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Ciao!
Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).
Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:
il PROLOGO e il CAPITOLO 1
oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 2 e il CAPITOLO 3.
Buona lettura!
Copyright © 2013 Davide Simoncini
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LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO
Romanzo
Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.
Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.
Questo romanzo è un'opera di finzione.
Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.
CAPITOLO 2
Due settimane prima
Firenze, Italia
Lasciò cadere il sacco sul pavimento. Le mensole ricolme gli ricordavano il tempo passato assieme, le serate in cui rientravano dalla discoteca. Gli ricordavano le notti buie, quelle in cui le sue mani scivolavano sulla pelle di lei; con cupidigia, con maliziosa violenza. I respiri interrotti dal calore delle loro labbra.
Avevano trascorso anni splendidi. Nessun pensiero, nessun rimpianto.
Sesso, droga e rock 'n roll.
Clara. L'aveva conosciuta tre anni prima, fuori da un pub. Prendendola per mano, le aveva mostrato la sua vita, aprendole ciò che nessuno era mai riuscito a toccare. Tre lunghi anni passati con lei, tra le meraviglie del mondo, i vicoli bui, le cartine imbottite di maria che lo lanciavano oltre l'immaginario collettivo.
Poi il cambiamento.
Era scoppiata una bomba, proprio come alla maratona di Boston. Nel suo caso, la cerchia delle vittime era quantomai circoscritta.
Loro, Jack e Clara.
Il loro rapporto era saltato in aria, sconvolto dal cambio improvviso della donna. Avrebbe dovuto accorgersi di piccoli, insignificanti segni di cedimento, invece non aveva dato abbastanza attenzioni a lei e ai particolari che gli avrebbero pronosticato il disastro. Era successo l'inevitabile, quello che temeva da quando l'aveva conosciuta.
Clara aveva messo la testa a posto.
Negli ultimi tre mesi, era cambiata. Cercava qualcosa di nuovo, diceva. Però le sue rimostranze non erano mai state violente, e a dirla tutta nemmeno serie. Le aveva tenute per sé, racchiuse dentro il guscio dell'anima. Le prime volte in cui aveva accennato qualcosa, lui aveva dato poco credito a quei bagliori lontani. Forse perché non voleva accettarli, o più probabilmente perché erano saltati fuori nei brevi intervalli tra una birra e l'altra. Che peso darebbe una persona a lamenti di un ubriacone?
I giorni erano trascorsi, diventando settimane. Da sobria, Clara non aveva confessato niente di quello che la tormentava. Aveva cercato di reprimersi fino alla fine, fino a quel pomeriggio velato di nuvole, quando gli argini della sua pazienza erano esplosi. I resti delle stoviglie infrante attendevano ancora sotto il lavabo.
Nel suo exploit, la donna gli aveva lanciato contro tutta l'angoscia che il loro stare assieme le aveva creato. Gli aveva urlato i suoi tormenti, la sua voglia di voltare pagina, di crearsi finalmente una vita come ogni essere umano desiderava. Non era più tempo delle nottate al pub, del sesso senza un fine, delle battute sarcastiche mirate al proprio tornaconto.
Dovevano maturare, diceva. Dovevano cominciare a pensare al futuro, a ciò che desideravano davvero dalla vita. Vivendo come avevano fatto, dietro di loro avrebbero sempre visto il nulla. Passavano, certo, ma senza lasciare traccia.
Era quella la sua vita, la vita di Jack. Una vita senza una storia, come l'aveva definita Clara.
Appoggiò il mazzo di chiavi nell'ingombrante ciotola rossa, un coccio che gli aveva regalato un ragazzo molti anni prima. Teneva lì chiavi, documenti, cianfrusaglie. Ecco, quello era il fedele rappresentante della sua vita. Un grosso contenitore malridotto che non aveva voglia di rinnovare e dove lanciava tutto ciò che dava per scontato. Clara non era dalla parte del torto, lui lo capiva bene. Ma non voleva darle quella soddisfazione, non poteva ammettere di essere così ottuso. La vedeva come una debolezza, e lui odiava doversi mostrare debole.
