La torta di mele di Caterina Gallo: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
Ultimamente, i fondi pubblici destinati al vitto dei pazienti dell'ospedale cittadino erano stati decurtati. Dall'oggi al domani. I tagli più consistenti riguardavano il malcapitato reparto di psichiatria, già con le gambe all'aria da tempo immemore, sebbene grazie alla presenza dell'attuale primario e alla solerzia del dottor Neri, della dottoressa Rossi e del coordinatore infermieristico Papadopoulos, era possibile vedere luci in fondo al tunnel.
-Ma è mai possibile che a rimetterci dai tagli amministrativi debbano essere ancora una volta i malcapitati pazienti?- lamentò il professor Heinz, arrabbiato, durante una riunione di dirigenti ospedalieri e coordinatori infermieristici che presiedeva, avente per oggetto principale proprio il vitto dei ricoverati.
-Albert, mancano i fondi e si deve risparmiare- affermò il primario di ginecologia. -Purtroppo la città, anzi l'Italia, alle soglie del quarto millennio è quella che è.
-Scusami per la franchezza, ma con tutto il rispetto, fatto sta che abbiamo un reparto in cui i pazienti vengono ricoverati gratis- disse il primario di ortopedia. -Il tuo, Albert. Si, capisco perfettamente l'impossibilità di lasciare a se stesso un paziente che va fuori di testa mentre i suoi familiari non possono pagare per un ricovero. Già è una tragedia per mille altri casi, in testa gli accidenti cardiovascolari e neurologici, ma i casi psichiatrici, si capisce, si ripercuotono socialmente su larga scala. Ragione per cui s'è dovuto tagliare da qualche parte. Non che mi faccia piacere e ci mancherebbe, ma purtroppo la matematica non è un'opinione, per quanto mi rincresca soprattutto per psichiatria. Comunque, l'ultima volta che sono passato da te, correggimi se sbaglio, non ho notato grandi cambiamenti sul vitto dei pazienti.
-Scusate l'intromissione- e il coordinatore infermieristico Constantin Papadopoulos prese la parola, stando attento a non apparire irrispettoso verso cotanti luminari della scienza medica. -Ho necessità di rilevare che psichiatria ha ricevuto generose donazioni e soltanto per questo motivo il vitto dei ricoverati non è scadente, come invece lo sarebbe in assenza di tanta liberalità. Ma sfortunatamente non possiamo ragionevolmente aspettarci che queste donazioni durino per sempre, date le condizioni in cui versa la città.
Constantin si premurò di tacere riguardo alla provenienza di tali donazioni. Dal professor Heinz, naturalmente, l'unico in reparto in grado di permettersi simile liberalità. Ma non palesò nulla sul punto, per non dispiacere al suo primario che non donava nè per la fama nè per la gloria, ma per obbedire agli insegnamenti del suo Maestro. Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra, recita il Vangelo di san Matteo.*
Il professor Heinz proveniva da una famiglia agiata e faceva buon uso sia dei beni ereditati che del suo lauto stipendio, a differenza della quasi totalità dei suoi pari. Ma le sue donazioni non potevano andare avanti per sempre perchè il grande psichiatra finiva spesso per finanziare personalmente anche la sua attività di ricerca, dato che in Italia era impensabile da oltre mille anni sperare nei fondi pubblici per tali propositi alla stregua dei paesi anglosassoni.
-Si può fare affidamento sulle famiglie dei ricoverati- suggerì il primario del reparto di geriatria.
-Hai voglia di scherzare- ribattè il professor Heinz. -Per molti familiari dei vostri pazienti, specie anzianissimi non più in grado di lavorare e privi di pensione, quindi di qualsiasi reddito se non statali, un ricovero è sinonimo di indebitamento. Tu che presiedi geriatria dovresti saperlo molto meglio di me. Quanti del parenti dei tuoi ricoverati non hanno subito almeno un paio di pignoramenti? Già in psichiatria, anche se non si paga, chi vi mette piede da ricoverato proviene solitamente da famiglie problematiche che vivono ai margini della società. Il più delle volte, quando va bene, i familiari si limitano a dimenticarsi dell'esistenza dei loro congiunti in reparto. Quando va male, ci vediamo finanche costretti a cacciarli con le maniere forti, vale a dire l'unico linguaggio che comprendono, minacciandoli pure di far correre la polizia. Vengono a maltrattare e rimbrottare i familiari anche qui in ospedale, non sazi di avergli reso un inferno
l'ambiente domestico, per colpa del quale si ammalano in continuazione e tornano ripetutamente qui!
