The neverending contest : Il Viaggio

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Il viaggio

Quando Federica arrivo davanti al tabellone le sfuggì un sospiro annoiato, avrebbe dovuto essere furibonda per quel ritardo di quattro oro eppure non le pesava. L' idea di rimandare l' inevitabile viaggio verso la casa di sua zia, a troppi chilometri di distanza, non le dispiaceva affatto, non aveva mai tollerato quella donna e ora che cresceva la tollerava ancora meno. Purtroppo sua madre dopo numerose insistenze era riuscita a convincerla ad andare un paio di settimane dalla "povera" zia Luisa. Povera di spirito e di umorismo pensava biecamente Federica mentre la madre le elencava le disgrazie della zia Luisa. Le era morto il marito da poco, Federica sospettava di crepacuore e non lo immaginava rammaricato o angustiato, piuttosto sollevato di fuggire da quella casa anche se in modo estremo. Non le riusciva neppure immaginare la zia Luisa triste e addolorata come la descriveva sua madre. A Luisa non aveva mai visto vestire nessuna espressione che esulasse da quella rancorosa. Rancore verso tutti gratuitamente, Zia Luisa era sempre stata avara, non faceva sconti neppure nel dispensare i suoi sguardi sprezzanti e irosi. Federica si arrese al fatto con cupezza, tra quattro ore sarebbe salita sull aereo per andare da sua Zia e suo malgrado era un compito che spettava a lei, l’ unica che la zia tollerava. Si sedette su una panca e decise che visto che doveva viaggiare molto tanto valeva passare il tempo. E lei aveva una dote molto particolare, solo a guardarle sapeva il genere di vita delle persone, d’ altronde come poteva essere altrimenti visto che la profiler era il suo mestiere? Così osservo quelli che attendevano con lei. C' era John, perchè poi proprio John? Non lo sapeva ma lui aveva proprio un look da John, giacchetta grigia, alto, brizzolato. Jhon sbuffava perchè quattro ore di ritardo erano troppe per lui, non solo per la riunione di lavoro che avrebbe saltato creando non pochi problemi al suo staff ma anche per la doccia che sarebbe saltata rendendolo poco a suo agio per l' incontro post riunione con la bella segretaria Kimberley. Controllava l' orologio in modo compulsivo, come se guardandolo di continuo il tempo fosse corso più velocemente. Kim lo avrebbe visto rasato male e umido di sudore, ciò lo infastidiva parecchio, non era quello il modo in cui voleva farsi vedere. Non sapeva come passare il tempo e chi chiamare, forse una breve chiamata a sua moglie per chiederle di comprare alcune cose per il suo ritorno tra cinque giorni. Tre di quali di congresso, due per se stesso e Kim. Un uomo aveva pur bisogno dei suoi spazi no?

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Federica distolse lo sguardo. Ne aveva abbastanza di lui.
Rivolse la sua attenzione alla coppia che si stava calorosamente salutando davanti a lei, fin troppo calorosamente, le mani di lui erano saldamente ancorate alle natiche di lei e il rumore dei loro baci non aveva nulla da invidiare a quello di una lavatrice. Qualcuno avrebbe pensato "carini!" lei pensava solo disgustosi.

Massimo e Alessia, dolci, giovani, ingenui, lei con il caschetto biondo e un completino blu navy, lui vestito da viaggio cn scarpe comode e una vecchia t shirt dei Nirvana. Si guardavano felici negli occhi, scambiandosi effusioni, fino al mese dopo non si sarebbero rivisti e avrebbero consumato tastiera e webcam. Si sarebbero scritti ogni giorno, mandati foto e video fino a che Alessia non sarebbe cresciuto abbastanza da annoiarsi di Massimo, con i suoi messaggi pieni di inutili smancerie in favore di Donato, uno stronzo.

Federica sospirò, forse il suo mestiere la stava rendendo troppo cinica. Si alzò e si appoggiò ad una macchinetta comprando una bibita a pochi spicci ma comunque troppi per quella bevanda acida.
Era stanca di quel suo modo di vedere, perchè una parte di lei era così disincantata?
Forse perchè ogni giorno ne vedeva troppe per credere a tutte le favolette sull' amore.
Le persone sono cattive, ti feriscono, mentono.
La testa cominciò a duolerle tremendamente e quando un giovane le si avvicinò, o meglio si avvicinò alle macchinette sfiorandola lei non potè fare a meno di notarlo.
Indossava una camicia rossa e dei pantaloni neri, capelli corti castani chiari e due grandi occhi verdi, u volto aperto e sereno.
Le sorrise e le perse una moneta.
" Le è caduto questo signorina"
Lei sorrise, forse non tutto era caduto nel disincanto.
Lui le porse la moneta educato e garbato.
Si incamminò verso il bar e le pensò di seguirlo e offrirgli un caffè per ringraziarlo di quel gesto gentile.
Controllò di avere abbastanza spiccioli ed entrò nel bar anche lei.
Lui stava seduto ad un tavolo con un altro ragazzo, anche lui molto attraente si tenevano per mano e l' altro gli diede un lieve bacio sulla bocca prima di avviarsi verso il banco per ordinare.

Il disincanto no aveva vinto, ma la sfiga sì.

Federica tornò mesta verso le sedie della sala d' attesa, era delusa e contrariata ma si stampò un sorriso in faccia, un lungo viaggio l' attendeva e sia mai che con tutto il suo cinismo rischiasse di assomigliare troppo a zia Luisa.
Doveva sorridere, in fondo apparte il broncio la zia aveva una vasca e una buona eredità e lei era l' unica nipote.
Doveva proprio imparare a sorridere e anche bene.