Hanns Heinz Ewers, 1871 – 1943, Germania. Scrittore, avvocato, attore, poeta, spia, regista, dandy nazionalsocialista, aristocratico provocatore, studente di esoterismo, simpatizzante satanista, viaggiatore, anarchico di primo pelo e libertino, divo e latin lover, odiato e amato ma soprattutto necessario.
È solo con rassegnato rammarico che spesso si guarda agli spazi lasciati vuoti dall’inerzia culturale. Una inerzia che nasce a volte come sintomo di un periodo storico, di avvenimenti che segnano la direzione di una fuga, anche intellettuale, verso orizzonti di diverso respiro. E’ forse quello che è successo nel caso italiano di Hanns Heinz Ewers, o per meglio dire, nel NON caso, quello di una lacuna nell’importazione delle opere di uno dei più grandi autori, non solo del fantastico, del XX secolo, un autore di peso non limitato al panorama tedesco ma che ha influenzato quello europeo.
Di Ewers un italiano può leggere ben poco, nonostante dalla sua mente vivace, eccessiva, di pungente avanguardia, siano scaturite valanghe di materiali letterari e non solo. Dai racconti brevi ai romanzi del fantastico e dell’orrore, quelli che gli hanno donato la più grande popolarità, passando per i testi ironici da cabaret, sceneggiature per il teatro, soggetti per il cinema, poesie, saggi (un volume molto denso su Edgar Allan Poe e un trattato scientifico sulle formiche, per esempio), diari di viaggio, soprattutto del Sud America e India, articoli sul cinema, sulla cultura, sulla letteratura, diari incompiuti sulle sue esperienze con le droghe, principalmente mescalina e oppio. (Si inserisce questo in un filone di indagini introspettive che andavano di moda tra gli autori dell’epoca, soprattutto tra i Romantici e come molti di essi, l’autore avrà problemi a gestire le sue dipendenze. L’alcolismo e il tabagismo ne mineranno fortemente la salute).
Il bagaglio di esperienze di Ewers è notevole, così come lo è la sua dedizione per la scrittura e l’attitudine, nella pura tradizione tedesca, a lasciare un percorso definitivo come quello dell’avvocatura (ricalcando in questo le orme di Goethe, Kafka, Grimm e altri) per dedicarsi anima e corpo all’avventura delle pubblicazioni. E’ anche un figlio d’arte, cresciuto con attenzioni e stimoli sempre nuovi. Suo padre era pittore al servizio del Granducato di Mecklenberg-Schwerin e sua madre era una donna di grande cultura, traduttrice di numerose opere dal francese al tedesco, un percorso che Ewers seguirà a sua volta per tutta la vita. La madre sarà, a differenza del padre, un pilastro nella sua formazione, le scriverà da adulto quasi ogni giorno e le dedicherà un racconto intitolato Mia madre: la strega, giocando (ma non troppo) con la convinzione della famiglia che possedesse poteri paranormali. Più prosaicamente, la madre gli donò le basi di una grande conoscenza religiosa, familiarizzandolo con culti e credenze di vario genere, dalla cabala al buddismo.
Di persona, Hanns Heinz Ewers era capace di suscitare sentimenti contrastanti nei suoi interlocutori. Di lui era nota una certa prestanza fisica che sconfinava in un dandismo alla Oscar Wilde; si diceva che fosse omosessuale ma non ci fu mai modo di provare questo pettegolezzo, nato forse dalle sue dichiarazioni (all’epoca scandalose) sul fatto che l’omosessualità fosse una innata condizione umana, quindi non un delitto ne’ una malattia; teoria coltivata con Magnus Hirschfeld, popolare sessuologo e intimo amico con cui passava spesso dei soggiorni in Italia.
