EMIGRAZIONI RAVVICINATE DEL TERZO TIPO (part 2)

in italia •  7 years ago  (edited)

Ritorno (finalmente) alle riflessioni iniziate con il post precedente.
Come già sottolineato esse non si riferiscono al fenomeno emigrazione in genere (molto più complesso e sicuramente diversificato in termini di premesse, motivazioni, dinamiche e conseguenze), ma, semmai, allo specifico fenomeno di Emigrazione Italiana degli ultimi anni.

Lontano da un’analisi rappresentativa sul fenomeno, tuttavia questo racconto potrebbe rappresentare un altro piccolo pezzo del mosaico che, nel suo insieme, raffigura la condizione socio-culturare in cui si trova oggi il nostro Bel Paese e le sue famiglie.


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Fonte immagine: it.wikipedia.org

Partendo dal presupposto che la possibilità di potersi muovere su scala internazionale, di per sé, sia un’opportunità di arricchimento personale ed esperenziale; che essa consenta di confrontarsi con il mondo e le sue diverse culture e che, da ciò, essa permetta di dare nuovi spazi e nuove prospettive alle modalità di pensare e interpretare tutte le cose; è necessario tuttavia sottolineare che quando la mobilità non è circoscritta ad un’esperienza, per così dire, passeggera, ma è funzionale ad una nuova direzione di vita, le cose diventano un po’ meno fantasticamente leggere ed il confronto con la nuova realtà risulta spesso un arduo compito da portare avanti.

Qualunque emigrante sarà impegnato infatti a ri-partire da zero, reimparare a parlare, a muoversi, per poter conquistare e rinegoziare consuetudini e disposizioni interne nonchè il suo spazio sociale all'interno della società in arrivo.


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Fonte immagine: commons.wikimedia.org

La mia esperienza e le mie osservazioni mi hanno dunque portato a suddividere il fenomeno dell’attuale Emigrazione Italiana in 3 categorie principali o, più precisamente, 3 principali tipi di emigrati italiani all’estero:

Con Emigrazione del I Tipo ho voluto intendere quella che (rispetto a spinta motivazionale del migrante e condizioni di partenza) si avvicina di più alla Grande Emigrazione Italiana iniziata alla fine del XIX sec.
Intendo quel genere di emigrazione di cui fanno parte giovani e giovanissimi poco qualificati, provenienti da famiglie modeste che decidono presto di andar a cercare fortuna “Fuori”.


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Fonte immagine: foto dell'autore. libro ritratto: LIFE i grandi fotografi, pag.15, C. Bavagnoli.

Malgrado in essa si sviluppino le dinamiche socio-antropo-psicologiche di base comuni a ogni fenomeno migratorio, fondamentalmente riescono a migliorare concretamente la qualità della loro vita, realizzandosi personalmente e professionalmente in maniera nettamente superiore a quanto sarebbe potuto avvenire per loro in Italia.

Con Emigrazione del II Tipo ho voluto intendere quella che (rispetto a spinta motivazionale del migrante e condizioni di partenza) rientra nella comunemente detta Fuga dei Cervelli. Ovvero gli emigranti in questo caso sono per lo più neolaureati e neodottorati che hanno l’opportunità di lavorare in università, centri di ricerca o importanti aziende all’estero.


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Fonte immagine: foto dell'autore.

Malgrado in essa si sviluppino le dinamiche socio-antropo-psicologiche di base comuni a ogni fenomeno migratorio, fondamentalmente riescono a migliorare concretamente la qualità della loro vita, realizzandosi personalmente e professionalmente in maniera nettamente superiore a quanto sarebbe potuto avvenire per loro in Italia.

Con Emigrazione del III Tipo ho voluto intendere quella sommessa ma massiccia fetta di emigranti che non fa concretamente parte né della prima né della seconda categoria (ma in parte condivide le caratteristiche di entrambe).
Ovvero tutti quei (non più giovanissimi) uomini e donne Italiani fin troppo qualificati che decidono di andare all’estero, senza aver già un progetto di azione strutturato, un’azienda o un’università che li accolga, ma che decidono di andare all’estero perché non riescono più a tollerare la frustrazione di avere un lavoro dequalificante e/o precario e/o sottopagato.

Malgrado in esso si sviluppino le dinamiche socio-antropo-psicologiche di base comuni a ogni fenomeno migratorio, fondamentalmente riescono a migliorare…
No, no, no… aspettate un momento!


