La Bestia dagli Occhi di Ghiaccio - Romanzo | CAPITOLO 13 [ITALIAN Language]

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Ciao!

Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).

Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:

il PROLOGO | il CAPITOLO 1 | il CAPITOLO 2 e il CAPITOLO 3
il CAPITOLO 4 e il CAPITOLO 5 | il CAPITOLO 6 e il CAPITOLO 7
il CAPITOLO 8 | il CAPITOLO 9 | il CAPITOLO 10 e il CAPITOLO 11
il CAPITOLO 12

oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 13.

Buona lettura!


Copyright © 2013 Davide Simoncini
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LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO

Romanzo

Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.

Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.

Questo romanzo è un'opera di finzione.

Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.


CAPITOLO 13

Oggi, Fociomboli

«Ti giuro che è così», ripeté Ottavio per l'ennesima volta. «Sono sicuro di aver visto bene.»
«Può essere stata la frenesia del momento», replicò Daniele, mentre effettuava un giro completo del tavolo. «Può esserlo, no?», disse rivolgendosi a Linda. Cercava in tutti i modi sostegno dagli altri, anche se neppure il suo amico Simone sembrava volerglielo concedere.
«Lo escludo. Ho visto bene, non sono un pazzo. Avrei voluto salvare Sandra...»
«Ma non ci sei riuscito», obiettò di nuovo l'uomo. «A quanto pare devi aver perso il tuo sangue freddo.»
La frecciata lo turbò, anche se riuscì a controllare la rabbia. «Non ci sono riuscito perché le sue condizioni erano troppo gravi.»
«Ha ragione», intervenne per la prima volta Simone. «Hai visto come l'ha conciata quella cosa. Il suo destino era scritto.»
Daniele non era intenzionato a dare ascolto neppure al suo amico d'adolescenza. «E che cosa pensate che possa essere, allora?»
«Non ne ho la più pallida idea.»
«Non ce l'hai perché non sei sicuro di ciò che hai visto.»
«Non ce l'ho perché, pur essendone certo, non ricordo di aver mai visto niente di simile. Non era certamente un cinghiale, ma non sembrava nemmeno un orso. Sembrava una specie di immensa scimmia con due occhi quasi trasparenti.»
La piccola saletta della catapecchia era illuminata dalla solita lampadina. Sarebbe stato un regalo assai gradito se avesse potuto accendersi anche quella dentro la testa di Daniele. Non avrebbero avuto quel dibattito infinito.
«Quindi di che stiamo parlando?», continuò il tizio. «Di una scimmia?»
«Una scimmia sulle montagne è da escludere», si intromise Linda. «Non ce ne sono, quassù.»
«Almeno una frase sensata posso dire di averla sentita», ribatté scontroso. «L'unica persona con un po' di sale in zucca che c'è qua dentro.»