Teneva a mostrarsi in pubblico e alle donne in modo spiccatamente aristocratico nonostante suo padre, morendo, avesse lasciato lui, la madre e il fratello Edward in grandi difficoltà economiche. Mai fuori posto ma quasi sempre eccessivo, mai volgare ma possibilmente sconvolgente, la sua caratteristica estetica più nota, oltre all’abbigliamento, era la cicatrice che gli attraversava tutto il viso, forse una medaglia del mensur o il ricordo di un duello, attività in cui Ewers si trovava spesso coinvolto, come quando fu incarcerato per cinque settimane perché sfidò a duello (illegale) tre membri di una associazione dedita allo studio dello spiritismo. La sua carriera universitaria si concentrava più che sullo studio, sulle attività della confraternita, la Corps Normannia Berlin, che aveva svezzato, tra gli altri, George Sylvester Viereck, un importante propagandista del futuro Reich, giornalista, scrittore e grande occultista, amico intimo di Aleister Crowley, che altrettanto lo diverrà di Ewers. I suoi anni di studio, in cui alternava una certa noia per la materia giuridica impostagli dalla famiglia e l’estasi per la libertà personale che viveva, trascorrevano fra le birrerie e i bordelli, notti brave, scandali e duelli, droghe e questioni di onore che lo porteranno infine ad essere espulso dall’università di Berlino. Si iscriverà altrove, continuando una vita dissoluta e nomade fino all’ottenimento del titolo di avvocato, con cui non riesce quasi a fare pratica perché la sua attitudine molesta e l’atteggiamento snob e poco responsabile con cui si fa scudo lo rendono insopportabile ai giudici, che gli preferiscono altri praticanti. Gli ultimi anni di studio e mancata pratica a Leipzig gli valgono anche la sua unica figlia, nata da una relazione occasionale e di cui conoscerà l’esistenza a distanza di anni, mentre si sposerà solo nel 1901 con Ilna Caroline Wunderwald, la figlia di un piccolo industriale appassionata di arte, un primo matrimonio che non gli darà grandi scossoni ma diventerà piuttosto un porto franco da ogni eccesso almeno fino al 1912, anno in cui la coppia divorzierà, non senza rammarico di Ewers che negli anni precedenti aveva cercato di salvare il rapporto. Prima con la moglie e poi senza, viaggia in lungo e in largo in tutto il mondo, ma uno dei suoi luoghi preferiti è Capri, isola libertina per eccellenza, dove pratica il nudismo e frequenta circoli esoterici. L’interesse per la vita, l’intensità che gli fu sempre riconosciuta nell’approcciarsi ad ogni aspetto della realtà che lo circondava, lo rende una personalità quasi unica nel panorama dell’epoca ma perfettamente adeguato alle derive bizzarre della cultura di Weimar, quella delle donne fascinose, delle fumerie d’oppio, delle sedute spiritiche e delle serate danzanti. Cresciuto con una madre devota alle tradizioni, Ewers coltiva da sempre un culto personale per il folklore teutonico; è un fervente patriota, spesso e volentieri sconfina in un vago egotismo e sviluppa un interesse quasi religioso per il corpo umano come tempio dell’anima. Non può che restare affascinato, quindi, dalla figura carismatica di Adolf Hitler. Durante gli ultimi anni della Repubblica di Weimar si iscriverà al Partito Nazista, arrivando a conoscere alti gerarchi (che pochi anni più avanti lo ostacoleranno nella sua carriera artistica a causa delle sue frequentazioni di circoli semiti e dei discorsi sull’omosessualità) e lo stesso Hitler, per cui in piena accoglienza discepolare, avrà degli slanci emotivi, scrivendo dichiarazioni come:
“Quello che mi ha fatto avvicinare a Hitler non era il desiderio di vedere un mio contemporaneo di tale livello, quanto piuttosto la sincera intenzione di mettermi a disposizione di un uomo che lotta praticamente solo nel pieno dell’impotenza tedesca, per la nostra libertà”
“[…] Hitler ha un unico amore: la Germania. […] Il popolo lo capisce e gli risponde con un amore uguale. E’ qui il segreto del suo successo: non si comanda solo una parte di popolo, si comanda tutto il popolo. Hitler si dichiara nemico degli sforzi individuali ed egoisti dei gruppi, non vuole saperne niente e non ha nessun interesse particolare per i contadini o gli operai, gli artigiani o gli industriali, non ha interesse per la religione, non per la classe; per lui la lotta di classe è un crimine contro la Patria. Hitler lotta per l’anima stessa del popolo tedesco.”