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Fonte immagine: foto dell'autore. libro ritratto: LIFE i grandi fotografi, pag. 260, Y. Joel

I migranti del III tipo, con la laurea nel cuore e un calcio nel culo partono con le stesse competenze dei migranti del II tipo ma dallo stesso livello dei migranti del primo tipo e con un paio di svantaggi in più: l’età e il peso del loro titolo.

L’età

Quando a 20 anni parti all’avventura hai ancora il fisico che ti accompagna: dopo 8 ore a correre tra un tavolo e l’altro del ristorante in cui inizi a lavorare riesci a tornare a casa fare una doccia, uscire, divertirti, bere, farti 4 ore di sonno e tornare a lavoro.
A 30 anni, dopo 8 ore a correre tra un tavolo e l’altro del ristorante in cui inizi a lavorare, riesci a tornare a casa, a malapena a fare una doccia e poi hai bisogno di distenderti coi piedi all’aria per farli sgonfiare, e stai già dormendo.

A 20 anni condividere un appartamento con altri 4 coinquilini è uno spasso.
A 30 anni fai caso al frigorifero sporco, al pavimento da lavare, al bagno condiviso con degli estranei e gli amici degli estranei e senti il bisogno di avere uno spazio che sia solo tuo.

A 20 anni è più semplice fare nuove amicizie.
A 30 anni le amicizie sono per lo più consolidate e i tuoi coetanei (all’estero) hanno quasi tutti famiglia, quindi impegni e interessi diversi dai tuoi.

A 20 anni non badi al tempo, ma alle esperienze, puoi scegliere tante strade e all’estero, se sei in gamba, potresti fare carriera anche partendo da lavapiatti.
A 30 anni hai già 10 anni in meno di tempo e 10 anni in meno di entusiasmo: i tempi per imparare e fare carriera sono enormemente ristretti e le capacità mentali per imparare cose nuove, anche.

Il peso del Titolo

A 30 anni la scelta del percorso professionale è già stata fatta 10 anni prima.
Il dilemma è: rinunciare a tutto il lavoro fatto fin qui ed investire in altro, oppure tentare strade che possano aprirsi alla professione?
Ma un italiano a 30 anni all’estero, in mezzo ai vari competitor che si trovano sul mercato internazionale è tra i più scarsi conoscitori della lingua straniera ed è quello con meno anni di esperienza nel settore; ergo quello che ha meno chance.

Il peso del titolo lo senti… perché quando fai il lavapiatti, il cameriere, il commesso, lo scarto tra la tua identità professionale e la tua identità lavorativa è troppo alto; lo senti perché in un’altra lingua non raggiungerai mai il sofisticato livello di espressione, comunicazione e dimostrazione delle tue competenze che nella tua lingua hai impiegato 30 anni per raggiungere e devi imparare a fare i conti con il tuo orgoglio e con le aspettative che hai sempre nutrito verso te stesso e verso il tuo futuro.

Devi fare i conti con una qualità di vita diversa da quella che i tuoi genitori hanno avuto e ti hanno offerto, conduci una vita lontana dai tuoi più importanti affetti di cui riesci a godere solo attraverso una frequenza a intermittenza.

E tutto questo per che cosa?

Per una manciata di certezze in più.
Per tutti quei diritti certi, ovvi e dati per scontati negli altri paesi europei e fino a qualche tempo fa anche nel nostro, ma che adesso sono calpestati, maltrattati e quando rispettati, rappresentano eccezioni per cui “doversi ritenere fortunato”.

Ma rifletteteci un attimo, a cosa facilmente porta tutto ciò?

Ad avere paura del cambiamento e della crescita, oltreché ad incentivare un sistema di servizi totalmente malfunzionante:

Come fai tu che hai un lavoro “sistemato” a lasciarlo perché non ti trovi bene, perchè ti annoia, non ti piace o non fa per te?

E come può lavorare, che servizio può offrire, qualcuno che fa qualcosa che lo annoia, che non gli piace o che non fa per lui?



E chi vuole rimanere, ma come fa?! Ha le mani legate come Andromeda…


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Fonte immagine: en.wikipedia.org



Capite qual è il punto?
No di certo la migrazione in sé e per sé, ma quegli scenari sociali, etici e politici che con essa si aprono e che riguardano chiunque!

Ad ogni modo, chissà, come qualcuno di noi avrà la sua parte da Andromeda, qualcun’altro l’avrà da Perseo..