Il professor Heinz pensò a Norino Pollastri, Nina Ferraro e Paolino Meis. Un giorno aveva quasi cacciato a pedate dal reparto il padre di Norino, un alcolizzato violento che aveva trascorso la vita a riempire di botte i familiari. Per la madre, di origini sinte, la separazione o peggio ancora il divorzio figurava impensabile. Una sinta non lascia mai il marito, nemmeno se questi l'ammazza. Un tratto culturale tipico dell'etnia. Norino non aveva nemmeno potuto terminare la secondaria, con un padre del genere. E così s'era andati avanti in una vita miserabile sia per se stessa che per il figlio. A coronamento, vivevano in un condominio popolare tra i più degradati, con tutti gli annessi e i connessi che ne susseguivano. Anche Paolino Meis era cresciuto tra simili case popolari all'insegna del degrado, da figlio unico tanto quanto il suo compagno di sventure psichiatriche. I suoi genitori, a differenza del padre di Norino, non avevano vizi di sorta, ma si erano isolati dal mondo intero sin dall'indomani delle loro nozze, per motivi soprattutto economici. Vivevano appena con se stessi e la loro ombra. Entrambi i ragazzi avevano dunque contato su un terreno molto fertile allo sviluppo di disturbi e malattie mentali. Paolino non aveva nemmeno provato a proseguire gli studi dopo la terza media. Quanto a Nina Ferraro, l'intera vita della ragazza era tutto un tema, sia pure da laureata, dato che il titolo di dottore in filosofia valeva tanto quanto la terza media, oramai.
Alla fine della riunione, ebbero allora luogo due proposte, da parte del primario di psichiatria: la prima, unanimemente accolta, consisteva in una raccolta di firme da parte di tutti i dirigenti ospedalieri in primis, poi dei medici, degli infermieri, OSS e personale amministrativo. Si doveva firmare una petizione per la revoca del provvedimento comunale riguardante la decurtazione dei fondi destinati al vitto dei ricoverati. Qualora non sortisse effetto, in seconda battuta il professor Heinz propose a tutti i primari ospedalieri l'istituzione di un fondo che sarebbe servito all'acquisto di alimenti di qualità per i pazienti. -Tutti noi dirigenti medici godiamo di lauti stipendi. Se ciascuno di noi rinuncia a una piccola quota, non andrà certo in fallimento.
-Possiamo partecipare anche noi coordinatori infermieristici- propose Constantin, entusiasta per le idee del suo primario.
-Per chiunque di voi se la sente e se lo può permettere, certamente. Magari però in quota più esigua, dato che gli stipendi di voi coordinatori infermieristici non si paragonano ai nostri da dirigenti medici. Facciamo così, allora: la partecipazione dei coordinatori infermieristici al fondo paziente sarà su base volontaria. Proporremo lo stesso anche ai medici, mentre per noi dirigenti sarà obbligatoria.
A molti primari però non piacque affatto la proposta in seconda battuta del presidente della riunione e iniziarono ad accampare scusanti. Per qualcuno di loro, ciononostante, le scusanti non rappresentavano per davvero una scusa.
-Albert, mi spiace, ma a dispetto dei nostri lauti stipendi, chi di noi è sull'orlo dell'indebitamento non può impegnarsi su base obbligatoria- lamentò il primario di cardiologia.
Il professor Heinz fece tanto d'occhi. -Scusate, non per farmi gli affari vostri, ma quel che è noto a tutti non può nascondersi dietro un velo perchè equivarrebbe a voler nascondere il sole dietro un dito. Stipendi a parte, tutti noi proveniamo da famiglie agiate, altrimenti non staremmo qui oggi. Mi chiedo come, quindi, sia possibile a uno di noi rischiare l'indebitamento.
-Io ho i miei figli e pure i miei nipoti a carico- lamentò il primario di otorinolaringoiatria -e mi stanno costando una fortuna. Non sto scherzando. Praticamente mi tocca mantenere tre nuclei familiari. Anzi tre e mezzo. E mia moglie non ha un gran stipendio come fisioterapista.