“Quest’uomo che ha avuto fede nel suo sogno, ha compiuto ciò che sembrava impossibile: ha insegnato ai tedeschi a sentirsi tedeschi. L’ha fatto per il bene della Germania e di tutta la civiltà europea. Se l’Europa non è caduta preda del bolscevismo, lo si deve principalmente a due uomini: Benito Mussolini e Adolf Hitler.”
Una parte in: Reiter in deutscher Nacht, 1931
Il Furher resta a sua volta affascinato dal carattere fuori dagli schemi di Hanns Ewers e dalla sua opera raffinata seppur grottesca e fantastica, tanto da commissionargli il progetto di un libro su una figura molto cara ai nazisti, il martire Horst Wessel. La biografia sarà un vero dramma per lo scrittore, soprattutto a causa della famiglia di Wessel che controlla ogni informazione da lui scritta. In più, l’editoria sembra deridere i suoi sforzi: al termine del romanzo, pesantemente modificato tra l’altro in fase di stampa, l’autore dovrà affrontare di nuovo correnti contrarie. Gli editori al di fuori del Partito lo considerano un romanzo di propaganda, edulcorato ed eccessivo, mentre gli editori del Partito sono ovviamente disposti a pubblicarlo ma non a pagarlo. Alla fine riuscirà a venire pubblicato imponendosi con la sua esperienza di avvocato e l’opera sembra anche incontrare i favori dell’élite nazista (Ernst Röhm in persona, generale colonnello delle SA a cui Wessel era appartenuto, la considera un’opera epica) ma la produzione di un film, l’anno successivo, incontra invece la censura su pressione dei detrattori politici dell’autore. Ufficialmente Ewers è stato, nella sua trasposizione, fin troppo fedele alla realtà: alcuni dettagli della guerra emotiva e politica di Wessel potrebbero cozzare con lo spirito con cui il Partito Nazista vuole drappeggiare la Germania, in quel momento in piena scalata al potere. Ufficiosamente, Ewers è oggetto di astio e rancore, la sua personalità e i suoi eccessi disgustano molti gerarchi e la pressione si incanala nel Ministero della Propaganda. La censura stravolge il film, che comunque alla fine, per vie traverse, verrà fuori in una trilogia dal sapore fortemente propagandistico chiamata Hans Westmar, della cui opera iniziale di Ewers resta ben poco.
L’appoggio dello scrittore al nazismo, nonostante la sua controversa visione del sesso e la sua dichiarata, senza timori di sorta, contrarietà all’antisemitismo del futuro Reich, sono probabilmente una delle cause dell’oblio che a lungo, nel nostro caso sino ad oggi, ha nascosto l’autore agli scaffali di biblioteche e librerie: a differenza di casi simili, come il connazionale Jünger o il francese Céline però, la redenzione da parte dell’editoria contemporanea tarda ancora ad arrivare. Prova ne è che è stato a suo tempo uno degli autori tedeschi più tradotti e pubblicati dell’epoca eppure il mercato italiano ha scelto di aprirsi solo alla sua produzione di genere, quella più nota, la trilogia del fantastico e altre storie minori. C’è da dire che anche in patria e nel resto dell’Occidente comunque, Ewers è una figura che pian piano, dopo la sua morte, è scivolato nel dimenticatoio: anche gran parte della critica letteraria tedesca attribuisce questo oblio alla sua vicinanza al nazionalsocialismo.