E, in ogni caso, qualunque sia la nostra parte in questa storia, e in qualunque fase di essa ci ritroveremo, arriverà sempre, per tutti, quel caldo momento dell’anno in cui, alzando gli occhi verso il cielo, da qualunque parte del mondo le Perseidi torneranno a mostrarci lo spettacolo di quelle scie a cui affidiamo desideri da esaudire, speranze da realizzare e sogni da avverare.


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Fonte immagine: commons.wikimedia.org

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Ci spostiamo da sempre per motivi economici; questo ha poco a che fare, secondo me, con paesi che fanno rispettare più o meno i diritti dei lavoratori, ha più a che fare con paesi che riescono a crescere più o meno economicamente.
Ma tu sei in Italia o sei già andata all'estero?

Esistono varie scuole anche sulla causa delle emigrazioni. Nel corso di demografia sociale e mobilità ne espongono oltre 5 e le suddividono per categoria (micro, macro, intermedie). Tra l'altro ogni scuola suggerisce, a causa dei suoi ingredienti, come incentivare o inibire il fenomeno. Tratto dai miei appunti:

Micro

  • Teoria neoclassica (1950): mercato dei salari macro, bilancio costo benefici micro. In questo caso l'individuo fa una specie di analisi dove calcola se conviene emigrare o meno, tramite un integrale che considera dati e probabilità. La trovo abbastanza meccanica.
    Qui per modificare gli effetti basta agire su: probabilità di trovare lavoro, il reddito nel paese d'origine o nel paese destinatario, cambiare i costi psicologici del trasferimento.
  • New economics of migration (1950): non più l'individuo fa l'analisi ma la famiglia, cercando di diversificare il portafoglio dei propri figli. Massimizza le capacità reddituali della famiglia, minimizza i rischi.

Macro

  • Teoria del doppio mercato del lavoro: il salario riflette anche il prestigio sociale; non si lavora solo per il reddito ma per lo status sociale.

Intermedie

  • Teoria del sistema globale, di origine sociologica: il modo di produzione capitalistico crea un legame fra uno stato-corporazione e un territorio. Ad esempio le multinazionali che vanno a produrre nei paesi in via di sviluppo.
  • Teoria delle reti: rapporti interpersonali che collegano migranti e non migranti, trascurano le leggi.
  • Teoria delle istituzioni (organizzazioni). SI rifà alle organizzazioni che permettono o non permettono la mobilità. In Italia ne abbiamo diverse.
  • Teoria della cumulazione delle cause: 6 cause e collegamento occupazione-etnia (ad esempio egiziano = pizzaiolo, indiano = mungitore nel mantovano, filippina = domestica, etc.)
  • Teoria dei sistemi migratori: 4 elementi.

Nella lezione a cui ho assistito mancava la teoria ecologica, che però hanno citato nello spiegare le migrazioni preistoriche.

Ok... ma io parlo dei fattori umani...tutte queste teorie sempre razionalizzanti restano, come se si parlasse di cose, come si fanno a valutare costi e benefici escludendo emozioni, relazioni, diversità.... il punto (il mio per lo meno) è proprio considerare la prospettiva da un ottica abbastanta diversa da quella di chi lo studia il fenomeno, ovvero l ottica di chi il fenomeno lo vive...
Poi ovviamente come ho sottolineato le mie sono riflessioni determinate da esperienze personali... forse non tanto generalizzabili, ma nonostante questo, probabilmente per molti saranno anche piuttosto rappresentative.

dei liberali quantificano tutto. Dal valore aggiunto dei servizi della natura al costo psicologico del lasciare la propria terra.

Dubito della validità della misurazione del costo psicologico, a meno che non sia fatta da un luminare, e lui stesso si terrebbe cauto nel dare dati su variabili di questo tipo. Non siamo macchine, ne numeri caro Gabriele, cmq ti invito a tal proposito a leggere qualcosa del libro
"doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze dell'immigrato" di
Abdelmalek Sayad

  ·  7 years ago (edited)

