Questo racconto è tratto da una storia vera, ho cercato di riportare anche i dialoghi nel modo più fedele possibile. Ripenso ancora a Donna Righetti e mi domando dove sia, in queste giornate d'inverno, a rabbrividire di un freddo da cui non ci si può scaldare.
Dagli all’untore, la persecuzione di Donna Righetti
“Dovete aiutarmiiiiii!” Ore 9.05, la prima telefonata del mattino. “Signora stia tranquilla, mi dica di cos…”
“Insomma, lei non capisce, bisogna sbrigarsi, è un caso grave, urgente”. Cominciamo bene penso tra me e me.
“Signora sono qui per aiutarla, mi spieghi meglio di cosa ha bisogno…” tut tut tut. Ha riattaccato.
Resto perplessa, la donna che ha telefonato sembrava decisamente agitata, ha urlato alla cornetta senza permettermi di capire che cosa volesse, parlava di un caso grave ed urgente, o meglio straparlava. Mi metto al lavoro e la giornata scorre liscia tra scartoffie, telefonate più normali ed organizzazione. Sto per uscire dall’ufficio quando di nuovo squilla il telefono: “Dovete aiutarmiiiiii!”
Eccola di nuovo, ma stavolta non mi faccio sorprendere: “Signora se non smette di urlare e non mi dice di cosa ha bisogno non posso aiutarla”. La tattica sembra funzionare e la signora si calma un poco. “Si tratta di una situazione terribile, insostenibile, una povera donna...una stanza con uso cucina, c’è bisogno degli avvocati capisce? Dovete fare qualcosa!”
Avvocati? Uso cucina? No, non capisco, meglio fissare un appuntamento: “Sì signora, certo che capisco (eeh, come no) le consiglio di venire a parlarci personalmente per spiegare il caso nei dettagli.”
“Va bene, grazie, le mando domani mattina la persona…si chiama Righetti, così vi mettete d’accordo su come aiutarla”. “Mi lasci per favore un numero di telefono per contattarla in caso ci fossero problemi. “Ah no mi dispiace, la signora non ha telefono e io non posso lasciare il mio, sa sono una sua amica, ma insomma..lei mi capisce..” D’accordo allora: post - it: Signora Righetti, domani, ore 9.00.
E l’indomani ore 9.00 nessuno, 9.30 nessuno, ore 10 pausa caffè, la signora non arriva, niente telefono né recapito, impossibile rintracciarla. I giorni passano senza più notizie finchè un pomeriggio la sua fantomatica amica in incognito telefona di nuovo: si scusa per quello che è successo, biascica qualcosa sulla salute, sui problemi con le banche e gli avvocati, “lei mi capisce”, e fissa un altro appuntamento, niente telefono niente recapito…speriamo in bene. Post – it: Signora Righetti, domani, ore 9.00…forse!
E così l’indomani alle 8.45 come ogni giorno vado ad aprire l’ufficio e davanti al portone una figura di donna avvolta in un’ampia mantella mi viene incontro agitando un ombrello e dei sacchetti della spesa: “Siete in ritardooooo!” Una frazione di secondo, un battito di ciglia, uno starnuto di moscerino: tanto mi è bastato per riconoscere la soave melodia: Donna Righetti e la sua amica centralinista sono la stessa persona. “Oookk” penso, conta fino a 97.000, sfodera il tuo sorriso migliore e… “La Signora Righetti? Sono le nove meno un quarto signora, non sono in ritardo. Prego, si accomodi.” Mi siedo sulla poltrona presidenziale allacciando le cinture di sicurezza mentre osservo quello strano individuo iniziare la sua svestizione: acetato sotto il braccio, via, mantella grigia superpesante, via, cappello, via, sciarpa, via, ombrello nell’angolo, maglione blu sulla sedia di destra, maglione grigio su quella di sinistra, via tutto e poi si siede. Con la coda dell’occhio do uno sguardo all’orologio multi funzione in libreria: segna 29°. Un fiume di sudore mi scende lungo la schiena solo all’idea dell’imbottitura che si porta addosso quella signora.
