Cantando vorrei vivere per poi ridendo morire

in ita •  7 years ago 

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Polignano a mare

Ci fu un periodo in cui scrivevo racconti e un altro in cui scrivevo poesie.

E poi post, articoli, documenti seri e storielle facete.

Sono state anche pubblicata e postata dal mio improbabile editore su youtube! E se ho il coraggio di mettere in pubblico questo video, mi dovete apprezzare.

Ma il sogno della mia vita era scrivere sceneggiature comiche.

Mi sarebbe piaciuto essere l’anima subdola della caciara gotica di Rocky Horror Picture Show o la segreta inventrice (si dice così?) del non senso dei Monty Python.

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Peccato, non aver coltivato questa attitudine letteraria, che pure secondo me c’era in forma embrionale nel mio stile giovanile.

Ma ho fatto qualcosa di meglio. Ho lasciato sedimentare nel profondo della mia anima questo sentimento di smisurato amore per la comicità, soprattutto quella demenziale, ma non solo. Ho trovato lo spazio anche per alcune sottili lame dell’umorismo british, così lancinanti e croccanti da avvicinarti al senso della vita.

Non voglio assolutamente dire che io sia spiritosa. Anche se qualcuno me lo deve aver detto. Ma sono un'amante del lato paradossale delle cose, del loro sedere anziché dei loro occhi. E' questa specie di strabismo esistenziale che mi fa vivere discretamente bene anche il passaggio del tempo e l'incontro con la faccia inevitabile della fase tre della vita.

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La fase tre può essere accettabile

Non sono stata di quelle bambine che gridava a squarciagola parolacce indicibili sulla soglia di una chiesa, ma a poco più di sei anni, ho fatto esplodere delle miccette sotto la sedia a dondolo della nonna della mia migliore amica, per vedere la sua reazione.

Sì, direte voi, ma è una cosa orribile, una mancanza di buon senso e di sensibilità. No, assolutamente no. Io adoravo quella signora, ma l’irresistibile desiderio di vederla saltare sulla sedia era più forte.

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Pescatori

Ho detto qualche panzana ai miei genitori, come penso anche voi. Ma più che altro cercavo di divertirmi alle loro spalle.

Avevo creato con mio fratello una maschera-mantello con le piume del piumino (non nel senso del giubbotto, ma nel senso dell’oggetto che toglie la polvere) appiccicate su un cartoncino bristol tagliato a forma di alucce.

Quando mamma e papà erano proprio furiosi per qualcosa (e ammetto che non era raro con me), mio fratello e io entravamo in cucina (dove in genere loro si rifugiavano per sfuggire dal nostro frastuono), con le nostre alucce applicate dietro il collo e simulavamo di essere due deliziosi angioletti. Atteggiavamo anche le bocche a due cuoricini immacolati che producevano note celestiali.

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Un angioletto da me immortalato sul treno e successivamente ritoccato per ragioni di privacy

E sì, lo scopo non era farci perdonare ma, almeno per me, ridere a crepapelle del fatto che loro stessi – mamma e papà – non riuscivano a rimanere seri. Perché va detto, tra l’altro, che a quell’età ero anche una poltroncina a due posti. Quadrata e dura come l’acciaio. Forse con un accenno di baffi, e con i capelli neri come la pece. E vedermi svolazzare con due alucce di cartone era più che comico, era assurdo!

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Non so se mi spiego!

Ma la più esilarante avventura della vita, quella che ha messo davvero in luce ai miei occhi l’inevitabile dimensione ridicola del mio stesso vivere, l’ho vissuta quando (e ormai avevo superato la trentina) ho scoperto che, con poca fatica potevo simulare al telefono la voce maschile.

Ho le corde vocali piuttosto lunghe per essere femmina – così mi ha detto il foniatra – che significa una voce che in base anche ad altre caratteristiche, può risultare abbastanza grave e sonora. Ottimo per cantare da contralto e per spaventare i piccioni la mattina presto. Ma non immaginavo che potesse anche essere una dote che, con un'opportuna manipolazione, mi poteva portare a confondere la mia voce con quella di un uomo.

Poi quando l’amministratore del condominio, a cui avevo risposto al telefono, mi disse “buongiorno può passarmi sua moglie” e quando, telefonando alla segreteria di un deputato presso il quale dovevo recarmi per discutere un progetto, una gentile signorina mi ricordò che “la cravatta era d’obbligo”, mi sono resa conto che da questo piccolo, diciamo, difetto, potevo produrre un gioco comico.

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Ridere è colore

Nulla di trascendentale intendiamoci, ma un continuo gioco demenziale in cui mi fingevo di volta in volta mio marito, mio fratello. Persino mio padre. Con risultati strepitosi e una soddisfazione che, se non avessi raggiunto un’età importante e non avessi conquistato impensabili vette di saggezza e autoconsapevolezza, potrei facilmente scambiare per una forma subdola e precoce di demenza.

La vena comica nutre la mia vita e ne esalta anche i profili più faticosi e drammatici: le solitudini, i dolori fisici, le perdite. Non so se sia una fortuna o solo un impegno come un altro sul quale ho raggiunto un discreto successo.

Poiché completamente normale non sono, però, tra le altre forme di comicizzazione della vita, ho provato anche a redigere un necrologio per me. Ma che dico, non uno, decine di necrologi. E confesso che non c’è nulla di più narcisistico di questo tipo di esercizio. Anzi, ve lo consiglio per i momenti di depressione.

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Disposioni sul conferimento dei rifiuti

Presa nel loop di questa amena pratica letteraria, ho chiesto a mio figlio. “Che cosa scriveresti nel mio necrologio?” E lui mi ha risposto in modo semplice e asciutto. E mi ha commosso. “Scriverei: mamma mi faceva ridere”.

Mission accomplished!

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Grande, Fra. Anche io penso che la capacità di ridere e far ridere ci permetta di sfiorare il sublime.

😘

Che cosa hai mai scritto, pubblichi sempre degli ottimi articoli
it was a great collection

Grazie mille

Ecco a voi @martaorabasta !!!

😊

Complimenti per lo stile e per le scelte lessicali. Ma ancor di più per questi scorci di vita descritti.

Grazie mille

Bel post, mi viene fame a veder l'ultima immagine!!! :-)))

Vero? :)

Bel post complimenti.