Così era finito tutto.
Dopo tre anni assieme, Clara e Jack si erano allontanati.
Scacciò quei pensieri, una coltre di immagini che ormai lo tormentavano di continuo. Andò in cucina, posando il sacchetto della spesa sul tavolo prefabbricato. Avvicinò un borsone impolverato e cominciò a travasare il contenuto. Non esisteva più una ragione valida per continuare quell'avventura, pensava mentre il sudore sulle sue braccia faceva uno slalom a rallentatore tra un pelo e l'altro. Rimanere in quella casa era troppo per il suo ego: non lo sopportava e non voleva sopportarlo. Sarebbe stato molto più facile cambiare abitazione.
Punto e a capo.
Avrebbe ricominciato una nuova vita, una vita senza Clara. Anche se in realtà non l'avrebbe ricominciata, l'avrebbe invece ripresa da dove si era fermata un tempo.
Clara aveva sbagliato su un unico punto. Jack non era del tutto vuoto, la sua vita aveva decisamente una storia da raccontare. Una storia molto interessante, per giunta. La loro relazione non era sopravvissuta abbastanza da permetterle di emergere.
Come ogni uomo, Jack aveva uno scheletro nell'armadio. Uno scheletro gigantesco che lo aspettava a molti chilometri da lì. Era sicuro che non fosse ancora troppo tardi per recuperarlo. Aveva dedicato a quella storia una grossa fetta della propria esistenza e aveva lasciato con essa molte delle sue prospettive future. Era mancato un nonnulla perché la potesse vedere sbocciare, ma a causa di un inconveniente aveva dovuto abbandonarla.
Un tempo non poteva esserci altra soluzione. Ma adesso?
Più ci pensava, più la sua mente metteva a fuoco nuove possibilità, nuovi spiragli futuri. A distanza di così tanti anni, che rischio avrebbe mai potuto correre?
Anche se i dubbi lo attanagliavano, la sua testa aveva già deciso.
Sfoderò uno dei libri dallo scaffale e lo aprì all'incirca a metà. Appoggiata tra le pagine, una vecchia lettera recuperata tanti anni prima aspettava il momento in cui qualcuno avrebbe deciso di rileggerla.
Per molti anni, Jack non aveva guardato indietro. Adesso che Clara non c'era più, era il momento di tornare sui propri passi.
Prese in mano la lettera e rimise a posto il libro. Poi afferrò il cellulare e cercò il numero in rubrica. Non chiamava quell'uomo da un pezzo.
Una breve attesa, poi la chiamata partì. Dopo qualche squillo, rispose la segreteria. Non voleva neanche prendere in considerazione l'ipotesi che il suo amico avesse cambiato numero. Sapeva com'era fatta quella testa calda. Un inguaribile pessimista ancorato alla propria routine, senza la minima voglia di cambiare di una virgola: proprio come lui.
Avrebbe riprovato più tardi, si disse. Fece per appoggiare il telefono sul tavolo. Appena la scocca di plastica toccò la fredda distesa di legno riverniciato, lo schermo rettangolare si illuminò.
Jack si portò il telefono all'orecchio, soddisfatto. Una voce gli invase i timpani. «Vecchio lupo. È da un po' che non ci sentiamo.»
«Tre anni», puntualizzò Jack. «Sono contento di sentirti, Daniele.»
«Anche io, vecchio mio. Allora, che cosa ti porta a me?»
«Lo sai», rispose secco.
Seguì una breve esitazione. Non era difficile intuire il motivo di quella conversazione, ma i pezzi impiegarono qualche istante prima di essere messi al posto giusto.
«Certo che lo so, stupido di un uomo. Non sarei stato il tuo braccio destro per una vita, se non lo sapessi. Mi sorprende soltanto che le braccia possano rimanere per tanto tempo lontane dal proprio corpo.»
