Un figlio ti cambia la vita.
Quante volte avete sentito questa affermazione? Io tante, e devo dire che, da papà di un bimbo di quasi 7 mesi, non posso fare altro che confermare.
Non si tratta del solo impegno materiale, del poco tempo che magari si ha a disposizione, e di provvedere a tutto ciò che è necessario per una creatura che dipende solo ed esclusivamente da voi.
C’è anche un aspetto mentale e psicologico che necessita di molte energie.
Imparare a conoscere il proprio bambino e a farsi conoscere da lui, nei primi mesi della vostra vita insieme, è la base della costruzione di un solido rapporto.
Ma non è tutto.
L’aspetto, probabilmente, più importante dal punto di vista dell’impegno, il classico banco di prova per tutti i genitori, è un altro: quello dell’educazione dei propri figli.
Oggi vorrei mettere a confronto due modelli educativi diametralmente opposti e aprire una discussione su quello che vi sembra più adeguato ed efficace. Vi dirò apertamente qual è il mio punto di vista, cercando di argomentare con la massima precisione possibile, ma tutte le idee sono accolte. So che è un dibattito che difficilmente troverà una soluzione, ma vista l'importanza dell'argomento, secondo me vale la pena di parlarne.
UNO SCHIAFFO NON HA MAI FATTO MALE A NESSUNO
"Mazz' e panell'
fann 'e figl' bell.
Panell senza mazz'
fann 'e figl' pazz'."
Le generazioni dei nostri nonni e quelle dei nostri genitori (per chi ha superato i 30 come me) hanno quasi sempre basato il loro modello educativo sul concetto dell’autorità e, in qualche modo, della superiorità dei genitori nei confronti dei figli. Ancora oggi c'è chi sostiene che il modo migliore per impostare un rapporto con il proprio figlio e renderlo una persona migliore possibile, sia assumere una sorta di distacco e di severità come metodo di insegnamento, fin dai primi mesi di vita.
In base a questo principio, sono i bambini che si adattano agli adulti e non viceversa: i piccoli devono essere modellati a seconda di quelle che sono le esigenze dei genitori, onde evitare di venir su viziati.
Un altro dei principi di questo modello è insegnare quanto prima ai propri figli ad essere autonomi, pena la dipendenza eterna da determinate abitudini. Dormire nel lettone di mamma e papà o stare in braccio per parecchie ore, per esempio, sono considerate prassi da evitare assolutamente.
Si vanno a far estinguere i comportamenti indesiderati, come il pianto o i capricci, con l'ignorare totalmente le richieste fatte in queste modalità o mettendo in atto delle punizioni. Punizioni che possono passare dallo sgridare, alla sottrazione dell'oggetto desiderato, o allo schiaffetto (e si spera sempre non vadano oltre).
Di contro, si offrono ricompense e gratificazioni, solo nel momento in cui il bambino mette in atto comportamenti giudicati positivi dai genitori. Quindi si attua una ricompensa non meramente affettiva, ma meritocratica.
L'obiettivo di chi assume questo tipo di metodo educativo è quello di creare un individuo disciplinato e con uno spiccato senso della responsabilità, che non vada a sopraffare le figure genitoriali e che rispetti le gerarchie, una volta che sarà inserito in società.
DISCIPLINA DOLCE
"Amarli senza se e senza ma"
Mentre per descrivere la disciplina severa, ho utilizzato il celebre detto del bastone e della carota, ma nella sua versione dialettale e più folkloristica di noi campani, per inquadrare questo diverso tipo di approccio, vi riporto il titolo di un libro di Alfie Kohn, un autore e docente di scienze sociali americano.
Come lui, molti altri studiosi nell'area dell'educazione e della psicopedagogia, teorizzano un approccio soft verso i bambini, già dai primissimi giorni di vita. Parlano dei benefici che il cosiddetto 'alto contatto' porta sia ai genitori che a i figli.
I bisogni del bambino sono sempre la priorità assoluta. L'attaccamento alla mamma nei primi mesi di vita è visto come essenziale per la corretta crescita e il regolare sviluppo di una personalità sicura e consapevole.
Visto che il bambino dipende per natura dai suoi genitori, il modo che hanno questi ultimi di rapportarsi a lui è fondamentale per evitare che si sviluppino delle tendenze caratteriali negative.
Se il bambino piange, non vuol dire che stia facendo un capriccio. Secondo la teoria della disciplina dolce, lo fa perché ha un'esigenza e la evidenzia nell'unico modo possibile. Se lo lasciamo piangere, ad un certo punto smetterà, ma non perchè avrà imparato, bensì per una naturale rassegnazione, che creerà in lui insicurezza e tendenza al distacco emotivo.
