Airspace e la nostra vita sbiaditasteemCreated with Sketch.

in ita •  7 years ago  (edited)

Palme che si stagliano contro cieli di un blu terso, avocado toast decorati con semi di quinoa, gambe stese su letti candidi, dettagli di salotti bianchi e grigi, caffè bevuti in locali accoglienti: questa è la nostra vita in Airspace.

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Ho trovato questo termine leggendo un interessante trattato della giornalista Kyle Chayka, che racconta come le piattaforme social, in particolare Airbnb, abbiamo modificato radicalmente il nostro modo di vedere il mondo.
Postosi come alternativa “local” e più vera degli hotel, Airbnb ha creato un nuovo modo di vivere l’esperienza turistica, facendo sentire la persona accolta come a casa propria, ovunque sia nel mondo. Con le sue case caratteristiche, dal design scandinavo e dai cactus ben allineati sulle mensole, chiunque può provare per un breve periodo la possibilità di vivere una vita molto somigliante, ma migliore della propria, e può provare a replicarla alla perfezione all’interno della propria quotidianità. Siamo sempre più spinti ad apprezzare ciò che tutti ci consigliano su Airbnb, Foursquare, TripAdvisor.

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E allora non solo le nostre case si trasformano in pareti instagrammabili ricche di quadri illustrati e di felci nell’angolo giusto, ma anche i caffè diventano luoghi dove prosperano le edison bulbs e i matcha tea gli stessi negozi si stanno trasformando per rendere lo shopping un’esperienza rilassante in cui sentirsi a casa: & Other Stories (nota catena di abbigliamento) ha concretizzato alla perfezione l’estetica hipster, con vasetti in vetro ed edere tra gli espositori.

Ci troviamo quindi a vivere un paradosso per cui possiamo viaggiare il mondo, senza mai uscire da AirSpace: un bar di Londra avrà gli stessi tavoli di legno di quel piccolo locale in cui sei stato ad Amsterdam, e le stesse tazze di cartone riciclato da asporto che ha un coffee shop a San Francisco. Così come la casa in cui sei stato a Parigi sarà simile a quella in cui andrai a Singapore, a Berlino, a Roma e a Lisbona.

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E sarà sicuramente molto simile a quelle in cui sono stati tutti i nostri amici. Non pensiamo più a cosa ci piace veramente, non cerchiamo l’autenticità ma ricerchiamo ciò che può piacere alla nostra filter bubble, che diventa sempre più ampia e omogenea.

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Ultimamente è diventato viral il video Instravel, dove vengono raccolte tutte le foto trovate su Instagram, che raccontano tutte la stessa, identica, esperienza, vissuta da milioni di persone. Immaginate di applicarlo alla vita quotidiana, e l'effetto sarà simile. Per non dire uguale.

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Abbiamo assimilato veramente così tanto la gentrificazione al punto di annichilire il nostro gusto personale in virtù di qualche manciata di like? Quando postiamo per la diciassettesima volta le nostre gambe affusolate sul lenzuolo bianco, con la nuova crema viso appena comprata e un giornale di classe, a chi stiamo pensando? A noi o a un’estetica che non sappiamo bene se ci corrisponda o meno?

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Dove sta quindi, la bellezza dell’errore? Perché scartiamo una casa dalle coperte patchwork per un loft con soppalco?
Le nostre vite si stanno sbiadendo su uno standard appiattito che sa di termini sofisticati come “hygge”, “scandinavian miminalism” e “decluttering”: noi ce ne appropriamo per farne pane quotidiano, anche se forse, in fondo, non sappiamo nemmeno se ce ne importa e perché.

(tutte le foto sono state trovate su Instagram)

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Lo trovo un articolo molto interessante! Soprattutto perchè tocca il tasto dolente dell'omogeneità sociale che è propria di questo secolo. Ormai tutti tendono a non avere più pensieri propri, ma a pensare come la massa. I pensieri si trasformano in esperienze tutte uguali che sono vantaggiose per coloro che vendono, ma non per le persone stesse, che diventano una gocciolina in un mare di goccioline identiche. Ogni persona dovrebbe avere una storia diversa e particolare che dovrebbe ispirare gli altri a fare di meglio no semplicemente a copiare.

verissimo, la cosa più strana è che apparentemente nessuno si pone il problema, o meglio, non ci pensa proprio. viviamo tutti una stessa vita fatta di stessi oggetti, dettagli e immagini, ma nesusno sembra prestarci attenzione.