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Ciao!
Come spiegato in un precedente post, quello che trovi di seguito è un romanzo che scrissi alcuni anni fa e che ho deciso di revisionare negli ultimi mesi. Il titolo dell'opera è: La bestia dagli occhi di ghiaccio. La versione completa è disponibile su alcune piattaforme online in formato e-book o in cartaceo. Si tratta di un thriller ambientato in Italia, tra le pendici delle Alpi Apuane, che tocca altri generi come l'horror e il fantasy. Ci sono alcuni temi abbastanza forti, per cui consiglio la lettura a un pubblico di età adulta (over 18).
Cliccando sulla corrispondente parola in colore azzurro, puoi trovare:
il PROLOGO | il CAPITOLO 1 | il CAPITOLO 2 e il CAPITOLO 3
il CAPITOLO 4 e il CAPITOLO 5 | il CAPITOLO 6 e il CAPITOLO 7
il CAPITOLO 8 | il CAPITOLO 9 | il CAPITOLO 10 e il CAPITOLO 11
il CAPITOLO 12 | il CAPITOLO 13 | il CAPITOLO 14 | il CAPITOLO 15
il CAPITOLO 16 | il CAPITOLO 17 | il CAPITOLO 18 | il CAPITOLO 19
il CAPITOLO 20 | il CAPITOLO 21 | il CAPITOLO 22 e il CAPITOLO 23
il CAPITOLO 24 | il CAPITOLO 25
oppure puoi proseguire nella lettura del post per trovare il CAPITOLO 26, l'EPILOGO e la NOTA D'AUTORE.
Buona lettura!
Copyright © 2013 Davide Simoncini
All Rights Reserved | Tutti i Diritti Riservati
LA BESTIA DAGLI OCCHI DI GHIACCIO
Romanzo
Proprietà letteraria riservata. È vietata la modifica, l'utilizzo e la riproduzione, in qualsiasi formato, su qualsivoglia mezzo digitale, cartaceo o di qualunque altra natura, senza il permesso esplicito dell'autore, a eccezione della personale consultazione.
Edizione Modificata e pubblicata nuovamente nel mese di Maggio 2023.
Questo romanzo è un'opera di finzione.
Il contenuto di questo romanzo è quasi interamente fittizio. Ogni riferimento (persone, luoghi, oggetti, avvenimenti, usanze, eccetera) è fittizio o casuale. Per ulteriori informazioni sarà possibile consultare la nota d'autore che verrà pubblicata dopo l'epilogo del romanzo.
CAPITOLO 26
Alcuni giorni dopo, Castelnuovo di Garfagnana
Ottavio accarezzò la mano di Linda.
«Stai bene?», le chiese con cautela.
«Pensi che a forza di chiedermelo le cose possano migliorare?»
L'ironia era la sua dote migliore.
Lui sorrise. «Vuoi qualcosa?»
«No, grazie.»
Linda si voltò verso la finestra. Il sole del mattino era appena tiepido. Fuori, la temperatura era ancora rigida. Le condizioni avrebbero impiegato mesi prima di migliorare. Come in tutti i paesi dell'entroterra, anche Castelnuovo di Garfagnana rispettava quella usuale tradizione. Il caldo torrido della costa si vedeva raramente, per non più di un paio di mesi all'anno.
«Prima è passato don Luca», confessò Linda, lo sguardo sempre rivolto all'esterno della camera d'ospedale. «So che lo hai conosciuto a Col di Favilla.»
«Non l'ho visto», ammise.
«È stato quando sei uscito a prendere la colazione.»
«Ah, capisco.»
Linda rispose con un mezzo sorriso. «Mi ha chiesto di te.»
«Di me?»
L'amica annuì. «Diceva che saresti voluto essere ai funerali.»
Se n'era completamente dimenticato. «È vero, gli avevo domandato di farmelo sapere.»
«Infatti voleva farlo. Visto che non ti ha trovato, ha lasciato detto a me. Le autorità hanno terminato tutti i rilievi e hanno dato l'ok alla cerimonia di sepoltura.»
Linda indicò in alto. Spostando lo sguardo, Ottavio intravide l'orologio ticchettare.
«Devi sbrigarti», disse lei. «Ha detto che le funzioni saranno a mezzogiorno in punto.»
Ottavio fissò l'orologio con più attenzione. «Ci sono ancora più di tre ore e mezzo.»
«Spero che tu non voglia arrivare come sempre all'ultimo secondo», lo rimproverò Linda.
«È un rischio che sono disposto a correre.»
