Ciao amici di Steemit!
Come già avevo detto nella mia presentazione, non molto tempo fa ho pubblicato il mio primo libro intitolato "La Ragazza Gemini", primo volume di una trilogia chiamata "Le Profezie del Destino". Si tratta di una saga urbanfantasy di cui presto pubblicherò anche il secondo volume.
Volevo lasciare qui di seguito un piccolo estratto preso direttamente dal libro, inoltre vi ricordo che se siete interessati a leggere la trama, potete recarvi su qualsiasi sito come Streetlib, Amazon, Ibs, Kobo dove è possibile acquistare una copia sia in formato cartaceo che in formato digitale. Godetevi l'estratto!
ESTRATTO DAL CAPITOLO 1 - UN INCONTRO INASPETTATO
Sola. Seduta sugli scalini che portavano all’ingresso della scuola, Angelica era sola. Mancavano ancora cinque minuti al suono della campanella che avrebbe decretato l’inizio delle lezioni.
Tutti gli studenti del liceo classico Jean Jacques Rousseau erano sparpagliati qua e là per il cortile. Chi chiacchierava animatamente, chi ripassava per una verifica o un’interrogazione, chi raccontava barzellette, chi amoreggiava con il fidanzato.
Lei, invece, era sola come tutte le mattine, sempre seduta nel suo posto preferito, un angoletto buio e tetro che anche nei giorni di sole sembrava rifiutare la luce.
La ragazza controllò il cellulare: due minuti al suono della campanella.
Sospirò e alzò gli occhi verso il cielo. Erano i primi giorni di aprile, ma la primavera tardava ad arrivare, sovrastata dalla perenne presenza di grossi nuvoloni grigi che coprivano il sole. Davvero deprimente.
Pensò alla noiosissima giornata che l’aspettava: sei lunghe ore di lezione in cui i professori avrebbero sprecato metà del tempo a rimproverare i ragazzi più indisciplinati della sua classe. Fantastico!
Percepiva già il mal di testa in arrivo.
Alla fine, l’indesiderato suono della campanella arrivò. La ragazza sospirò di nuovo e chiuse gli occhi per qualche istante mentre aspettava che la calca di ragazzi entrasse a scuola. Quando aprì gli occhi, più della metà degli studenti erano già entrati, così si alzò riluttante e si avviò svogliatamente verso l’ingresso.
Prima di entrare in classe decise di fare una capatina in bagno.
Si guardò allo specchio appeso al lavandino e, come sempre, ciò che vide non le fece né caldo né freddo.
I soliti capelli biondo scuro circondavano un volto pallido; i soliti occhiali della montatura nera con le spesse lenti; gli occhi nocciola incredibilmente seri e tristi, sotto i quali persistevano aloni leggermente violacei a testimoniare le lunghe ore che passava sui libri, riflettevano il suo sguardo pensieroso.
Angelica si guardò il pallido collo dove scendeva la collana con il ciondolo a forma di cuore di cristallo che portava ogni giorno: era un regalo di suo zio e, ormai, era diventato il suo portafortuna.
Passò a guardare la maglietta che indossava. Non era mai stata una ragazza alla moda e nel suo armadio regnavano solo felpe, jeans, t-shirt e scarpe da ginnastica.
Sospirò per l’ennesima volta, scosse la testa e si avviò verso la sua classe.
Non degnò i suoi compagni di uno sguardo e andò a sedersi al suo posto, uno dei banchi in fondo alla classe sul quale una lampada attaccata al soffitto gettava luce ad intermittenza, lasciando spesso quell’angolo in penombra. Angelica aveva fatto presente più volte che quella luce non funzionava bene, ma ai professori non era importato molto.
Girò la testa verso sinistra guardando il banco qualche postazione più in là del suo: Roxana, l’unica amica che aveva, era di nuovo in ritardo. Come al solito sarebbe arrivata all’inizio della seconda ora di lezione.
La ragazza sospirò di nuovo, appoggiò la faccia sulle mani e fissò un punto nel vuoto. Iniziò, così, a contare i minuti che la separavano dalla fine di un’altra apocalittica giornata di scuola.
Azazel superò i cancelli della nuova scuola con la sua magnifica moto.
Sfrecciò attraverso il parcheggio dirigendosi verso l’area riservata ai motorini e inchiodò parcheggiando. Tolse il casco e guardò il cellulare su cui apparve l’ora 8:05. Il ragazzo sorrise: in ritardo già il primo giorno di scuola.