Linda arrossì appena. Ottavio riprese parola prima di vederla finire sul patibolo dell'imbarazzo. «Ascolta, io so soltanto che c'era qualcosa. E quel qualcosa, te lo assicuro, non era un orso né un cinghiale.»
«E allora che cos'era?»
«Non lo so», ammise di nuovo Ottavio. «Ma qualunque cosa fosse, l'importante è ciò che è riuscita a fare. Di persone morte aggredite si sente parlare, però non ho mai sentito di persone uccise sulle montagne in questa maniera.»
«Questo per un semplice motivo», s'intromise Simone. Il ragazzo li fissava a braccia conserte, lo sguardo sospettoso.
«Quale?», gli domandò, incuriosito.
«Le poche occasioni in cui succede fanno la storia. Solo in tempi più recenti abbiamo iniziato a documentarle meglio. I drammi del passato vengono ricordati sotto altre vesti. Noi le conosciamo come leggende
«Andiamo, Simone! Non ricominciare con questa roba», commentò Daniele seccato.
«Non è roba. Lo sai bene anche tu. Le leggende nascondono sempre un fondo di verità.»
Ottavio rifletté per un secondo, prima di aprir bocca. Andava a rilento sul lato della superstizione. Era più portato a credere a ciò che riusciva a vedere. Per lui, le leggende erano sempre state solo speculazioni. Eppure Simone aveva in parte ragione. Le leggende potevano anche essere storielle, ma racchiudevano sempre qualcosa di vero. Prendevano spunto da un fatto, da un personaggio, qualcosa di concreto in forte contrasto con la normalità. Potevano essere solo favole, fonti d'insegnamento o affascinanti metodi pubblicitari. Ma il pilastro alla base, il punto di origine di quella storia, continuava a essere vero quanto l'aria che respiravano.
«Per me sono tutte stronzate», dichiarò coloritamente Daniele.
Ottavio spezzò una lancia in favore di Simone. «Potrebbero non esserlo. Potrebbe esserci davvero un fondo di verità.»
La reazione di Daniele fu un'occhiataccia epica.
«E come pensate che possa esserci utile questo? Racchiudere la nostra speranza in una leggenda! State impazzendo tutti e due.»
«Non stiamo impazzendo», precisò Ottavio. «Stiamo ragionando.» Una pausa, breve, frenetica. Poi si rivolse a Simone. «Però non vedo come delle leggende possano aiutarci.»
L'uomo gli sorrise. «Dimentichi che io sono cresciuto da queste parti. Mi sono spostato per lavoro, ma certi ricordi non se ne vanno mai. In realtà ci sarebbe una leggenda interessante.»
«Sono stufo di sentire certe cose», sbraitò ancora Daniele. «Parlate dei vostri flash mentali, poi ricominciamo a discutere seriamente. Non voglio riporre le mie speranze nelle vostre favole.»
Quelle parole non gli fecero né caldo né freddo. Ottavio era troppo preso da quelle di Simone.
Lo fissò in volto. «Di che stai parlando?», gli chiese.
L'altro sorrise ancora una volta, mettendo da parte la scontrosità del suo vecchio amico.
«Dell'Omo Selvatico

