"Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita," diceva Confucio. Questo bell'aforisma potrebbe essere applicato al modo della scrittura.
Quando si scrive o più in generale si vive conviene farlo in funzione di quello che reputi possa piacere agli altri o al contrario in funzione di quello che a te piace? La tematica risulta piuttosto complicata, quando sei davanti ad un foglio ed hai completato un lavoro, è inevitabile chiedersi "potrà piacere?" Inoltre è anche normale sentirsi appagati dal fatto che il nostro lavoro è stato apprezzato.
Siamo sicuri che quello che dovremmo domandarci sia se verrà apprezzato o meno? Forse dovremmo chiederci se il nostro lavoro sia frutto di un nostro pensiero originale e non influenzato da niente se non da te e da quello che volevi comunicare.
Scrivere per piacere risulta in molti casi perdente, perchè non potrai mai dare il cento per cento di stesso, non sei te che scrivi ma è la società che nella tua mente ti detta quello che si vorrebbe sentire dire.
Non mi sono mai schierato nelle eterne lotte tra mainstream e underground perché in fondo sono la stessa faccia della medaglia, alla fine è una perdita di tempo battagliare per questioni di gusti personali, non potrai mai piacere a tutti.
Le verità assolute sono molto comode perché sono un appiglio per dire " questo è per forza vero " e da li potere avere delle basi per costruire un qualcosa in maggiore sicurezza, è una cosa molto comune nell'essere umano avere bisogno di credere in qualcosa. Il problema è che con buona probabilità di assolutamente vero non c'è nulla. Pensare che non esistano verità può spaventare, può sconvolgere il fatto che "tutto ha un senso nella testa si chi lo pensa". Perciò non rimane che prendere le varie verità e vederle incrociarsi come se fossero un miliardo di rette che si incontrano in unico punto, quel punto di mezzo dove non è facile rimanere in equilibrio però sarebbe opportuno almeno provarci, invece che chiudersi nel proprio castello di verità assolute.
È uno spaccato di società molto estremo il nostro, c'è molta foga nel volersi schierare a tuti costi da qualche parte, c'è una certa esigenza, sempre più conclamata, di identificarsi in un ideologia, in un pensiero in qualsiasi cosa ci dia un senso di appartenenza.
Speso nella scrittura, e non solo in quest'ultima, c'è forte bisogno di appartenere per forza ad una determinata categoria ed in alcuni casi per motivi puramente commerciali ma anche per motivi di identità personale, è sempre più complesso rimanerne al di fuori e fare ragionare cuore e cervello.
Perciò credo che non bisogna farsi influenzare dalla battaglia e dalla vergogna di appartenere ad una categoria, di avere un ruolo, ma solo scrivere e vivere in funzione di quello che si ha dentro. Non preoccupatevi di essere strani o banali, non attaccatevi un'etichetta sulla fronte solo per sentirvi più sicuri, 'unica cosa che conta è esprimere con convinzione ciò in cui si crede.
Non esistono ricette per scrivere, esistete solo voi e ciò che volete scrivere, certo in molti casi c'è un pubblico di riferimento, non siate mai voi a scegliere il pubblico lasciate che sia il pubblico a scegliere voi.
Non giudicate mai il pubblico, poco importa se non vi hanno capiti o se non condividono ciò che avete scritto, tu hai detto quello che volevi, lo hai espresso in maniera chiara e fondata, questo è tutto ciò che conta.
A vostro avviso se uno scrittore professionista ragionasse così morirebbe di fame?
Secondo me se si concentra veramente su quello che piace a lui senza l'angoscia del giudizio, avrebbe buone possibilità di farcela al di là del tema trattato, probabilmente non sarà seguito come se fosse mainstream, non ho certezze sul fattore economico ma una cosa è sicura: la soddisfazione sarebbe immensa.
Sono assolutamente d'accordo con te, inoltre tutto ciò che proviene dal nostro Io più profondo è sicuramente più emozionante e più appagante. I migliori scrittori si basano proprio sulle proprie emozioni, buttando giù parole che vanno a toccare quella fetta di pubblico che riesce a sintonizzarsi sulla stessa linea d'onda.
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Esattamente hai centrato il punto, è tutto un discorso di frequenza non esistono frequenze giuste o sbagliate, solo stazioni radio che captano la tua frequenza e altre no. Sforzarsi di essere una radio che non sei alla lunga non appaga ne te ne i tuoi potenziali lettori.
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In generale credo che quando si fa arte è sempre un compromesso e una relazione tra artista e pubblico. Altrimenti non ci si preoccuperebbe di pubblicare.
Per esperienza (più che altro musicale) dico che la distinzione tra mainstream e underground non esiste, l'unica differenza è la quantità di pubblico potenziale, ma il meccanismo è lo stesso. Anche gli artisti underground si preoccupano di cosa penserà il pubblico.
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Vero nemmeno io trovo una sostanziale differenza di pensiero tra mainstream e underground, alla fine l'uomo è lo stesso dovunque lo collochi.
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