Non gli si può perdonare, forse, il suo entusiasmo verso quello che all’epoca sembrava essere un movimento politico in grado di nutrire lo spirito nazionale dopo lo sconforto di una Prima Guerra Mondiale a cui lo stesso Ewers aveva attivamente partecipato in qualità di agente tedesco negli Stati Uniti. Gli va riconosciuto, infatti, un amore per la nazione attivo ed energico, non banale se si pensa che parliamo di uno scrittore, avvocato e letterato, caratteristiche da scrivania che ben compensavano in altre biografie la lontananza dall’azione effettiva. Nel 1891 si arruola nel Kaiser Gardegrenadier Regiment, ma viene riformato dopo solo 44 giorni a causa della sua miopia. Spinto a scrivere da questo fallimento e dalla sua curiosità a viaggiare, Ewers abbandona l’Europa e arriva in Sud America, dove in Messico prende contatto con Pancho Villa, simpatizzando per la sua rivoluzione (e ne approfitta per spingersi fino alle isole del Sud per approfondire i suoi studi sul voodoo). Nel periodo che precede la Prima Guerra Mondiale è in Perù, dove riceve la notizia dell’opera delittuosa di Gavrilo Princip. Il grande conflitto è alle porte e di corsa Ewers arriva negli Stati Uniti attraverso la Jamaica. Vuole tornare in patria ma imbarcarsi è impossibile: le navi tedesche sono ferme in porto e l’unica volta che riesce a partire, il comandante è costretto a tornare indietro. La Germania ha dichiarato guerra alla Russia e ora Ewers è bloccato in America, segretamente controllato come tutti i cittadini di etnia tedesca dall’intelligence britannica e americana. Ewers è (a ragione) sospettato di essere un agente attivo tedesco ed effettivamente lo scrittore, troppo vecchio e miope per aspirare al fronte, si spende per aiutare i connazionali che vogliono tornare in patria a combattere per il Kaiser, facendo loro ottenere documenti falsi. Nei suoi frequenti viaggi in Messico poi, la storiografia ci vede un progetto altrettanto patriottico, quello di sviare l’ingerenza americana sull’Europa grazie alla rivoluzione al confine messicano fomentata da Pancho Villa. Sarebbe stato quindi, tra le altre cose, un agente provocatore. Contemporaneamente a queste attività sovversive, continua comunque la sua attività di scrittore, del resto abbastanza conosciuto nei circoli americani, reputazione che non lo salverà però dall’accusa di propaganda tedesca e antiamericana. Nel 1918 viene arrestato e accusato di spionaggio da francesi, americani e inglesi; viene internato a Fort Oglethorpe in Georgia, dove continua a scrivere ma si indebolisce fisicamente. Nel 1921 viene rilasciato e torna direttamente in Germania, con una futura seconda moglie, giovanissima e ricchissima e una consolidata amicizia basata su nazionalismo e occultismo con il satanista inglese Crowley (che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale affermerà di essere stato un agente inglese). Durante la sua esperienza di viaggiatore, dal Sud America all’Africa all’Oriente, Ewers costruisce la sua personale visione su popoli e razze, praticamente affine a quella che ha sulla giustizia: non c’è uguaglianza nemmeno tra i popoli e, ovviamente, la natura sembra aver prediletto la razza europea come portatrice di doti evolutive. E’ monarchico, militarista, ammira Oswald Spengler e Moeller van den Bruck.
Questo curriculum patriottico e ideologico di tutto rispetto, non colpisce particolarmente gli esponenti più antisemiti e radicali del Partito. Goebbels, in qualità di Ministro della Propaganda dal 1933 deciderà di censurare le opere di Ewers, accusate ufficialmente di mancanza artistica: troppo decadenti, troppo pessimiste, troppo fataliste rispetto al sentimento tedesco di grandezza, di potenza e di resilienza, tutti strumenti necessari al padroneggiare il proprio destino (e spingere l’ascesa del sogno germanico). Non manca certamente, come già accennato, una antipatia del regime alle frequentazioni di Ewers e al suo essere pubblicamente contrario alla politica antisemita di Hitler che negli ultimi anni della censura, sembrerà