Assolutamente vietato ogni tipo di violenza, quindi, sia fisica che psicologica. Il bambino andrebbe a mutuare un modello di comportamento aggressivo, mortificante e che potrebbe generare difficoltà nella gestione della frustrazione e della rabbia.
Inoltre, quando l'obbedire è basato sulla paura, queste frustrazioni si riversano proprio sui genitori.
In definitiva, vi dico la mia.
So che non è semplice, ma noi con nostro figlio stiamo cercando di applicare questo secondo tipo di educazione, soprattutto per quanto riguarda l'attaccamento.
Perché vogliamo tirare su un individuo dalla personalità positiva, che abbia sicurezza in sé stesso e serenità. Che non si senta mai solo e che capisca di essere amato.
Questo percorso ci sta facendo crescere, ci sta rendendo delle persone migliori e, anche se richiede moltissimo impegno, ci rende felici.
Ci godiamo nostro figlio e gli diamo il meglio di ciò che possiamo.
E voi cosa ne pensate? Secondo voi sbagliamo?
Ditemi la vostra, nessuna preclusione. Sono davvero accettati tutti i pareri e i modi di pensare.
Intanto, vi mando un grande abbraccio e...alla prossima!
GM
Diciamo che, in realtà, prima di arrivare a porsi veramente l’alternativa di cui parli passa un bel po’ di tempo. Finché sono molto piccoli l’approccio dolce mi pare insostituibile e i “vizi” non sono certo una coccola o un abbraccio in più. È col passare del tempo che il gioco si fa più duro, diciamo con l’età scolare: viviamo in un mondo in cui non esistono più regole condivise e i genitori si trovano a dover tener fede ai propri eventuali principi educativi in una condizione di quasi totale isolamento. Televisione? Videogiochi? Vestitini trendy? Pigiama party? A cena fuori? Rientro alle 22? Alle 23? Alle 24? All’1...?! Gli altri si regolano come noi non vorremmo ma alla fine ci sembra di essere travolti.
Quello che so per certo è che, qualunque cosa decidi, non puoi confondere i piani, fingere di esssre un amico di tuo figlio. Perché lui ha bisogno di contenimento, di certezze che lo rassicurino, deve sentire che tu sai dove si sta andando e tieni il timone.
Buon viaggio, il più straordinario dei viaggi 😉
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Ciao @pataxis! È esatto ciò che dici, il vero metodo educativo si applica più avanti. Quella che definirei la novità di queste teorie, però, è che si può pensare di applicare un diverso approccio fin dall’inizio. Allattare a termine un bambino o non allattarlo per molto tempo, fa differenza? Farlo dormire con noi o metterlo nella sua culla anche se piange, fin quando non si rassegna è una scelta che può cambiare il suo carattere? Per questi psicologi sì. Allo stato attuale, sono più queste le cose su cui ci stiamo dirigendo con un atteggiamento di alto contatto. È chiaro che poi un bambino, soprattutto nei primi anni di vita, deve essere educato, i comportamenti sbagliati vanno corretti e non rinforzati, con autorevolezza però, non con autorità. Su questo aspetto, sono assolutamente d’accordo con te. Grazie mille per aver letto il post!
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Grazie a te dello spunto di riflessione. Ho scritto qualche giorno fa un post sull’allattamento in cui ritroverai qualcosa di analogo. Un bacio al piccolo alieno 😘
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Grazie a te per il bellissimo commento, giustamente premiato da @claudiop63. Andrò a leggere quanto prima il tuo post 😉
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Vi auguro ogni bene come neo genitori. Metodo dei nonni o metodo di Kohn alla fine i vostri caratteri individuali di mamma e di papà traspariranno ugualmente come pure i vostri bagagli emotivi.
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Grazie @john-gpr, sono d’accordo con te sul fatto che ogni genitore trasmette ciò che ha dentro al proprio figlio. Però in alcune situazioni, vanno fatte delle scelte e non è sempre facile capire se sono quelle giuste, perché si punta sempre a fare il massimo. 😉
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Difficile dare una risposta definitiva, in quanto il rapporto genitore-figlio si evolve nel tempo.
Noi nei due anni di vita di nostra figlia Eva, abbiamo cercato di attuare quanto più possibile il secondo approccio, ma ti posso assicurare che non è semplice mantenere sempre una linea precisa di comportamento.
Spesso si sottovaluta l'aspetto caratteriale dei bambini, che non è sempre uguale e non è sicuramente l'unica conseguenza dell'educazione dei genitori.
Dopo l'anno di vita, questo aspetto caratteriale diventa preponderante ed è allora che si capiscono molte cose..
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Ti capisco perfettamente, infatti se i bambini sono già tranquilli di carattere, sarà sicuramente più semplice attuare un metodo educativo più affettuoso. Diversamente, bisogna armarsi di santa pazienza...
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