Non è un caso che il suo nome trovi citazione in molti scrittori contemporanei. Mi vengono alla mente David Foster Wallace, oppure Umberto Eco (le cui opere hanno tratto qualche idea dal mondo Borghesiano. Forse l'insieme di questi testi dello scrittore argentino ci potrebbero rammentare qualche cosa: "La rosa profonda", La biblioteca di Babele", "il deserto e il labirinto" e "il libro di sabbia").
Il motivo per cui, molto semplicemente, mi è venuto alla mente Borges, tanto da andare a riprende la racconta dei suoi libri e tornare a rileggerli, mentre in questi giorni osservo Steemit, lo dirò fra poco.
Vorrei prima passare da un’osservazione che rimane, come dire, in qualche modo obliqua al percorso filologico di questo post. Sono sempre stato convinto e non credo che cambierò idea al riguardo, che quanto sosteneva Warhol sull’arte fosse puntualmente corretto: fare denaro è un'arte e, recto verso, fare arte significa trarne profitto. L'idea la trovo altrettanto arbitraria ed effimera (lo è se si seguono i dettami di Lavoisier), quanto tuttavia meno sospetta del sostenere che l'arte è fine a se stessa. È una mia personale opinione. E trovo, in questo, che nell'era di Internet, sempre di più, la rete sia rappresentazione di uno strumento artistico. Così come ai tempi di Warhol lo erano i McDonald's. L’altro aforisma al quale non possiamo più non appartenere è che ognuno ha la possibilità di avere i suoi “15 minuti di notorietà” sia nella visione dello stesso Warhol che del filosofo americano David Weinberger (che la attribuì al mondo dei blog).
Trovo quindi comprensibile l'apprensione che generano alcuni problemi tecnici presenti sulla nostra piattaforma, e il timore di minori monetizzazione per quello che scriviamo. Pur consapevole che, quantomeno la mia di produzione, sia ben lontana da una qualsivoglia forma di arte, comunque la condivido.
Tuttavia proprio in questi giorni, nel rileggere Borges ho di nuovo incontrato alcuni elementi distintivi della sua poetica che ho trovato, nonostante i principi di cui sopra, inattesi.
Mentre ripassavo le sue poesie, ho pensato che fosse anacronistico il fatto che lui definisse, anche in tarda età e in piena consapevolezza del risultato del suo lavoro… che definisse, dicevo, le suo opere degli esercizi letterari. Mai niente di più di questo. Mai delle opere compiute. Poteva essere falsa modestia la sua, oppure un semplice vezzo, o l'insinuazione del dubbio, che comunque caratterizzava tutte le sue pagine. Non lo so. Quello che volete. Lui però li definiva dei semplici esercizi. Anche i Saggi Danteschi, quelli che, ancora oggi, vengono letti da Benigni nella descrizione della Divina Commedia. Anche quelli erano degli esercizi di scrittura, che nel tempo, anche dopo la pubblicazione, non risparmiava dalle sue correzioni.
Continuo a sfogliare le pagine che si susseguono e capisco che, nelle sue teorizzazioni sul "dubbio" che, mai in nessun altro, rappresentano dei veri e propri postulati, una incertezza invece lui l’aveva dissipato.
Forse l'unica che ho scoperto fra tutti i suoi volumi.
Per Borges esisteva una sola forma estetica e artistica, e lui la riconosceva, come tale, nell'attitudine alla lettura.
Principalmente delle opere altrui, nei più svariati generi (che tra l'altro, per buona parte dei suoi anni, si è fatto leggere da amici o dalle segretarie, in quanto la sua vista, fin dall'età giovanile e progressivamente, degradò fino alla cecità).
Il profumo del caffè permea ancora la cucina, ma nella tazzina ne rimane solo il fondo, e da buon conoscitore delle pratiche di caffeomanzia leggo il primo auspicio dell’immediato futuro: è ora di entrare al lavoro.
molto interessante... guarda caso io sono un grande ammiratore di Borges :D un pò meno, molto meno, del pop
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Da quando ho scoperto Borges, e oramai è passato qualche anno 😭, ho avuto difficoltà a leggere altri scrittori (almeno per intero). Molto più spesso ho riletto Borges.
Riconosco però che alcune rappresentazioni di questa realtà, che si muove e muta in maniera sempre più veloce, necessariamente devono trovare voce in nuovi artifizi linguistici. E diversi autori americani, o anche europei (e ne dimentico di altri paesi: anche alcuni esponenti russi) attraverso l'ossessività dei soggetti e dei loro dialoghi, o più spesso delle loro azioni. Il taglia e incolla di generi diversi...
In qualche maniera hanno evocato uno squarcio del mondo circostante. Ognuno con i suoi colori.
Ripeto, per miei difetti, non sempre riesco a leggerli fino in fondo.
😀Grazie mille per il commento
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