Albert Heinz lo guardò. Ah, già. Il collega Migliorini, le cui penose vicende familiari aveva momentaneamente rimosso dai suoi pensieri. L'esimio luminare della scienza medica si trovava immerso in circostanze incresciose a causa di scelte discutibilissime da parte dei figlioli. La figlia aveva sposato un europeo dell'est di una zona che se non del tutto disagiata, quantomeno ancora impantanata in consuetudini sociali non esattamente condivisibili. E assieme a lui, aveva sposato pure i tratti culturali del paese. Il genero lavorava, ma inviava mese per mese tutto il suo stipendio alla famiglia di origine in madrepatria. Non tanto perchè i suoi parenti stessero crepando di fame, quanto per permettere ai suoi genitori di costruirsi una casa, che poi avrebbero ereditato anche i fratelli maschi pur senza averci messo il becco di un centesimo. E per pagare gli studi all'estero dei nipoti. Quindi non comprava mai neppure un tozzo di pane ai suoi due figli. Fatti culturali, era uso recitare Migliorini con tanto di nonchalance. Soltanto non era poi consono lagnarsi delle conseguenze. La figlia perseguiva una carriera da pittrice, il che in città alle soglie del quarto millennio significava una condanna alla miseria, quantomeno senza gli agganci giusti nell'ambiente. Il padre era uno scienziato, non un pittore. La madre lavorava nella riabilitazione post-trauma, non nel mondo delle arti. Ok, la figlia del primario di otorinolaringoiatria Migliorini non era condannata alla fame alla stregua della figlia di un manovale e una casalinga che avesse commesso lo stesso errore. Non era certo la figlia di Marcovaldo e Domitilla**. Ma campava sulle spalle di suo padre, assieme ai due pargoli e al marito. Il figlio di Migliorini, a sua volta, aveva sposato una donna nordafricana, i familiari della quale, subito dopo il matrimonio, s'erano chi ammalato, chi aveva perso il lavoro e chi s'era indebitato a causa di business falliti. E nella cultura del paese della moglie, gli affini in linea collaterale erano chiamati a intervenire tanto quanto gli affini in linea retta. Per non parlare poi del fatto di ritrovarsi a convivere con la suocera, trasferitasi in Italia per meglio curare i suoi reumatismi e pure uno dei fratelli della moglie, con tutta la sua famiglia, per avere questi perso la casa a causa dei debiti. Il figlio del professor Migliorini aveva un buon lavoro da macchinista ferroviario e guadagnava abbastanza bene. La moglie, grazie alla cittadinanza nordafricana, era stata chiamata a lavorare come interprete dal comune cittadino perchè di madrelingua araba. Quindi gli entrava un secondo stipendio in casa. Ciononostante, avevano da campare oramai dodici persone. Tra che di base erano in cinque con tre figli, poi con la suocera sei e con la famiglia del cognato altri sei. E in dieci non lavoravano. Dunque, più che sul caro affine, finirono per lo più a carico del professor Migliorini. Fatti culturali, era uso recitare quest'ultimo con tanto di nonchalance. Soltanto non era poi consono lagnarsi delle conseguenze. Il professor Heinz intese a cosa si riferiva il suo collega con quel tre e mezzo. L'intera famiglia della figlia a suo carico, poi la suocera del figlio, disoccupata. Ma per forza: in che poteva essere impiegata un'anziana che si e no possedeva la licenza elementare e quanto a lingue, conosceva soltanto l'arabo? Poi l'intera famiglia del cognato del figlio. E ovviamente, il professor Migliorini doveva pur mantenere se stesso e le spese di casa sua, dato che la moglie fisioterapista non prendeva un gran stipendio. E quest'ultimo non si doveva assolutamente toccare. Serviva al mantenimento della madama, che non campava certo di brezza fresca e non poteva certo più contare sul marito a tal proposito. E serviva pure a investire quanto eventualmente rimaneva per far fronte agli imprevisti di terza età, dato che la signora Caterina era certa che presto avrebbe riempito le fila degli esodati. Esercitare la fisioterapia in un ospedale pubblico alla sua veneranda età era fin troppo logorante e non se la sentiva, soprattutto per il bene dei pazienti che non avrebbero potuto fare affidamento su un rottame, di tirare fino alla tarda età pensionabile. E ritrovarsi da sdentata sull'orlo della miseria non rientrava nei suoi piani. Secondo la signora Caterina, entrambi i figli avevano agito da insensati. Si ritrovavano ora circondati da parassiti sociali gettatisi su di loro a oca morta? Affari loro. La figlia non intendeva dare un bel calcio nel sedere a quel caposcarico del marito? Affari suoi. Il figlio non intendeva sbarazzarsi di quelle mosche attorno al miele? Affari suoi. Suo marito intendeva farsene carico? Affari suoi, secondo il principio i miei soldi, le mie regole. Albert Heinz, che per un'attimo se n'era scordato, provò compassione per il collega Migliorini, costretto oramai a saccheggiare i beni di famiglia ereditati per coprire tutte quelle spese. I disastri familiari del primario di otorinolaringoiatria gli ricordarono vagamente le peripezie di un caro amico di vecchissima data, o meglio, della moglie di quest'ultimo, ma per il momento preferì non pensarci. La loro storia poteva semmai tornare utilissima ai due pazienti Esposito, sempre e quando fosse umanamente possibile fare ragionare un incel, ma anche a tanto avrebbe pensato più tardi.
