Quel mattino voleva restare a letto più del solito. Fuori faceva freddo e non doveva lavorare. Era il suo giorno di riposo.
Venne svegliata dal telefono. A malincuore andò a rispondere mentre pensava a chi potesse essere a chiamarla a quell’ora.
Una voce di donna che si scusava per l’ora aveva chiamato per conto dei servizi sociali.
Voleva sapere se era disponibile massimo entro le nove di fare un servizio per l’intera giornata da un’anziana in via Del Conte al numero cinque.
Catia ci pensò su un attimo poi decise che sarebbe andata, il tempo di prepararsi.
Buongiorno, disse, entrando nella camera dove ad attenderla c’era la figlia dell’anziana che ancora stava a letto ma sveglia.
Solo per oggi, disse la figlia che si preparava già ad uscire.
Devo andare a un convegno che mi terrà fuori tutto il giorno. Stasera intorno alle nove sarò a casa, aggiunse aprendo la porta.
Catia e Matilde, questo era il nome dell’anziana, rimasero soli nell’ampia camera.
Mi voglio alzare, chiese Matilde con voce bassa che a stento Catia riuscì a sentirla.
Tra le due si stabilì subito una sincera simpatia; e non appena Matilde si ritrovò vestita e seduta sulla sedia a rotelle, dove era costretta a stare da circa un anno, cominciò a fare una serie di domande a quella carina e tanto educata e gentile signora che aveva davanti.
Catia, dimmi, quanti figli hai? Che lavoro fa tuo marito? Ah, sei separata! E perché vi siete separati?
Matilde aveva vissuto sempre in quella città a metà strada fra il mare e le montagne e mai aveva messo piede fuori della provincia.
Questa è la città più bella del mondo, disse. E aggiunse: è la terra che mi ha visto nascere e che mi vedrà morire.
Quello che c’è fuori da questa terra e questa città non mi interessa. Disse, infine, con uno strano lampo negli occhi.
Tutta la mia vita in questa città mio marito i miei due figli le amiche e soprattutto…..
S’interruppe di colpo e fissò Catia con severità, come se volesse assicurarsi che sì lei era la persona giusta a cui potesse finalmente confessare il suo segreto.
Ascolta, Catia, quello che ti dico. E’ un segreto, non l’ho detto mai a nessuno. Gli occhi cerulei gli s’inumidirono quando iniziò a raccontare della sua dolorosa vita sentimentale.
Mio marito, iniziò a dire, è stato un buon marito e un buon padre di famiglia. Mi ha fatto fare la signora fino alla fine, fino a due anni fa quando poverino una brutta malattia se l’è preso da questo mondo.
Che sia in paradiso. Ecco cosa posso dire adesso di lui. Ma…..e s’interruppe bruscamente fissando ancora una volta Catia. Poi riprese a parlare. La voce non più calma come poco prima improvvisamente venne attraversata da una inattesa emozione che le illuminò il bel volto quasi novantenne.
Ma, riprese a raccontare, prima di mio marito avevo un fidanzato cui ero molto innamorata.
Era bravissimo, studiava medicina e tornava nella nostra città solo per vedere me.
E poi che è successo? Chiese Catia, incuriosita dal racconto e dalla tensione che sentiva nelle parole di Matilde.
A quei tempi non era come adesso. Sai, le donne non andavano a scuola oltre le elementari e dall’età di quattordici anni non ho fatto altro che la sarta. Una brava sarta però, disse con un pizzico di civetteria, che fece tenerezza a Catia.
Lo lasciai io una volta che tornò in città. Dissi che non andava bene lui dottore e io semplice sarta.
E finì così quella che per me, ora che sono vicina alla fine, è stata la mia grande storia d’amore.
Mentre diceva queste parole Catia notò che gli occhi di Matilde erano lucidi e tristi.
E questa è solo una delle tante esperienze di una O.S.S.
Alla prossima! :-*