Scese dalla moto e guardò per qualche secondo il mastodontico edificio grigio davanti a lui, dove sarebbe dovuto rimanere per almeno tutto il resto dell’anno scolastico. Fantastico! Avrebbe preferito rimanere all’Inferno piuttosto che sopportare di dover passare del tempo in quel manicomio di ragazzini con gli ormoni a palla. Tuttavia, aveva una missione da compiere. Non poteva rifiutarsi di svolgere un compito affidatogli dallo stesso Lucifero. Se tutto fosse andato secondo i piani, si sarebbe presto ritrovato a comandare un’altra legione di anime perdute, acquistando più potere.
Scosse la testa nel disprezzo più totale di quell’incarico, tirò un calcio ad una pietra e si decise ad entrare nell’atrio della scuola. Si diresse, poi, verso il centralino, dove una donna di mezza età con dei capelli orribili lo osservò al di sopra di un paio di occhiali di un orrido color marrone spento.
<<Posso aiutarti?>>, domandò con voce irritante.
Azazel la guardò dritto negli occhi: sapeva che la donna stava osservando le fiamme dell’Inferno al loro interno e presto sarebbe stata completamente in suo potere. Quando lo sguardo della donna divenne vacuo, gli occhi di Azazel tornarono azzurri.
<<Bene.>>, disse, <<Ora dimmi, umana: dove si nasconde quell’angioletto di mio fratello che si fa chiamare Raffaele Astri?>>
La donna lo guardò come se fosse in trance, poi digitò un paio di volte sul computer. <<È iscritto nella classe 4B.>>, disse poi.
Azazel annuì. <<Molto bene. Ora dimmi in che classe sono io: mi chiamo Andrea Inferi.>>
La donna digitò di nuovo sull’elaboratore e rispose:<<3M.>>
Il ragazzo alzò un sopracciglio. <<E dove si trova?>>
<<Va lungo il corridoio, svolta alla prima porta a sinistra, poi sali le scale e gira di nuovo a sinistra. Troverai la targhetta della classe sulla porta.>>
Azazel annuì compiaciuto e disse beffardo:<<Grazie. Ora torna a fare ciò che stavi facendo.>>
La donna si rimise al lavoro come se non fosse successo niente.
Azazel seguì le indicazioni che lo portarono davanti ad una porta chiusa su cui era scritto “3M” e bussò.
Una voce maschile dall’interno disse “Avanti” e lui aprì la porta entrando in classe. Si soffermò a guardare l’uomo seduto dietro alla cattedra: una barba unticcia penzolava dalla mandibola squadrata di un uomo che doveva aver passato i cinquant’anni già da qualche tempo; due occhi severi, di uno sgradevole azzurro slavato, lo fissavano con disprezzo. Quando verrai all’Inferno non mi guarderai più così, insulso umano, pensò il demone.
<<Sei in ritardo, Inferi. Per questa volta passi, ma solo perché è il tuo primo giorno in questa scuola.>>, disse il professore. Poi girò gli occhi verso gli alunni e presentò il nuovo arrivato:<<Questo è Andrea Inferi, il vostro nuovo compagno.>>
Un brusio sommesso percorse la classe: erano già tutti eccitati di conoscere qualcuno di nuovo. Patetici umani, pensò Azazel.
Il demone vide che solo un banco era rimasto libero e lì si diresse, mentre le lampade sul soffitto ronzavano al suo passaggio come se lui stesso fosse un’interferenza. Sorrise mentre tutti guardavano le luci sbalorditi.
Nessuno sapeva che il Male in persona era appena entrato nelle loro vite.
Ancora stava sorridendo, quando una strana sensazione lo colse e iniziò a sentire un formicolio sulla nuca.
Sbatté qualche volta le palpebre confuso e decise di guardare dietro di sé: ciò che vide lo colse del tutto impreparato - e di rado un demone è impreparato.
C’era una ragazza seduta al banco dietro al suo ma non l’aveva notata prima perché era in ombra, a causa della lampada spenta sulla sua testa.
Appena incrociò lo sguardo di lei, la lampada si accese permettendogli di vederla meglio. Lei lo stava osservando con curiosità, un’espressione così seria e impegnata sul volto che quasi fece perdere un battito al suo cuore immortale.