dimenticarsi completamente di lui fino alle ultime battaglie della sua vita, quando solo contro la punta della piramide nazista, sarà lo stesso Hitler a mettere la parola fine alle diatribe. Oltre ciò, a dispetto della fulgida visione dell’eroe tedesco, Hanns Heinz Ewers è un tradizionalista nel senso romantico-letterario del termine: i suoi sono eroi disperati che non padroneggiano mai il proprio destino, sono destinati a soffrire e tormentarsi, il futuro è ineluttabile, spesso corrotto da una mano sovrannaturale. La tensione tra l’autore e il regime scemerà pian piano con la revoca della censura sulle sue opere, ma Ewers dovrà combattere gli ultimi anni della sua vita per difendere le sue opere e la sua persona, arrivando a coinvolgere in una battaglia legale perfino i gerarchi Hess e Martin Bormann, che si pronunceranno in suo favore, e come accennato prima, lo stesso Hitler. Ma il declino è troppo avanzato e la salute troppo compromessa: muore di tubercolosi nel 1943, facendo respirare di sollievo chi desiderava solo vederlo sparire dalla scena tedesca. Uno dei momenti più alti della sua vita comunque, stando alle sue parole, è l’incontro privato con Hitler, per cui mosse mari e monti, evento che lo inserirà ufficialmente (con grande disappunto già a suo tempo di molti politici e intellettuali del Partito) tra le fila dei nazionalsocialisti:
Il 2 novembre 1931, alle 11,00 del mattino, sono stato ricevuto dal Führer alla Braunes Haus di Monaco dove ho avuto con lui una lunga conversazione. In questa occasione, il Führer mi ha ammesso al partito con una stretta di mano. Dopo il colloquio, quello stesso giorno, l’aiutante in servizio Graf Du Moulin-Eckardt mi ha accompagnato in un ufficio dove mi ha inserito in un registro e dove ho pagato la mia quota. Il giorno seguente mi sono presentato alla sezione locale di Schill, a Berlino. Dal novembre 1931 figuro come membro di questo gruppo locale e pago regolarmente le mie quote.
Dichiarazione giurata autografa del 23 agosto 1939
Un aspetto di questo avventuriero che non smetterà mai di affascinare è sicuramente la sua padronanza dell’esoterico, di cui fu, più che discepolo, un studioso e teorico. Molto vicino agli ambienti rosacrociani, amico per quasi tutta la vita di Aleister Crowley e di altri famosi esoteristi e appassionati dell’occulto europei, vive sia a livello personale che letterario la dimensione arcana; il fantastico e l’oscuro estrapolati dalla tradizione, la razionalità che affronta il presentimento, l’inconscio e la consapevolezza, il quotidiano stravolto nell’assurdo, tutto questo è il cardine della sua opera migliore. Elementi che uniti a nemmeno troppo blande escursioni nella perversione, nella violenza estrema e nella pornografia, danno vita nel filone dell’orrore e del fantastico a storie che gli valgono dai contemporanei e dai critici delle successive generazioni riconoscimenti quali: lo scrittore del fantastico più importante della Germania; il fautore di uno stile unico, capace di unire finalmente in un consenso il pubblico comune e quello intellettuale; il pioniere dell’espressionismo tedesco; l’Edgar Allan Poe di Germania. H.P. Lovecraft, che grazie alla traduzione negli Stati Uniti dei suoi primi lavori dell’orrore scoprirà Ewers, ne scriverà nel saggio L’orrore soprannaturale in letteratura, nelle poche pagine dedicate agli scrittori tedeschi:
"In questa generazione, la letteratura dell’orrore tedesca è rappresentata principalmente da Hanns Heinz Ewers, che nelle sue cupe concezioni manifesta e usa una effettiva conoscenza della psicologia moderna. Storie come The Sorcerer’s Apprentice e Alraune, racconti come The Spider, contengono certe qualità che li elevano al livello di classici."
Lovecraft e Ewers condividono diversi punti di vista, sulla razza per esempio e sulla degenerazione della società, che in Ewers non trova soluzioni ma solo un certo piacere nella decadenza abbellita di crudele ironia, nella tradizione culturale di uno dei suoi grandi amori letterari: Villiers de l’Isle Adam.