* * *

Era sera. La luna e le stelle facevano da faro in mezzo all'oscurità. Qualche rada nuvola passava ogni tanto, celando in parte la sua visuale. Una famiglia di cicale cantava nei prati sotto di lui.
Jack stava ampliando la fossa. Impalava la terra con tutta la rabbia che aveva dentro, tirandola su e gettandola a lato, sopra un cumulo che cresceva al trascorrere dei minuti. Di fianco a lui, i corpi dei due amici defunti, a cui a breve avrebbe aggiunto quello di Sandra.
Era stufo di starsene lì, era stufo di scavare; era stufo di fare qualsiasi cosa che non fosse trovare ciò per cui erano arrivati lassù e andarsene da quell'interminabile incubo.
Poteva comprendere alla perfezione la voglia di Daniele. Riusciva persino a condividere le sue idee, il più delle volte ampiamente discutibili. In fondo, la mente del gruppo era lui, Jack. E c'era un motivo, non era stata una decisione casuale. Né adesso né anni addietro, quando era stato il momento di dover fare scelte poco piacevoli per chiunque. Si rammaricava solo di dover discutere ogni volta.
Era rimasto per mezz'ora a cercare di smontare le obiezioni del suo amico. Dopo essere riuscito a convincerlo, avevano deciso che il momento di raggiungere quel posto era arrivato. Era là che si trovava ciò che cercavano, era là che avrebbe ottenuto quello che agognava da tanto tempo.
Ma le cose erano andate di nuovo come non aveva previsto.
Mentre approcciavano l'uscita da Fociomboli per raggiungere il posto, delle grida lontane avevano attirato la loro attenzione. Si erano resi conto immediatamente a chi appartenessero.
Sandra.
La loro corsa non era servita a nulla. Arrivati alla fonte delle grida, avevano visto Ottavio a terra, al fianco di Linda. La donna piangeva disperata. A dieci metri, l'altra donna del gruppo, la loro amica Sandra.
Lei non piangeva. Lo aveva già fatto con tutto il proprio sangue.
Ormai doveva ammettere che le idee di Daniele avevano acquistato una loro logica. Di solito erano infondate, stupide e impulsive. Ma ora anche lui doveva chinarsi alla loro plausibilità.
Il suo amico poteva essere dalla parte della ragione, stavolta.
C'era qualcosa che non andava in quella storia. Roberto era morto per un fatale incidente. Ma gli altri due? Andrea? Sandra? Che cosa li avevi uccisi? Era stata un'aggressione. L'aggressione di un animale, avevano detto. Un cinghiale, forse un orso. Solo un animale molto grosso avrebbe potuto portare a termine un tale massacro.
Ma non gli quadrava più. Quella storia era troppo strana. Accade una volta, non due. Muore una persona, non due. Sulle montagne quei casi ci sono, a volte. Succede, è normale che sia così. Vivere nella natura ti riporta ai valori della natura stessa, alle sue regole. La legge di selezione naturale. Il più forte sopravvive, il più debole soccombe: tutto qua.
Ma quante volte accadeva? Una, due, tre. Forse anche di più. Ma a quanto tempo l'una dall'altra? Quanto casuale poteva essere ciò che avevano visto?
Queste erano state le domande che aveva posto Daniele: questo era ciò che lo aveva convinto a mettersi dalla sua parte.
Quando erano arrivati sul corpo di Sandra, Jack aveva dovuto prendere Daniele per i gomiti. Gli aveva parlato, intuendo le sue intenzioni e le sue idee prima ancora che lui potesse esporgliele. Lo conosceva da tanto, era certo di come avrebbe agito soltanto osservando le sue espressioni.
Fortunatamente lo aveva anticipato ed era riuscito a rabbonirlo. Adesso Daniele si trovava in casa, con Simone, Linda e Ottavio. Là dentro stava cercando di capire se quelle idee avessero un minimo di fondamento. Jack lo aveva istruito a dovere, imponendogli di mantenere la calma. Dovevano attendere il momento giusto ed evitare un precipitare degli eventi che ormai incombevano su di loro come un'ombra rumorosa.
Posò la pala sul terreno e prese il corpo di Sandra. Lo trascinò nella fossa. Poi cominciò a riempirla con il mucchio di terra. Finì in meno di due minuti. Non era necessario creare una sepoltura vera e propria, serviva soltanto mascherare l'odore e nascondere la cruenta verità che si era fatta largo nelle loro vite.
Si asciugò la fronte, pronto per tornare nell'abitazione.
Per una volta, l'imbeccata di Daniele poteva essere provvidenziale per evitargli tanti guai futuri. Ma doveva rimanere vigile. La cautela era d'obbligo, con quel tipo.
Daniele stava facendo alla maniera di Jack, ma i patti erano chiari. Se il suo metodo non avesse funzionato, Daniele avrebbe tentato con il proprio.
E lui sarebbe dovuto essere lì, pronto per poterlo evitare.