Nonostante lui la stesse fissando, lei non distoglieva lo sguardo, anzi sembrava aver iniziato ad osservarlo meglio, come se fosse una cellula al microscopio.
All’improvviso gli venne voglia di sorriderle, ma si trattenne e, invece, sgranò gli occhi. Non era possibile che ad uno come lui, un demone, un angelo caduto, venisse voglia di sorridere ad un’umana, un essere inferiore. Che stava succedendo?
Si girò di scatto fissando gli occhi sul banco. Poi scosse la testa e iniziò a respirare profondamente per calmarsi mentre la lampada sopra di lui iniziava a produrre un ronzio quasi assordante.
Il ragazzo si era girato di scatto, ma Angelica continuava a fissargli la nuca.
Appena era entrato, la ragazza aveva sentito una ventata di aria gelida sconvolgerle le viscere e poi aveva ricordato il sogno fatto la notte appena passata.
Aveva sognato un corvo. L’animale era zampettato qua e là producendo un verso orribile, poi le si era poggiato su un braccio e l’aveva guardata. Ma, a dispetto del verso che produceva, i suoi occhi sembravano dolci e gentili; non erano per niente gli occhi di un corvo, bensì occhi azzurro ghiaccio identici a quelli del ragazzo seduto davanti a lei. Ma le due cose non potevano essere collegate, giusto? Lei non era un’indovina che faceva sogni premonitori e quel ragazzo non assomigliava per niente ad un corvo.
Anzi, era davvero carino. Non carino nel modo in cui lo può essere uno di quei ragazzi popolari che venivano adorati da tutte le ragazze della scuola, ma carino come solo le cose che piacevano a lei lo potevano essere.
Era molto alto e aveva le spalle larghe, tanto che le coprivano quasi interamente la visuale. Aveva gli zigomi alti che davano un tocco arrogante e maligno al suo volto e i capelli, una massa arruffata che si allungava sulla fronte, erano di un nero che più nero non esisteva. Infine, la pelle era chiara e senza il segno di imperfezioni e le labbra ben delineate.
Gli sembrò una creatura meravigliosa.
La ragazza passò ad esaminare i suoi abiti: indossava un giubbotto da moto cross con sotto una t-shirt nera al cui centro era disegnato un enorme teschio grigio; alle gambe aveva un paio di jeans, neri anch’essi, con a lato una catena d’acciaio borchiata.
Sì, era decisamente la creatura più meravigliosa dell’intero universo. Certo, sempre che ti piacessero quel genere di persone.
Angelica era ben consapevole che stava continuando a fissarlo, ma non riusciva a distogliere lo sguardo. Percepiva altro in lui oltre all’aspetto meraviglioso, qualcosa che non riusciva a spiegarsi.
E poi lui la guardava di sottecchi in continuazione, quindi non poteva fare a meno che continuare a guardarlo.
Suonò la campanella e lei si riscosse. Cavolo, era già passata la prima ora? Così velocemente?
Angelica scorse vagamente che Roxana era arrivata e la stava salutando con un cenno della mano. Si sentiva un tantino confusa, come se avesse appena finito di vedere un film al cinema ed ora toccava allo stordimento da casse-acustiche-a-palla-più-maxi-schermo.
L’amica buttò la cartella sul banco e si diresse verso di lei. <<Scusa, lo so: sono di nuovo in ritardo. Ma i pullman tardavano a passare così ho dovuto aspettare e...>>
Mentre Roxana si lanciava in un resoconto dettagliato del suo “merdoso” inizio di giornata - come lo definiva sempre lei -, Angelica continuava a fissare Andrea, il quale era appena stato assalito dalle sue compagne di classe che avevano iniziato a tempestarlo di domande.
Patetiche oche, pensò amaramente lei. Poi, una mano dalle unghie smaltate entrò di colpo nel suo campo visivo e la ragazza fu costretta a sbattere le palpebre.
<<Ehilà? C’è nessuno in casa? Mi stai ascoltando o no?>>, chiese Roxana, guardandola senza capire il motivo della sua distrazione. Ma, quando Angelica riportò lo sguardo sul ragazzo misterioso, l’amica seguì il suo sguardo e rimase sorpresa.
Angelica si accorse della faccia stupita di Roxana e a bassa voce le disse:<<Questo è Andrea, il nuovo compagno di classe.>> [...]
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