La produzione letteraria
L’apertura mentale di Ewers, molto cosmopolita fin da piccolo grazie all’ambiente familiare, gli permette di ricevere ispirazioni e influenze culturali soprattutto da parte francese e inglese. Inizia a scrivere già a 17 anni, poesie patriottiche dedicate al Kaiser e a Bismarck, collaborando poi con varie riviste di filosofia e letteratura, creandosi parallelamente una certa fama di personaggio polemico, difensore dell’emancipazione sessuale, scandaloso libertino e anarchico. Non manca di firmare, spesso, le sue piccanti dichiarazioni sulle riviste con lo pseudonimo Nazi, che ancora all’epoca non aveva connotazioni politiche ma identificava un modo di essere a metà tra il filibustiere e il divo. Nel 1901 pubblica Fabel Buch (A Book Of Fables) a quattro mani con Theodor Etzel, una raccolta di piccole storie e poesie dai toni satirici. Nel frattempo si nutre di autori che lo segnano profondamente, come E. T. A. Hoffmann, Edgar Allan Poe, D’Annunzio, W. Shakeaspeare, Oscar Wilde, Huysmans e Villiers de l’Isle Adam che traduce dal francese al tedesco. Filosoficamente i suoi riferimenti sono Spinoza, Nietzsche e Stirner. Da quest’ultimo prende la sua principale filosofia di vita:
"Che mi importa della morale. Sono un essere umano, sia buono che cattivo, come voi, e non posso sopportare nessuna morale. Affermo che i miei misfatti, che voi avete mille volte condannato, non sono dei peccati. Io sono il giudice di me stesso e non esiste nessun essere umano al di sopra di me! Nemmeno nessun dio! Non riconosco una autorità celeste, così come non riconosco autorità terrena […]. Mi sottometto alle stupide gerarchie del mondo perché vedo che non posso ottenere nulla in altro modo, però ne sono disgustato. Spesso a tal punto che ho la sensazione di soffocare"
Su Edgar Allan Poe scriverà un saggio nel 1905 mentre su Oscar Wilde scriverà un’opera chiamata C.3.3, dal nome della cella in cui fu rinchiuso lo scrittore. Esprime qui dei concetti molto limpidi contro la giustizia, il cui proposito di eguaglianza è un limite da superare perché, secondo lui, non è giustizia quella che incarcera un genio come Wilde ponendolo alla stregua di una mente criminale comune. Lo scrittore non è quindi a favore dell’appello universale che vuole la giustizia uguale per tutti.
Le radici del suo stile gotico, grottesco e nero nascono anche dalla sua passione per il teatro, in cui muove i primi passi artistici. Inizia a collaborare con l’Überbrettl di Ernst von Wolzogen, il primo cabaret tedesco ispirato al Grand Guignol e al Le Chat Noir francese, ma abbandona presto l’ambiente a causa della censura tedesca, un limite che segnalava quanto la cultura nazionale fosse ancora acerba su certi tipi di intrattenimento popolare. Si dedica alla scrittura di racconti, che pubblica in blocco a partire dal 1907 con Das Grauen (The Horror) e Die Besessenen, del 1908. Quest’ultima raccolta presenta incursioni particolari oltre che nel gotico classico anche nella realtà contemporanea. Il racconto Der Spielkasten è ambientato infatti nel Vietnam francese, dove Ewers immagina se stesso in un incontro con un esule tedesco, Edgard Widerhold che gli racconta di come i vietnamiti siano capaci di respingere gli attacchi dei colonizzatori nel cuore della loro nazione, evocando gli orrori a cui i soldati europei devono andare incontro, come il loro connazionale Karl von K. che lotta tra le fila della Legione Straniera, venendo infine catturato e crocifisso da un signore della guerra locale. C’è qui anche il suo racconto più famoso, Die Spinne (Il Ragno), considerato uno dei racconti horror psicologici più raffinati di sempre, dove compare la prima delle vampire psichiche, donne fatali di Ewer, Clarimonda.
"What does Clarimonda look like? I’m not quite sure. Her hair is black and wavy; her face pale. Her nose is short and finely shaped with delicate nostrils that seem to quiver. Her lips, too, are pale: and when she smiles, it seems that her small teeth are as keen as those of some beast of prey."
Il Ragno è la storia di una stanza d’albergo parigina dove tre uomini si uccidono, uno dopo l’altro, impiccandosi a una trave del soffitto; un ragno nero abita la loro bocca deformata dalla morte. Un giovane studente di medicina, Richard Bracquemont decide di risolvere il mistero. Il giovane occuperà la stanza dei suicidi, scoprendo l’esistenza di Clarimonda, di cui si invaghisce, attirato da lei come una falena dalla luce, donna misteriosa e affascinante, forse irreale, sfuggente ma ipnotica come un ragno. La novella ha definiti aspetti erotici, come il voyeurismo, l’ossessione di Bracquemont per Clarimonda, la fisicità invitante della donna che stimola la lussuria del giovane, un velo sugli occhi del protagonista ma non sui nostri, che ci accorgiamo con ansia, man mano che la lettura procede senza svelare niente dei suoi misteri, della malignità di questa donna e della relazione muta ma fortissima che intrecciano i protagonisti.