* * *

«L'omo selvatico?», domandò Ottavio.
«Le Alpi Apuane possiedono una lunga lista di leggende di cui vantarsi. L'omo selvatico è una di queste.»
«L'omo selvatico è una di quelle con cui gli abitanti della Garfagnana cercano di entrare nella testa di creduloni come te», si intromise Daniele con prepotenza. «Io ne prenderei le distanze.»
Fu come se Ottavio non lo avesse sentito. La sua attenzione era tutta per Simone. Ricordò dei fogli polverosi intravisti su una mensola, con la figura di un animale peloso e la scritta “selvatico” cancellata per metà. «Ti ascolto», asserì curioso.
L'altro annuì. «Più che la leggenda in sé, è sicuramente importante il protagonista. La storia non è molto interessante, nel complesso.»
«Visto che ci siamo, spiegala comunque.»
Lo vide assentire, prima di iniziare il suo racconto.
La leggenda narrava di un piccolo gruppo di case di fattori nei pressi del Monte Corchia. Costoro erano inesperti nelle arti della pastorizia. Gettavano via moltissimo latte, forse quanto imposto dai diktat del consumismo di oggi. Questo finché non arrivò l'omo selvatico. L'omo selvatico era una specie di uomo della caverne che abitava all'interno del Monte Corchia. Forse scivolò, o forse avvicinò i pastori di propria volontà, questo non era chiaro. Fatto sta che li raggiunse e si fermò da loro, avviando una prolifica collaborazione. L'omo selvatico insegnò agli abitanti del posto a ricavare il burro dal latte, così da non gettarne via in quantità come erano soliti fare. I contadini gli offrirono del cibo e in cambio l'omo selvatico insegnò loro a ottenere anche il formaggio. A questo punto i contadini capirono quante tecniche ingegnose fossero in grado di apprendere dall'omo selvatico, per cui lo bloccarono alle case. Gli diedero da mangiare fin quasi a farlo scoppiare, tenendolo in pugno e non lasciandolo andar via per nessuna ragione. Ma l'omo selvatico reagì di conseguenza, usando l'astuzia che di certo non gli mancava. Chiese di andarsene dopo un nuovo insegnamento e i pastori annuirono. Lui insegnò loro come produrre la ricotta e poi se ne andò. Mentre lo faceva, gridò loro che erano degli stupidi: se solo lo avessero trattenuto ancora, lui gli avrebbe insegnato come ricavare l'olio. Gli abitanti provarono a inseguirlo, ma fu vano. L'omo selvatico si nascose nella sua grotta ai piedi del Monte Corchia. Da allora, nessuno l'aveva mai rivisto.
Al termine della storia, Daniele scoppiò in una sonora risata. «Mi fai sempre ridere. Parli come se fossi convinto che quella cosa esista davvero.»
«Io parlo di ciò che credo. E in realtà credo che questa storia sia fondata e possa interessarci.»
Ottavio lo osservò, pensieroso. «Dicevi che era più importante il protagonista rispetto alla storia in sé.»
«Infatti», si compiacque Simone. «È l'identikit dell'omo selvatico a darci qualcosa su cui riflettere. Un grosso uomo dall'aspetto bitorzoluto. Enorme, da quanto si racconta. Coperto da una coltre di peluria proprio come uno scimpanzé. I suoi occhi ispiravano fiducia, anche se nascondeva bene la sua astuzia. Dalla storia si intuisce che non era il ritratto dell'innocenza. Sapeva quel che faceva, e riusciva a sfruttare le opportunità.»
«Cioè?», chiese Linda, persa dietro quel filo logico assai sottile.
Mentre si apprestava a rispondere, la porta si aprì. Jack arrivò nella sala e si gettò sull'unica sedia libera. Ottavio non fece troppo caso all'uomo e continuò nel suo discorso.
«Simone sta dicendo che l'omo selvatico potrebbe esistere davvero. In effetti la sua descrizione coincide abbastanza con quello che ho visto.»
Linda lo fissò. «Andiamo! Quella storia è vecchia come il cucù! L'omo selvatico e quello che hai visto non possono essere la stessa persona. Dovrebbe avere perlomeno due secoli.»