Non faccio a tempo ad aprire la bocca che il solito urlo strozzato invade l’ufficio risuonando nelle altre stanze come l’eco di un gracchiante disco rotto: “Dovete aiutarmiiii!” “Sono qui per questo – rispondo pacata e sorridente – mi dica tutto.” “Mi hanno sbattuto fuori di casa i servizi sociali…ma loro non sanno..non capiscono quei bastardi!” Il tono di voce della donna si carica di rabbia e cresce ad ogni parola: “una stanza, dovete trovarmi una stanza con uso cucina perché se no muoiooo. Non posso continuare così...guardi, guardi cosa mangio!”
E da un sacchetto di plastica, senza che me ne renda conto, si riversano sulla scrivania uno yogurt appena comprato, un profumato pezzo di scamorza, delle mele rosse e lucide come quelle di Biancaneve al cui richiamo nessuno resisterebbe, e ad occhio e croce due etti di prosciutto cotto. Soffocando con un accenno di tosse il brontolio del mio stomaco e cercando di scacciare dalla mia fronte il led luminoso con scritto “questa è pazza” ancora sorrido come un’idiota e invito la signora a continuare il suo discorso mettendo via quella che mi sembrava un’ottima cena. “Vede, vede come sono ridotta? Ma non posso continuare così, mi ammalo se no. Voglio una stanza con uso cucina, in una casa dove nessuno mi rompa le scatole..che io sono riservata sa..non voglio grane, tenere compagnia a quelle vecchie sucide, no no..insomma lei mi capisce..perchè quei bastardi dei servizi sociali..io c’avevo una casa del comune sa..ma poi la gente mi guarda storto, lo vedo sugli autobus, mi sfuggono appena mi riconosco…quei maledetti mi fanno il vuoto intorno e sono scappata, mi capisce…”
Black out, tilt totale, encefalogramma piatto, non la seguo più: ma di che cosa sta parlando? Mi sento gli occhi sgranati in mezzo alla faccia, a fatica tengo la bocca chiusa, non voglio che si renda conto che sono un po’ sconvolta, così muovo la testa ritmicamente in cenno di assenso. Ma dallo stato catalettico in cui mi trovo, in balia di un fiume di parole senza senso che mi trapanano a raffica le orecchie, vengo risvegliata da un urlo più devastante del solito e dai pugni che la signora batte sulla scrivania balzando in piedi.
Lei balza in piedi e io sulla poltrona. “Bisogna denunciarliii, lei conosce un avvocato? Ma ci vuole uno bravo perché quelli sono potenti sa, la Rai dico, dobbiamo denunciare la Rai!” A questo punto perdo ogni contatto con questo pianeta e travolta da un buco nero oso chiedere: “Perché?” e subito mi chiedo invece perché non mi faccia mai i fatti miei. “Perché mi hanno calunniato, quella dottoressa schifosa, l’hanno detto al telegiornale mostrando la mia carta d’identità, con la mia faccia capisceee? Io c’avevo la casa del comune, ma poi i servizi sociali…una notte sentivo dei rumori, mi hanno denunciata quei bastardi…ho preso tutte le mie cose e sono scappata…sto in stazione al binario cinque adesso, ma la gente lo sa...si spostano, si allontanano appena passo perché mi riconoscono sa, ma io sono sana, sono sanissima.. IO NON HO LA TISIIII!!!”
Il sudore che prima mi colava lungo la schiena si trasforma istantaneamente nella calotta polare, la mia razionalità mi dice: ehi non preoccuparti, è solo fuori di testa, non ha la tisi, ma i miei occhi corrono rapidi lungo la scrivania a contare tutti gli sputazzi depositatisi durante il suo infervorato racconto. Mentre Violetta rovista nella sua borsa sfrutto l’attimo di distrazione per spostare un po’ indietro la poltrona.
“Guardi, guardi le perizie, io non sono pazza, legga legga!”
