Qualcuno mi critica perché la mia passione per la dimensione collettiva, per le cose che mi uniscono ad altri, è un po'... fuori moda. O perché sentirsi parte di un tutto - una squadra, un’idea, una passione - non è altro che un modo per affogare le proprie fragilità nel soffice, ma transitorio, ambiente di riferimento. Qualunque esso sia...
Beh, ho vissuto in epoche in cui gli ambienti di riferimento potevano essere abbastanza scomodi e non proprio di conforto. Dalle tane dei CUCS giallorossi, alle sedi politiche "calde", dai sottoscala dove si producevano i volantini, alle manifestazioni antifasciste e alle trasferte di nascosto dai miei genitori.
Ma, tutto sommato, amo pensare che i fili che ci uniscono, e che si incrociano tra loro come una brillante ragnatela, siano una vera e propria opera d’arte, dedicata alla condivisione e alla solidarietà. E quindi sono felice di aver allenato nel tempo questa mia abitudine a fare squadra con i miei compagni di scuola, o di tifo, di movimento politico, o di canto, o di lavoro, o di sport.
Ma volevo parlarvi d’altro.
Non delle cose che uniscono chi le ama, ma delle cose che uniscono chi le teme.
Sapete che le paure sono un enorme sistema di fenomeni che colpiscono le persone a mazzi? Decine di migliaia di persone accomunate dal terrore dei ragni, del diavolo, del buio, dei ratti, delle malattie.
E allora, a partire dalle mie paure, comincerò a costruire la mia squadra.
DEGLI UCCELLI
Hitchcock condivideva sicuramente la mia paura. Che poi non è propriamente paura è più qualcosa di simile al disgusto, una sensazione che si irradia dal centro dello stomaco fino alla peluria della nuca e che rende terribile quei passaggi obbligati nelle piazze storiche, quegli aperitivi estivi all’aperto, finanche le amate corse mattutine sul greto del Tevere. E’ paura delle piume, del becco, delle zampette scheletriche e rapaci, del mucchio urlante.
DEI CLOWN
Come molte paure nasce da un film. Nel caso mio nasce da un film scadente, ma assolutamente indimenticabile: Poltergeist. Demoniache presenze.
Come il titolo lascia immaginare trattasi di storia "de paura". Gli ingredienti ci sono tutti: una casa costruita sopra un cimitero, presenze demoniache che si impossessano della famigliola americana, accanendosi in particolare sui bimbi, attraverso strumenti tradizionalmente considerati amichevoli: la TV e soprattutto il pupazzo con il volto di un clown. Uno spettacolo di angoscia pura, un congelamento improvviso di tutte le funzioni vitali.
DELLE BAMBOLE DI STOFFA
Chi come me è cultore di Agatha Christie ricorderà il racconto La bambola della sarta nella raccolta Appuntamento con la paura. Tutto si svolge nella casa di una sarta inglese che ospita nel suo salone di prova un’inquietante bambola di stoffa che lentamente acquisisce una personalità umana e malefica. Dietro i suoi occhi di vetro traspare, non solo la crudeltà, ma anche il piacere derivante dalla contemplazione del terrore altrui.
DEGLI SPECCHI
Oltre a Profondo rosso che ha turbato la mia primissima giovinezza lasciandomi insonne per svariati mesi, il mio terrore degli specchi nasce da una storia vissuta in prima persona all’età approssimativa di 16 anni.
Morti i nonni, mentre mamma e le zie litigavano sui destini della grandissima casa di famiglia, io, uscita da scuola, mi facevo consegnare le chiavi dell'immobile in questione dal portiere, e mi godevo la casa deserta per parlare in santa pace al telefono con il mio ragazzetto dell’epoca. Solo i più vecchi possono ricordare i telefoni fissi, e le ramanzine dei genitori quando ci si tratteneva troppo a lungo al telefono. Senza contare la assoluta mancanza di privacy che comportava parlare in mezzo a un corridoio di casa.
Quindi la casa vuota con un telefono nello studio del nonno e uno nella camera matrimoniale era un paradiso per un’adolescente della fine degli anni ’70.
Fino al giorno in cui, dopo aver alzato la cornetta ebbi la netta sensazione di un respiro proveniente dalla derivazione del telefono in camera dei nonni. Nonni entrambi defunti.
Inutile dire che sarà stata una suggestione. Ma ancora oggi ricordo il fulmineo gesto atletico che, dopo aver lanciato il telefono non so dove, mi portò in due balzi a guadagnare la porta d’ingresso.
Ed è stato lì che ho commesso il vero errore.
Ho guardato in fondo al lungo corridoio che portava alle camere da letto. Corridoio che terminava con un enorme specchio. Non dico quanti anni sono passati per gentilezza verso me stessa, ma vi garantisco che sono ancora certa di aver visto un’ombra.
Bel contributo Marta.
Ho apprezzato lo stile e la tematica, che si dicosta dagli argomenti tipici utilizzati da chi scrive articoli su questa stupenda piattaforma. Per restare nello spirito della dimensione collettiva, ti do il mio piccolo contributo e spero che molti altri facciano altrettanto.
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Grazie per il contributo e per l'apprezzamento
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Bella tematica. La paura come fonte di unione e non di divisione, sarebbe da rifletterci su taaaaanti argomenti..
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Già grazie
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....brividi. Anche la bambola è inquietante .
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Vè la bambola è terribile
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E le raccapriccianti rane? E gli orripilanti rospi? Mi si gela il sangue solo al pensiero.
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No...le rane le trovo anche gustose 😂
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Potrei perdere i sensi.
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perchè non hai mai mangiato le cosce di rana in guazzetto come le fanno a Roviano. Una leccornia. Credimi.
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Ottimo!
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la paura dei clown e delle bambole ho notato che è veramente diffusa.Inquietante l'episodio che narri, ossia quello dei due telefoni fissi a disposizione con una casa libera, (che non era un LUSSO, ma MOLTO DI PIU a quell'epoca). Ottimo e interessante post.
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grazie nicola, sempre gentilissimo
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Ma allora non sono solo! Marta e la paura dei pigiamati?
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Aiuto, i pigiamati sarebbero coloro che indossano il pigiama? Avoglia!
E poi potremmo anche parlare della paura delle rifattone, dei poliziotti in tenuta antisommossa, dei carrarmati a piazza Venezia, degli uomini con i capelli color terracotta, e top delle paure.....
IL TRAPANO DEL DENTISTA
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hahahahaahahahahahha
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