Linda sorrise. «Signor Ottavio, si alzi immediatamente. Prenda la sua macchina e vada via da qui. Forse, restare non è ciò che vuole la paziente.»
«Penso di sì», replicò ironico.
«Allora sbaglia. Vada via, ora. La paziente non ha bisogno di lei.»
Ottavio si alzò ridendo. Era buffa: talmente buffa che lo mise di buon umore. Significava soltanto una cosa: che era viva.
Mentre si avviava verso la porta, la voce di Linda lo congedò con un'ultima frase.
«E poi, avrete tutto il tempo per stare insieme.»
Ottavio si voltò. La vide sorridere e lui ricambiò.
«Non è vero?»
EPILOGO
Oggi, Isola Santa
Il motore dell'auto si spense all'ombra di un castagno. Le fronde proiettavano i loro lineamenti sul cofano dell'auto. Qualche raggio di sole colpì in faccia Ottavio proprio mentre scendeva. Lui infilò la chiave e la girò, sentendo l'auto chiudersi con uno scatto. Fortuna che uno degli agenti alle direttive di un tale comandante Sadri gli aveva dato un passaggio fino ai piedi del Corchia per riprendere la propria auto, altrimenti non osava pensare alla sfacchinata tra bus e camminate da Castelnuovo di Garfagnana fino a lassù.
Si avviò lungo la strada, risalendo fino al tornante. Entrò nel primo viottolo che trovò. Il ciottolato era stato fissato sul terreno con una gettata di cemento armato. Risalente a molti anni prima, adesso diverse piastre di roccia si erano distaccate, vagando ai lati, pericolanti.
Fino all'Estate, Isola Santa era un paese quasi disabitato. Le case venivano riaperte raramente, giusto per fare delle pulizie. La maggior parte rimaneva chiusa fino a Giugno, in tempo per affrontare la stagione più calda. Poi, come per magia, la vita tornava a sbocciare.
Quel giorno, Ottavio non era lì per festeggiare la primavera della vita. I funerali sarebbero iniziati a momenti.
Arrivò sulla sponda del lago, aggirando l'ultima casa vecchio stile, esattamente come quelle che aveva visto a Col di Favilla. Don Luca era vestito di tutto punto, pronto per dare la benedizione ai corpi dei defunti. Davanti a lui c'erano sette bare. Una cinquantina di persone lo osservava in silenzio.
Il sacerdote lanciò un'occhiata verso di lui. Lo vide e annuì, ma non lo salutò nemmeno.
«Possiamo cominciare», annunciò.
La celebrazione durò una mezz'ora buona. Vennero saltate le parti caratteristiche della Santa Messa che implicavano la presenza del Signore tra di loro. Ma Dio c'era. Dio era lì, almeno così la pensava Ottavio. Non poteva essere altrimenti: dovunque fossero i suoi figli, li si trovava anche Lui. Specie in un giorno come quello, in un luogo come quello, in una situazione come quella.
Percepiva la Sua presenza per l'ultimo saluto.
Il padre benedisse le prime sei bare. Le due a sinistra erano quelle di Jack e di Daniele. Le altre contenevano i corpi disseppelliti degli altri compagni, recuperati dalle autorità dopo la testimonianza di Ottavio. Se solo fossero riusciti a chiamare i soccorsi prima, non si sarebbero trovati a dover piangere tutti quei morti.
Adesso, invece, le cose erano come nessuno le avrebbe mai volute.
Adesso, soltanto un'immane tragedia.
Don Luca si spostò a lato.
Davanti a lui, solo la settima bara. L'ultima bara.
Dentro di essa riposava il corpo della bestia, finalmente in pace con se stessa, in pace con il mondo, in pace con Dio.
Sorrise, al pensiero di quel gesto.
Il sacrificio supremo, nonostante la vendetta. Aveva peccato? Forse. Era venuta meno al volere di Dio? Forse.
Però era morta per la colpa di aver provato un'amore mai cancellato. Alla fine, questo doveva pur voler dire qualcosa.
Pregò come aveva pregato l'intera sera precedente. Pregò perché quel bambino – perché la bestia era quel bambino – potesse ritornare con i genitori e i fratelli, tutti quanti riuniti alla destra del Padre; del suo vero Padre.
Sorrise di nuovo, abbassando il mento. Le gocce d'acqua santa riflettevano i radi raggi di sole che arrivavano come lamine sui presenti.