Il primo romanzo di Ewers è del 1909/1910 e si chiama Der Zauberlehrling (The Sorcerer’s Apprentice): introduce qui per la prima volta il protagonista di una trilogia, quel Frank Braun che è il suo alter ego, aristocratico scienziato occultista, privo di scrupoli, devoto al lato oscuro, insofferente e disumano. In questa prima avventura, il lettore è intrigato dall’amoralità di Braun che in un villaggio montano del nord Italia, compie esperimenti di ipnosi su una donna appartenente alla comunità cristano-evangelica del posto, giocando pesantemente con tutto quel mondo sacro proprio dell’iconografia cristiana, parteggiando evidentemente per il Male non solo nelle azioni del suo protagonista ma anche nell’evoluzione della trama stessa. La sfortunata preda di Braun è infatti trasformata attraverso il potere dell’ipnosi, in una santa con tanto di stigmate e con finale di inaudita violenza (spoiler alert: viene crocifissa). Questa storia che all’epoca intrigò e orripilò al tempo stesso il pubblico tedesco, si basa su eventi reali, la morte per isterismo di massa di Margaretta Peter; una dimostrazione ancora una volta di quanto la dimensione dell’orrore di Ewers sia strettamente connessa alla contemporaneità (come accade per il racconto sull’Indocina e altre storie brevi). Il secondo capitolo è forse il più celebre in assoluto della produzione di Ewers, Alraune, così com’è celebre la protagonista, altra vampira psichica portata all’eccesso nella sua trasposizione letteraria più alta e fortunata. Conosciuto anche come La Mandragola, questo romanzo del 1911 condensa le fantasie morbose e perverse di Ewers, rendendolo a tutti gli effetti un punto fermo nella produzione gotica e orrorifica con anticipate incursioni nella fantascienza dark. Ancora, saldamente connesso alla realtà, Ewers vi intreccia gli studi sulle patologie sessuali di Richard von Krafft-Ebing con quelli attualissimi di Cesare Lombroso che ancora spopola con La donna delinquente. In Alraune, Frank Braun vuole portare in vita una mandragola in carne e ossa. Per il background di questo romanzo, l’autore attinge al folklore tedesco che vuole la mandragola una pianta magica e terribile, dal grande potere occulto. Si dice che un uomo che muore per impiccagione, nel momento in cui trapassa ha un’ultima erezione; lo sperma eiaculato gocciola e feconda la terra, facendo crescere in quel punto una mandragola. Braun usando questa leggenda e la sfortunata e violentata prostituta Alma Raune, dai capelli rossi e la pelle diafana, con la complicità del professor Ten Brinken raccoglie lo sperma di un impiccato e la ingravida. Ciò che nasce è Alraune, una creatura splendida ma terribilmente maligna, ripugnante ma impossibile da rifiutare, capace di nutrirsi di ogni donna e uomo che cede al fascino del male di cui è pura espressione.
"You cannot deny, my dear friend, that there are in existence creatures who are neither man nor beast, but strange unearthly creations, born of the nefarious passions that arise in distorted minds"
Alraune è anche un successo cinematografico, sono cinque le trasposizioni fatte dall’opera e nella sola Germania le copie del libro vendute sono oltre un milione; nei due anni successivi alla pubblicazione, ha già raggiunto le 25 edizioni e sarà tradotto in 28 lingue. L’ultimo capitolo della trilogia è Vampire del 1920, che trae ispirazione dalle sue esperienze di viaggio e vita negli Stati Uniti e in America Centrale: nell’epilogo della trilogia (i volumi si possono comunque leggere singolarmente), l’antieroe deviato Frank Braun finisce col diventare un vampiro della tradizione classica, un bevitore di sangue giudeo distillato dalle vene della sua amante storica Lotte van Ness, chiudendo una evoluzione personale in cui solo nel capitolo di Alraune aveva ceduto alla mistica femminile, passando dall’essere il padrone allo schiavo, tornando infine in Vampire come unico Dio impietoso dell’allucinato universo di Ewers, riprendendo il dominio sul temibile potere femminile.