Io sono all'estero, ma preferirei stare nella mia terra natia se ci fossero i presupposti... ciò di cui parlo è proprio di quella porzione di italiani che in Italia soffrono di una mancata realizzazione, professionale ed economica e all'estero... pure.
Ma almeno hanno un lavoro e una maggiore stabilità economica. Di chi, come me (e ce ne sono parecchi) in italia non è messo nelle condizioni di lavorare dignitosamente, farsi un mutuo, crearsi una famiglia;
all'estero si perché con un lavoro "qualunque" se stabile e a tempo indeterminato puoi per esempio chiedere un mutuo, piuttosto che decidere di mettere su famiglia.
I primi e fondamentali articoli della costituzione italiana sono solo una presa in giro se a tanti non è data possibilità di scelta, o meglio la possibilità di scegliere c è ma rispetto a quali alternative?
Per lo meno in Sicilia la situazione dilagante, è che: o sei estremamente fortunato, o hai amicizie, o ti "accolli" condizioni assurde, o non lavori o parti... ovviamente eccetto alcune categorie professionali, che soffrono molto meno

Nel mio post precedente ho provato a descrivere le premesse di queste riflessioni:
https://steemit.com/italia/@aditili/emigrazioni-ravvicinate-del-terzo-tipo-part-1

Non parlo dei motivi economici, ma di quelli motivazionali e umani, delle opportunità di sperimentazione e crescita che una nazione offre ai suoi componenti (ovvero a se stessa)...

L'ho letto: è veramente un punto interessante quello che esponi, sulla crescita delle persone e della nazione che compongono.
Il mio commento di prima nasceva solo da una frase che mi aveva fatto riflettere.

  ·  7 years ago (edited)

Ps quale frase di preciso?
Ps2 l importante per me in fin dei conti è proprio che il mio post faccia riflettere...
Ps3 grazie mille per il tuo interesse, e se anzi hai altre osservazioni... rendiamo l argomento ancora più interessante! 😘

la mia rimane sempre una riflessione basata, non su uno studio scientifico o un campione rappresentativo, ma su osservazioni ed esperienze personali, mie e delle persone che ho incontrato "nel tempo e nello spazio" non ho considerato tutte le variabili in gioco, ma ho volutamente puntato il dito su una condizione di estrema incapacità e arretratezza unica nel suo genere (considerato che siamo una delle "potenze mondiali"...
Il G7 2017 si fece in Italia, a Taormina, nella regione in cui più della metà dei giovani sono emigrati (di tutti e 3 i tipi), e i giovani rimasti rientrano nelle condizioni precedentemente descritte.
Un paese in cui i dati statistici sulla crescita e il lavoro dei giovani come si puo notare dalle immagini del post precedente, sono completamente fuorvianti insieme a tante altri tipi di informazione... la situazione è molto più grave da quel che si vede da dentro... mi sono ritrovata a chiacchierare sia in Inghilterra che a malta con Serbi e Bulgari esattamente degli stessi problemi... mentre con inglesi e maltesi, increduli non riescono a credere che la realtà italiana si stia abbassando a tanto.

Per tutti quei diritti certi, ovvi e dati per scontati negli altri paesi europei e fino a qualche tempo fa anche nel nostro, ma che adesso sono calpestati, maltrattati e quando rispettati, rappresentano eccezioni per cui “doversi ritenere fortunato”.

  ·  7 years ago (edited)

Giustissimo! Ma infatti ho più volte sottolineato che parlavo della mia storia, delle mie esperienze, delle mie ossevazioni e riflessioni, senza pretesa esplicativa del fenomeno in sé... ma continuo a ripetere, che esse sono piuttosto rappresentative situazione al Sud italia in particolare in Sicilia dove l emigrazione (all estero o al nord Italia) è altissima: esempio ieri i miei ex compagni del liceo si sono riuniti, di 30 erano in 8 gli altri tutti fuori a lavorare.
In famiglia da me di 8 cugini solo due vivono a Palermo, di cui uno è probabilmente si trasferisca prima dell estate, e potrei continuare ancora e ancora... e nella maggior parte dei casi il problema comune è quello di cui parlo qui... ma sicuramente non è così in altre aree di italia.
Ma a prescindere. Questa è la mia storia io mi sentivo Andromeda, e mi ci sento tutt ora anche se da altri punti di vista 😅

  ·  7 years ago (edited)

Ah scusatemi un ultima cosa (ma non per importanza: 😅 @cryptofarmer @gabriele-gio
Dovete anche considerare che ho deciso di dare voce ad una nuova forma di emigrazione del tutto sui generis ( a cui ho voluto dare il nome di "del terzo tipo"
appunto x il paragone ad una forma aliena) tutto ciò a cui vi riferite voi la farei rientrare nelle altre due categorie (le classiche), oppure all emigrazione come fenomeno in Gen erale.
Ma ho provato a esplicitare che questo macro aspetto era messo da parte nelle mie riflessioni sia del primo che del secondo post.