Dentro quella bara, don Luca aveva nascosto qualcosa. Qualcosa che anche Santo Benei aveva voluto mantenere celato, nonostante ne avesse fatto menzione con lui. E lui aveva rispettato le sue volontà fino a oggi, per poi disseppellirlo e nasconderlo dove nessun altro lo avrebbe mai trovato.
A fianco al corpo del bambino – di Andrea – riposava anche un oggetto senza vita e senza anima, frutto dei sacrifici di decine di persone, antenati dei discendenti di vite intere.
Il tesoro degli abitanti di Col di Favilla.
Nessuno doveva più morire. E nessuno doveva più cercarlo. Sarebbe rimasto laggiù per sempre. A fargli la guardia, il bambino che aveva lottato per amore una vita intera.
Quel bambino era l'incarnazione di ciò che Cristo aveva voluto.
Tommaso, tu hai creduto perché hai veduto. In verità ti dico, beato chi crederà pur non vedendo.
Andrea non aveva visto. Non aveva mai visto.
Eppure aveva creduto.
Quel giorno, un fondo di verità avrebbe dato sfogo a una nuova storia. Una nuova leggenda sarebbe stata costruita, nata dalle ceneri di quel bambino. Una leggenda tramandabile ai figli dei figli dei loro discendenti, e così via fino all'infinito.
Come pegno di lealtà, come simbolo di un involontario ricordo verso qualcuno di grande che aveva camminato sulla terra calpestata dai loro piedi.
Quel giorno, era nato un mito.
La leggenda della bestia dagli occhi di ghiaccio.
NOTA D'AUTORE
Ogni riferimento a luoghi, fatti, persone, e tutto quello che puoi trovare in questo libro, è puramente casuale. Nello specifico, i luoghi descritti esistono realmente ma non la storia che è stata raccontata in questo romanzo. Quella, importante saperlo, è puro frutto di fantasia e non ricalca alcun reale accadimento. Stessa cosa vale per molte caratteristiche delle ambientazioni esposte nel corso del testo. Anche i personaggi sono frutto del mio ingegno, seppur abbia cercato di renderli il più possibile attinenti agli ambienti in cui li ho inseriti. Ho cercato di fare del mio meglio, spero di essere riuscito a farti entrare in sintonia con le atmosfere di queste montagne.
Col di Favilla e Fociomboli sono due zone del territorio di Stazzema, distanti alcune decine di minuti di cammino l'una dall'altra. Tra di esse si trovano ampi prati e altrettanto nutriti boschi. A separarle, una località conosciuta sotto il nome di Alpe di Puntato. Sono molti i riferimenti alla Garfagnana, poiché Col di Favilla può essere raggiunto sia dal versante dell'Alta Versilia, sia dalla vicina Garfagnana, seguendo un sentiero che parte dalla zona di Isola Santa o altri che si innestano indirettamente in vicinanza del posto, o addirittura iniziando da ben più lontano. D'altro canto, i dedali di sentieri sulle Alpi Apuane sono innumerevoli. Alcune semplici ricerche parlano di abbandono del paese di Col di Favilla tra gli anni '60 e '70 del secolo passato: i riferimenti fatti nel testo su abitanti che vivevano lì negli anni '90 sono del tutto inventati e casuali.
Vista la forte tradizione cristiana di molti appartenenti a questi luoghi, ho pensato di utilizzare un punto di vista che facesse riferimento in più occasioni al Dio della religione cristiana cattolica. Non voglio in nessun modo professare con ciò qualcosa che possa esser preso come motivo di paragone o di superiorità rispetto ad altre religioni seguite nel mondo. Prendetelo per quello che è: un (im-)personale punto di vista.
Ci sono tante leggende tramandate in questi luoghi. La leggenda della bestia dagli occhi di ghiaccio non è una di queste, diversamente dal riferimento all'Omo Selvatico che trovi nel testo: quella, invece, esiste davvero, ed è una leggenda che è possibile reperire in forma più o meno elaborata all'interno di dispense acquistabili in Garfagnana e nell'Alta Versilia.
Spero che il romanzo ti abbia appassionato. Forse un domani tornerò a pubblicare qualche scritto su questa piattaforma. Per il momento gli altri due lavori pubblicati sono disponibili soltanto in formato ebook in qualche piattaforma online, entrambi dalle connotazioni molto differenti rispetto a quello che hai letto finora ne La bestia dagli occhi di ghiaccio. Se vorrai dare un'occhiata, ne sarò più che felice. Se invece non vorrai, bè, spero sia stato comunque un bel viaggio. Io ti saluto con un – forse – alla prossima!
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