«Magari ce li ha davvero», suggerì Simone.
«Come ho già detto», intervenne Daniele, «solo perché tu credi nelle favole. Ti ostini anche di fronte all'evidenza. E poi dici a me di non capire niente.»
Ottavio scosse la testa. «D'altra parte non abbiamo alternative. Magari non era realmente un uomo ma hanno preso spunto da un tipo di animale sconosciuto di cui sono stati avvistati solo pochi esemplari. Le persone hanno creato su di lui una storia per far sì che i più ingenui potessero rimanere alla larga da qualsiasi cosa gli assomigliasse.»
«Quindi?», chiese Linda.
«Quindi potrebbe comunque c'entrare qualcosa. Magari è stato un appartenente a quella specie a causare queste morti.» Alzò lo sguardo su di lei, poi lo spostò verso Simone. «È la nostra unica pista.»
Jack prese parola per la prima volta da quando era rientrato. «In realtà potrebbe esserci una seconda pista», lo sentì sottolineare.
Ottavio si voltò verso l'uomo. Teneva il pizzetto rivolto verso il pavimento, gli occhi persi sulle tavole di legno, assorti in una serie di pensieri di cui soltanto lui poteva scorgere la direzione.
«Dici sul serio?»
«Dice più che sul serio», confermò Daniele. Il suo tono sordido nascondeva qualcosa. «In fondo soltanto tu hai visto l'omo selvatico», lo canzonò. Aveva un sorriso inquietante stampato in volto. La sua era ironia da quattro soldi, ma comunque lampante come l'aria umida della zona.
«Che cosa vuoi dire?»
Daniele allargò le braccia. «Voglio dire che abbiamo soltanto un avvistamento, da una persona che conosciamo a malapena e di cui non sappiamo i trascorsi.»
Ebbe un'intuizione improvvisa. Il suo sguardo si fece immediatamente severo. Ottavio fece un passo avanti. «Bada bene a cosa dici Daniele.»
Gli occhi di Linda e Simone erano cosparsi d'incomprensione. Jack manteneva il solito sguardo vacuo. Daniele invece sapeva bene ciò che diceva.
«Se lo hai capito subito, significa che hai la coscienza sporca.»
«No, però sono un tipo sveglio.»
«Forse troppo. E hai sangue freddo.»
«Già.»
«Un mix da favola. Proprio quello di cui c'è bisogno per un omicidio.»
La sua rabbia esplose in un istante. Per la prima volta dopo tanto tempo ritrovò il confine che lo separava dalla sua zona d'ombra. Saltò letteralmente addosso a Daniele. Protese le mani verso il colletto della sua felpa, afferrandone le estremità. I suoi occhi si riempirono della frustrazione accumulata nelle ultime ore.
«Brutto figlio di puttana!», gridò, del tutto fuori controllo. «Non ti azzardare! Non sei degno di baciarmi le scarpe con la tua faccia!» Menò le mani alla cieca, represso da una forza che non capiva da dove provenisse. «Ipocrita bastardo!»
In quel momento capì che cos'era la forza che si opponeva alle sue braccia. Jack era scattato in piedi all'improvviso, prendendolo alle spalle. Lo teneva, cercando di evitare che il suo attimo di furia si tramutasse in una nuova tragedia.
«Datti una calmata, Ottavio!», gli disse. Sentì tirare ancor di più le proprie braccia, fino a bloccarle. «Smettila!»
Cercò di fermarsi, di controllare la rabbia. Impiegò qualche secondo. Grugnì verso un Daniele raggiante: gli aveva dato ciò che voleva, la soddisfazione di vederlo mentre perdeva il controllo. La dimostrazione che lui non era così tranquillo come voleva far credere. All'occorrenza, poteva tramutarsi in una vera e propria bestia.
Jack lo lasciò. «Diamoci una calmata, ora. Tutti quanti.»
Ottavio si voltò verso di lui.
«Tu lo sapevi!», lo accusò. «Sapevi cosa pensasse, vero?»
Jack lo guardò, impassibile. «Sì.»
«E non hai controbattuto nulla.»
«No.»
La sua sterilità era disarmante.
«Insomma, dì qualcosa di più! Perché?»