Jack sospirò. «Daniele, sapevamo entrambi come sarebbero andate le cose. Fin dall'inizio. E sapevi anche che non ci saremmo sentiti spesso.»
«Diciamo pure per nulla. Dopo quel giorno, sei stato piuttosto bravo a nasconderti.»
«È quel che so fare meglio.»
«Tre chiamate. Tre ne ho ricevute da te. Una dopo dieci anni, una due anni più tardi e l'ultima tre anni fa. Non male per un lasso di tempo lungo quasi vent'anni.»
Sbuffò. «Daniele...»
«Ehi, stai calmo. Volevo solo fartelo notare.»
«Farmi notare cosa?»
«Che gli amici lo sono al di là del tempo.» Prima che potesse replicare, Daniele riprese, compiaciuto. «So per che cosa mi hai chiamato. E so che cosa devo fare.»
Le sue labbra si aprirono in un sorriso. Era da qualche giorno che non ne riproduceva uno decente. «Ne sono felice, Daniele.»
«Se lo sei tu, fratello, non posso che esserlo anch'io.» Lo sentì schiarirsi la gola. «Dove?»
«Direttamente là.»
Passarono almeno dieci secondi. Silenzio. Un completo, sciabordante silenzio.
«Ci vediamo tra un paio di giorni. Ci metteremo d'accordo al momento.»
«Bene. Non immagini il favore che mi stai facendo.»
«Smettila. Te l'ho già detto: gli amici lo sono al di là del tempo, vecchio idiota.»
Jack non poté rispondere.
Daniele aveva già riagganciato.
CAPITOLO 3
Oggi,
Fociomboli, Alta Versilia, Italia
La notte scendeva avvolgendo i tronchi come una pesante nebbia. La pioggia aveva preso a cadere verso metà pomeriggio, inesorabile. Non voleva cessare, anzi sembrava solo agli inizi. Il cielo era così scuro da far dimenticare tutte le giornate migliori, catapultando la coscienza in un mondo privo di luce, da dove nessuno avrebbe potuto fuggire.
Gli animali lo sapevano: erano abituati. I loro occhi scorgevano al di là delle spesse nubi. Vedevano quanto quella coltre fosse immobile, decisa a fermarsi nelle loro case per lunghi, interminabili giorni.
Di quelle bufere, se ne vedevano un paio all'anno. Ogni essere vivente si nascondeva nella propria tana, al riparo dall'acqua piovana. I più furbi, gli scoiattoli di quercia, avevano occupato gli alberi di mezza età: quelli troppo vecchi rischiavano di cedere, con quelli troppo giovani sarebbe stata una faticaccia scavare, fresche com'erano le cortecce. Entrare negli alberi era l'unico modo per sopravvivere: accoccolati dentro una fessura, così da tenere al caldo i propri corpicini.
Non per tutti le cose sarebbero andate altrettanto bene. I più sfortunati erano tornati nelle loro tane sotto terra: là, sarebbe stato un disastro. Quanti di loro avrebbero perso la vita in quella notte, sorpresi dall'arrivo di un'ondata d'acqua sotto la quale avrebbero annaspato.
Inevitabile, avrebbero dovuto saperlo.
Sommersi, sarebbero annegati nel giro di pochi minuti, quasi rassegnati, con un debole squittio prima di cedere alla forza della natura. Sarebbe stata una strage, un lutto che ogni anno si ripeteva. Nessuno degli abitanti del bosco aveva ancora compreso quale fosse il pericolo o quantomeno come evitarlo. La loro mente non arrivava abbastanza in là da capirlo. Possedevano facoltà molto limitate, quello che si può desiderare da un castoro o da una civetta. Mancavano della sottile capacità di previsione.