Mi passa un foglio di block notes e due scontrini del supermercato, quelli lunghi di quando fai una spesa abbondante e devi fare un mutuo per portar la roba a casa: "Io sottoscritto dichiaro che la paziente da me esaminata, Signora Maria Bianca Righetti, è dotata di straordinaria intelligenza superiore alla media e che dai test da me effettuati non risulta in lei alcuna alterazione comportamentale. Caldeggio perciò vivamente una sua assunzione come governante o come bambinaia, ruoli che secondo la mia attenta ed approfondita analisi si adattano particolarmente alla sua versatilità. Firmato il più grande psichiatra di Italia ( quello che ha fatto la perizia a Donato Bilancia )".
Lo stesso testo è scritto quasi identico e con la stessa calligrafia su uno dei due scontrini, ma la firma dovrebbe essere di un altro professorone. Sul secondo scontrino, sempre con la stessa grafia c’è scritto:" dalle approfondite analisi polmonari effettuate in questo laboratorio di ricerca certifichiamo che lo stato di salute della Signora Maria Bianca Righetti è perfetto. Non sono state trovate tracce alcune di malattie come la tisi, mentre è risultata un’ampia capacità polmonare sorprendente per una persona di questa età. Firmato il più grande radiologo d’Italia."
“Lo vede? Sono prove importanti queste. Mi hanno calunniato quelli della Rai e adesso li voglio denunciare. Tutti mi conoscono, la gente lo vedo che appena mi volto fanno le telefonate, chiamano il sanatorio, mi denunciano capisce. Ma IO NON HO LA TISIIIII!”
Sono nel panico più totale, non so cosa fare. Le ripasso le perizie facendomi largo tra il formaggio e lo yogurt che sono rimasti tra gli sputi sulla scrivania e con un colpo di genio le dico: “Signora, la sua situazione è davvero molto complicata. Capisco la sua necessità di trovare una stanza con uso cucina, non può certo deperirsi così ( lei annuisce compiaciuta, io continuo ) ma è indubbio che la Rai le ha arrecato un grosso danno. Sicuramente se lei non porta nuove prove che non ha la tisi nessuno sarà disposto ad affittarle una stanza. Queste perizie sono importanti, ma sono vecchie. C’è bisogno di perizie nuove, di nuovi esami che certifichino il suo stato attuale di salute ( la signora comincia a ritrarsi sulla sedia, io insisto. ) La nostra Associazione sarà lieta di mettere a sua completa disposizione gli specialisti che collaborano con noi, professionisti affermati in campo ospedaliero che le permetterebbero di risolvere questa questione con nuove prove. Se lei desidera posso fissarle subito un appuntamento per controllare i polmoni!”
Appoggio soddisfatta i gomiti sul tavolo e congiungo le mani: la signora sbianca e farfuglia frasi sconnesse: “Sss…sì sarebbe importante ma..ma purtroppo non si può fare perché l’ultimo dottore mi ha proibito categoricamente di fare nuovi raggi, mi farebbero troppo male!” Non cedo: “Capisco, allora facciamo prima gli esami del sangue e poi la perizia psichiatrica.” Violetta comincia a radunare le sue cose. “Adesso non posso perché…insomma..mangio poco sono debole, non posso farmi prendere il sangue..e le perizie ce l’ho già..io…io devo andare.” “Ma signora come facciamo a contattarla per prendere gli appuntamenti coi dottori, mi lasci magari il numero di telefono della sua amica.”
La Righetti è nel panico: “No non posso, e poi le abita a Milano e..e.. parte, parte proprio domani mattina, va a raggiungere il marito in Brasile, è un grande costruttore e vanno a vivere lì coi figli, sa gente che lavora..beh, la ringrazio per la sua gentilezza, lei è l’unica persona che mi sia stata a sentire. La chiamo io, arrivederci.”
Esce dalla porta, con i suoi sacchetti e gli strati di vestiti per affrontare il caldo estivo.
Ma forse sente freddo, il freddo della vita che a volte gela la mente e i cuori.