Jack inclinò appena la testa. «Perché ha ragione.»
Rimase senza fiato. Non voleva crederci.
«Dimmelo, Ottavio. Dimmi che non sei stato tu.»
«Diavolo, certo che non sono stato io!» Si voltò, passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore. «Mi domando come possiate solo pensarlo.»
«Te lo spiego subito: noi non ti conosciamo.»
«E basta questo per accusare di omicidio?»
«No, normalmente prendo le idee di Daniele con le pinze.»
«Grazie, fratello», disse l'interpellato.
«Non c'è di che», ribatté Jack, che riportò lo sguardo su Ottavio. «Ma questa volta non ha tutti i torti. Soltanto tu hai visto quella cosa. Nessun altro.»
«E allora? Voi non eravate lì.»
«Certo, e nemmeno la prima volta. Nemmeno con Andrea. Nessuno sa quando è morto. Quando mi sono svegliato era già stato segato a metà. E vogliamo parlare di Sandra? Aperta come una lattina, con te a due metri da lei, le mani intrise del suo sangue.»
«Non sono stato io.»
«Nessuno ha visto Andrea e Sandra mentre venivano uccisi. E nessuno ha visto te mentre accadeva.»
«Ti sbagli», commentò Linda. «Io c'ero quando è morta Sandra. Non è stato Ottavio.»
Jack si voltò verso di lei, alzando il pollice. «Prima cosa: tu e lui siete amici. Per quanto ne sappiamo, potreste anche essere complici. Secondo: hai visto qualche bestia strana uccidere Sandra? Perché io ricordo di aver sentito dire qualcos'altro. Qualcosa come: sono arrivata e Sandra era a terra, mentre Ottavio si alzava da sopra di lei. Questo non è proprio sinonimo di innocenza.»
«Non sono stato io.»
Jack riportò lo sguardo su di lui. Ottavio dovette sottostare a quegli occhi gelidi.
«Voglio che me lo dici ora. Dimmi che non sei stato tu; dimmi che non c'entri assolutamente nulla con questa storia; dimmi che qualunque cosa di quello che abbiamo pensato e detto non corrisponde a verità.»
«Te lo giuro.»
«Mi giuri cosa?»
Lui sbuffò. «Ti giuro che non sono stato io. Ti giuro che non c'entro nulla con questa storia.» Lo fissò con tutta la determinazione che possedeva. «E ti giuro che avete preso un grosso granchio pensando tutto questo.»
Jack rimase immobile. Trascorsero dieci secondi, trenta, forse addirittura un minuto: non sapeva dirlo. Tuttavia, di qualcosa era sicuro. Per tutto quel tempo, i loro occhi rimasero gli uni sugli altri, cercando di scorgere una vena di menzogna; almeno di titubanza, di irrequietezza.
Ma non c'era nulla. Né in Jack, né in Ottavio.
Alla fine, l'uomo con il pizzetto si voltò. «È stata una lunga giornata.»
Daniele spense il suo sorriso. «Ehi! Che stai facendo? Non possiamo...»
«Ho detto: è stata una lunga giornata. Ne riparleremo domani.»
La voce di Jack metteva i brividi. Nessuno osò ribattere.
L'uomo guardò Linda. «Vai pure a dormire. Stanotte starai più comoda.»
Quel riferimento alla morte di Sandra fu terrificante: soprattutto, detto con quella voce. Dimostrò un distaccamento che pochi potevano vantare. Non era in grado d'immaginare ciò che aveva provato Linda, ma Ottavio sapeva bene ciò che aveva provato lui.
Aveva sentito il sangue gelarglisi nelle vene.

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Last night I watched a suspense thriller movie. As you know me that I'm not a good reader so I prefer watching stories in the movies. Your novel remind me the story as these are in same categories. Suspense, horror and thriller stories are my most favourite. Thanks for sharing this continuously. Welcome back, missed you around!

Yeah, I remember. I hope it was a great movie. Thank you again for stopping :)

yes it was a nice one, my pleasure to find you around and stopping by your post! Keep sharing, have a nice day Davide.

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