Gli scrosci si fecero più intensi, creando rigagnoli sottili come sardine. Ma non impiegarono molto: crebbero velocemente, al punto di essere convogliati in torrenti veri e propri, di quelli che in montagna abbondano nei periodi di pioggia. Si facevano strada tra la roccia, tra il terriccio sconquassato, tra le foglie infangate. Scendevano giù, cercandosi il tragitto adatto, il percorso di minor resistenza, interpellando la causalità della forza di gravità.
Gli abitanti della foresta dovevano preoccuparsi di questo, ma non solo. Un paio di giorni prima, in quel bosco era sopraggiunta una scatola di ferro su quattro cerchi di gomma: il fuoristrada aveva solcato lo sterrato verso Col di Favilla, riposandosi poi a Fociomboli. Chi la guidava conosceva bene quei posti, li ricordava dai tempi in cui aveva preso parte ai rituali delle montagne, ancora bambino. Crescendo, la memoria non lo aveva tradito, imprimendo il ricordo dell'infanzia nella sua anima peccatrice.
Viceversa, anche quei luoghi lo rammentavano bene, dimentichi solo del bene che aveva fatto, non del male che aveva perpetrato.
Nel preciso istante in cui lo avevano riconosciuto, qualcosa era cambiato. Era scattato un meccanismo peculiare, una risposta naturale contro qualcuno che non avrebbe dovuto esserci. Un intruso, in un certo senso. Qualcuno che quei luoghi non avevano più nelle proprie grazie, il protagonista di una delle pagine più macabre mai osservate dalla popolazione della foresta.
Ora, il momento era giunto.
Il suo ritorno aveva scatenato l'ira di tutti coloro che non riuscivano a pensare oltre un limite imposto da madre natura. Ma tra quegli animali, tra quei corpicini esili e indifesi, a malapena capaci di riconoscere il pericolo in un ammasso di carne più grande di loro, il cuore di un essere superiore aveva accelerato il proprio battito.
Se lo erano sentito. In molti avevano scansato il posto in cui la cosa pernottava, perché sapevano di non doverla disturbare: la cosa non lo avrebbe sopportato.
Perché quella cosa non avrebbe mai lasciato una seconda occasione. Non era da lei.
Lei non parlava. Se ne stava zitta, in disparte; però pensava. Pensava in una maniera che gli altri animali non potevano neanche immaginare. E quei pensieri erano terribili. Erano guidati da una furia cieca, dall'istinto primordiale portato all'esasperazione.
Quando l'uomo mai dimenticato aveva rimesso piede lassù, qualcosa si era messo in moto. Un ingranaggio, la ruota motrice del cuore della cosa, il misterioso essere che soggiornava nella grotta scavata lungo il sentiero.
Quando l'uomo era tornato, la cosa era tornata a vivere davvero. Con uno scopo, con un obbiettivo da raggiungere; un sanguinoso desiderio da esaudire per dare finalmente pace alle proprie pulsioni.
In quel momento, tutto era cambiato.
In quel momento, la bestia aveva riaperto gli occhi.
I like thriller stories to watch as movies and series. I'm very bad reader as I told you in my previous comment. I appreciate the novel share and it sounds interesting as I read at the middle of the story. Good share and good to see it will be continued.
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Thank you Shohana, I appreciate your engagement. :) See you soon on the blog :)
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my pleasure, will see you around David! :)
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Mi piace questo tipo di letteratura portata in TV o al cinema, i film di fantascienza sono i miei preferiti, mentre leggo il tuo post immagino la bestia, uno strano essere che le persone generalmente hanno paura quando guardano, ma a volte non è solo apparenza, loro può essere più simpatico di alcune persone più belle, è un compendio di pensieri che ti vengono in mente e ti tengono concentrato sulla lettura e nel mio caso sul film visto che mi piace più portato a questi
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Spesso la fantascienza piace anche a me. Per il film purtroppo non sono ancora attrezzato, per cui mi devo accontentare di pubblicare solo il romanzo :D Grazie per esserti fermato sul mio blog, ti auguro una buona giornata.
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