Questo racconto è stato scritto per partecipare a Theneverendingcontest n° 59 S4-P2-I2 di @storychain sulla base delle indicazioni del vincitore precedente @kork75
Tema: il cellulare
Ambientazione: grotta
Utilizzo alternativo
Nessuno avrebbe potuto aiutarli per quella notte, dovevano trovare un riparo in fretta. Si ritrovarono ai piedi di un dirupo roccioso, fra le cui fenditure si scorgeva l’ingresso ad un possibile riparo e vi entrarono. Iniziava già a piovigginare, ed il vento sollevava tagliente folate di freddo e umido che penetravano le carni insinuandosi fra i vestiti. Fu un sollievo trovare infine quella piccola caverna dove passare la notte.
Appena dentro, sfiniti di stanchezza e demoralizzati, accesero la torcia per prepararsi al meglio a trascorrere la notte. Nessuno di loro sapeva accendere un fuoco e non avevano provviste all’infuori di qualche barretta energetica e un po’ di inutili caramelle senza zucchero. Si sarebbero dovuti arrangiare come potevano e soprattutto avrebbero dovuto dormire vicini per non morire di freddo. Qualcuno provò anche a scherzarci su, ma le sue battute furono accolte dal gelo degli altri. Allora prese il cellulare, che lì dentro, così come in tutta l’area del parco micologico, non aveva campo, e iniziò a giocare. Ben presto tutti i visi furono illuminati dalla luce fredda e spettrale degli schermi, fin quando, uno dopo l’altro, si addormentarono. Al mattino, però, quando la nebbia si era dissolta e il cielo era chiazzato di nuvole ma non minacciava pioggia, non ebbero modo di avviarsi per la loro strada. <<Presto, presto, aiutatemi!>> gridava allarmato Filippo, <<il mio telefono è scomparso! Non lo trovo più! Era qui, ne sono sicuro, e adesso non c’è più!>>. Lo aiutarono a cercarlo per una buona mezz’ora, ma del telefono nessuna traccia. Disperato, il proprietario non sapeva proprio come fare. <<Adesso basta, Filippo. Dobbiamo andare.>> interruppe infine Giovanni <<perderemo le poche ore di luce in questa caverna buia, così.>>. <<Tu non capisci! Io ho la mia vita lì dentro!>> Rispose Filippo, continuando a cercare forsennatamente a destra e a manca. <<Certo, come tutti noi, ma adesso dobbiamo proprio tornare indietro. Non sappiamo nemmeno come e quando riusciremo a uscire di qui.>> intervenne Veronica. Rassegnato, Filippo si accodò a tutti gli altri e uscì all’esterno. Dopo alcune ore di cammino il gruppo ritrovò la strada e finalmente venne fuori dal parco micologico, ripromettendosi che l’unico posto in cui avrebbero cercato funghi sarebbe stato il fruttivendolo.
Passarono un paio di giorni, e Filippo ritornò sui loro passi, stavolta da solo. Era risoluto a ritrovare il suo telefono, anche se tutto sommato iniziava ad abituarsi a stare senza. Si era portato dietro una mappa della zona, ed era abbastanza sicuro di aver capito dove si trovasse il dirupo di quella notte. Ritrovato il punto, si addentrò da solo nella piccola grotta e riprese le ricerche, ma quando aveva ormai perso le speranze notò un movimento strano su una sporgenza che non aveva visto prima. Si arrampicò sulle pareti della grotta e raggiunse un nido con dei piccoli animaletti senza pelo, con gli occhi chiusi, delle zampette simili a braccine. Non aveva mai visto niente di simile. Sentì allora una strana vibrazione provenire da sotto il nido, e spostandolo con cautela trovò finalmente il telefono, bloccato con schermo nero, che emanava una strana e continua vibrazione e che era completamente bollente. Filippo si stupì che dopo tutto quel tempo fosse ancora acceso, e provò a riavviarlo. Poi di nuovo. E ancora, e ancora. Niente.
Il telefono era completamente bloccato, non c’era combinazione di tasti o pressioni prolungate che lo riuscissero a riavviare. Nel frattempo, però, le piccole creaturine, la cui madre era evidentemente assente, iniziavano a lamentarsi con piccoli gemiti acuti, quasi stessero soffrendo. Gli ci volle un istante per comprendere che quel telefono era diventato un vicario della madre e un dispensatore di calore per i piccoli sconosciuti animaletti. Prese quella decisione dopo un minuto di riflessione. In fondo non gli serviva più un telefono se era bloccato e surriscaldato, meglio lasciarlo dove aveva trovato un utilizzo alternativo. Lo avrebbe donato a quella piccola famigliola, e finchè durava durava. Lo ripose delicatamente sotto al nido e si allontanò. Mentre usciva dalla caverna sentiva i versi di quelle creature mai viste acquietarsi uno dopo l’altro, probabilmente addormentati dal tepore e dalle vibrazioni di quell’ormai inutilizzabile telefono.
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