condanna.

E forse, pensò mentre le luci della città si riflettevano debolmente sul vetro della finestra, era proprio questa la sua verità più profonda: non avrebbe mai potuto sfuggire a se stesso. Non c'era nessun senso nascosto, nessuna redenzione. Solo l'incessante necessità di scegliere, di esistere, di continuare.

Grazie dell'attenzione ! Un beso♥

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¡Qué cuento más interesante! Me gustó mucho tu estilo de narrativa (imagino que sos de un país hispanohablante, pues tu personaje se llama Ramón). Y sí, esa supuesta libertad es una ilusión...todos nacemos esclavos del pecado original y solo Jesús Cristo nos puede salvar, si creemos en Él. Esta esclavitud del ser humano significa también renunciar a carreras que no nos pagan lo suficiente para mantener nuestros hogares (¿en un mundo dominado por el pecado, qué más esperar?) y elegir algo muy aburrido en su lugar. Entiendo perfectamente. Ningún músico adoraría ser empleado bancario. Ningún pintor adoraría ser soldador u obrero de la construcción. Sin embargo, en este mundo es esto lo que hay...felicitaciones./Che storia davvero interessante! Mi è piaciuto molto il tuo stile narrativo (immagino che sei di un paese ispanico, dato che il tuo personaggio si chiama Ramón). E sì, questa presunta libertà è un'illusione... siamo tutti nati schiavi del peccato originale e solo Gesù Cristo può salvarci, se crediamo in Lui. Questa schiavitù dell'essere umano significa anche rinunciare a carriere che non ci pagano abbastanza per mantenere le nostre famiglie (in un mondo dominato dal peccato, cos'altro aspettarsi?) e scegliere invece qualcosa di noioso oltre misura. Capisco perfettamente. Nessun musicista vorrebbe fare l'impiegato di banca. Nessun pittore vorrebbe fare il saldatore o l'operaio edile. Tuttavia, in questo mondo questo è quanto...complimenti.

Gracias por tus bonitas palabras 😊. Ramón es un nombre cualquiera y yo soy italiano 🇮🇹.

Ah, ecco, però ti esprimi in ottimo spagnolo. Sei bilingue oppure un insegnante della materia come me?

🤗Diciamo meno male che ci sono i traduttori !😋

Il traduttore qui, contrariamente all'abitudine (a meno di non essere reverso o mymemory), ha fatto un buon lavoro😂

effettivamente era copilot usato come traduttore . Il prompt era una cosa del tipo : "come direbbe uno spagnolo per dire ..."

Mi sembra di averlo già sentito nominare, copilot, ma non lo conosco...

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