Altro elemento indagato nei mondi letterari fantastici dell’autore è l’androginia, intesa sia come carattere estetico che come carattere della psiche, aspetto che ritroviamo molto spesso nelle sue opere e di cui dirà egli stesso:
"Vorrei precisare che la psiche di un individuo non ha un singolo sesso ma contiene elementi sia maschili che femminili. Possiamo rendere onore alla nostra mascolinità ma questo non ferma l’aspetto femminile che abbiamo dentro dall’erompere di tanto in tanto"
In generale, tutta l’opera di Ewers è incredibilmente interessante, unica e curiosa. Nel 1922 pubblica, tra lo sconcerto di molti critici, un prosieguo ideale di Der Geisterseher, un racconto incompiuto di Friedrich von Schiller del 1789. Erano, gli anni di Schiller, quelli di una scoperta del romanzo di intrattenimento del fantastico, il gotico inglese, lo Schauerroman; lo stile di Schiller è razionale ma grondante di mistero, a lui si deve un filone di racconti che trattano di società segrete e intrighi. Schiller affascina Ewers, che decide di finire la storia cominciata dallo scrittore in un racconto dal medesimo titolo.
Le esperienze con gli stupefacenti dell’autore si mischiano con i diari di viaggio e le sue teorie sull’uguaglianza: in un racconto il peyote è il mezzo che una popolazione autoctona usa per recuperare la propria cultura di razza. Nell’opera Reiter in deutscher Nacht si cimenta in una vera e propria apologia dei Freikorps prendendo spunto dalle vicende di Karl-Günther Heimsoth. Per il suo amico sessuologo Magnus Hirshfeld scrive l’introduzione a Liebe im Orient, dove tratta del sesso nelle culture orientali, traducendo manuali erotici arabi e indiani. Nella raccolta Nachtmahr troviamo diverse piccole storie di alto livello: il tema dell’androginia e dello sdoppiamento in The Death of Baron Jesus Maria von Friedel, dove il Barone schizofrenico è dilaniato da due personalità di sesso opposto venendo ucciso da una delle due; ricorre in questa raccolta anche il tema classico del folklore germanico del Doppelgänger che ritroveremo nel famoso soggetto del suo film e poi ancora torture, sanguinosi divertimenti, morte violenta, duelli col coltello (Blood), l’esecuzione del mancato regicida francese Robert-François Damiens per squartamento in pubblico (The Execution of Damiens), la necrofilia (John Hamilton Llewellyn Ende) e anche, incredibilmente, un racconto dell’orrore sul cambio di sesso (Fundvogel) che secondo voci di un certo peso, fu causa di una sentenza di morte segreta per l’autore da attuarsi durante la Notte dei Lunghi Coltelli. Per il tempestivo avviso di un amico di cui non si conosce l’identità, Ewers avrebbe evitato l’omicidio fuggendo in una remota località della Germania, sparendo dalla circolazione per diverso tempo.
Il suo ultimo lascito è stato Die schönsten Hände der Welt, una raccolta di storie dove spiccano due racconti poco benevoli verso il regime nazista, intrisi dell’umorismo caustico e senza filtri che tanto aveva sconfortato per anni l’intellighenzia tedesca.
Ad Hanns Heinz Ewers, la cui produzione è davvero troppo vasta per essere citata tutta, anche per gli ovvi limiti di mancate traduzioni dal tedesco, si devono infine anche conferenze popolari che hanno contribuito a diffondere la cultura dell’esoterismo, specialmente in ambito satanico, un argomento che gli fu sempre molto caro e che studiò in maniera approfondita. Uno dei suoi traduttori dal tedesco al polacco, Stanislav Przybyszewski, era anche l’autore di testi sul satanismo che Ewers trattava nelle sue conferenze. Era anche molto addentro a società di parapsicologia, circoli esoterici di varia natura, da quelli ebraici a quelli animisti.
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