La parola giornale in Italia, mi piace ricordarlo, sarebbe servita nel primo secolo a.c all'astronomo Ipparco per dare nome ad un diario in cui lui annotava quotidianamente osservazioni sui corpi celesti per poi trasformarlo in contenuto facendolo diventare giornale di spese quotidiane. Ma occorre mettere in evidenza che di un bollettino del genere che fissasse tutti gli acta diurna, in Grecia non si è sentito il bisogno e penso perché la vita che è sempre interessata ai greci è quella del loro stato. E qui si è rimasti alla polis, che fu limitata in quanto città stato e non stato territoriale e di gran lunga limitata anche di fronte a Roma le cui dimensioni aumentavano sempre di più.
È evidente che fosse più spiccio in Grecia far uso di un giornale parlato. Però c'è da dire che il giornale parlato prevale dappertutto e anche per lunghi periodi che parla dei fatti locali anche dopo l'invenzione della stampa. Se andiamo a guardare le gazzette del diciottesimo secolo, si può notare come ben poco in esse si legge sugli avvenimenti locali, invece bisognerà arrivare al diciannovesimo secolo per scorgere sulle gazzette che il commento su un fatto avvenuto in città non viene riferito come cronaca. Ciò fa supporre che il gazzettiere sapeva che l'accaduto era noto, riferito oralmente, ma per lui era inutile ripeterlo in specie se la composizione tipografica era lunga e non facile, ma sempre meno lunga della trascrizione per un certo numero di copie come al tempo dei giornali manoscritti.