-Ok, facciamo su base volontaria anche noi- concluse allora il professor Heinz, pur sapendo che si e no avrebbero aderito in due gatti e sperando vivamente di riuscire a concludere in prima battuta con il comune cittadino, senza quindi dover passare all'istituzione del fondo.
L'indomani, immerso nelle sue solite ricerche in sala medici, locale che preferiva di gran lunga al suo studio per il panorama che si poteva osservare dalla enorme finestra, ricevette una visita inaspettata. Il professor Heinz, di impeccabile serietà e professionalità, non era uso ricevere visite di cortesia durante l'orario di lavoro come certi suoi colleghi erano soliti fare, ma il coordinatore infermieristico Constantin lo aveva avvisato che la visita aveva a che vedere con la riunione che aveva presieduto il giorno avanti.
-Oh, Caterina, è lei! Come posso aiutarla?
Caterina Gallo, la moglie del primario di otorinolaringoiatria. Portava con sè una borsa enorme e Heinz si chiese come una così piccola e minuta donna potesse caricarsi di tal peso alla sua veneranda età. Sempre e quando il contenuto del borsone non fosse poi davvero pesante come apparentemente sembrava.
-Mio marito mi ha parlato della riunione di ieri. Sono qui senza che lui ne sappia nulla. Non deve sapere nulla. Come spendo il mio stipendio non è affare che gli compete, date le premesse. Vada come vada, vorrei contribuire al benessere dei pazienti del suo reparto, i più colpiti dal nuovo provvedimento comunale. Non posso sborsare denari in via diretta, so che lei conosce le nostre circostanze...ma comunque, per una volta a settimana posso portare una di queste- e tirò fuori dal suo borsone una grande scatola di cartone. -Magari la prossima volta ne porto una più grande di così.
La scatola di cartone conteneva una torta di mele da un chilo, preparata fresca dal cuoco della sua coppia. Date le loro vite frenetiche, gli risultava impossibile trascorrere un solo minuto ai fornelli, tanto quanto il dedicare tempo alla pulizia della casa e dunque il professor Migliorini si vedeva pure costretto a mantenere e pagare personale di servizio. Per torte come quella che aveva portato in reparto psichiatrico, la signora Caterina comprava di tasca sua le mele direttamente dai contadini e gli altri ingredienti all'Esselunga, per assicurarsene la qualità. Chiedeva sempre al cuoco di prepararne una a settimana, di quelle torte di mele, destinate ai nipotini. E quando capitavano in casa, anche ai quattro cuginetti conviventi di tre di loro. I poveri bimbi, infatti, date le circostanze, erano perennemente costretti agli alimenti scadenti degli hard discount. Da allora in poi, ve ne sarebbe stata un'altra da preparare, il triplo più grande, per i quindici pazienti del reparto psichiatrico. Più avanti, alla primavera successiva, la signora Caterina avrebbe cambiato frutta per la torta settimanale, dipendendo dai raccolti di stagione.
-Le chiedo mille scuse. Qui manca una fetta perchè oggi avevo di nuovo la mia nipotina più piccola in casa e non me la sono proprio sentita di dirle di no. Avevo poi capito male che i pazienti ricoverati fossero solo in cinque e non quindici, ecco perchè non ne ho portato una più grande di così.
-E non c'era tempo di chiedere al nostro cuoco di preparare un'altra torta. Comunque, prenda pure una fetta anche lei e un'altra per Constantin.
-Innanzi tutto non ha nulla di cui scusarsi. Lei è molto generosa- disse il professor Heinz, commosso.
-No, Albert, non lo sono. Faccio soltanto il mio dovere di nonna nei limiti del possibile. Poveri bimbi, loro non hanno alcuna colpa della nequizia dei genitori. E poveri pazienti del suo reparto...
-Già. Ma quanto a Constantin, è celiaco di terzo grado e pure intollerante al lattosio. Purtroppo non può guardarla neppure da lontano, questa torta, se non vuole rischiare la pelle.
-Oh, poveretto, mi spiace! Per la prossima volta dirò al cuoco di utilizzare farina e latte di riso. E pentolame e utensili che non hanno mai visto il glutine. Così andrà bene per tutti, anche per gli eventuali pazienti celiaci che prima o poi approderanno in reparto.
-Temo vi siano già approdati. Abbiamo al momento due pazienti in analisi per sospetta celiachia, appunto- e il professor Heinz pensò a Nina Ferraro e Norino Pollastri, che presentavano sintomi compatibili con la malattia autoimmune. Ovviamente, non fossero stati ricoverati in psichiatria, mai avrebbero potuto permettersi qualsivoglia analisi, nelle loro precarissime condizioni finanziarie. Il professor Heinz, il dottor Neri e la dottoressa Rossi, a ogni loro ricovero, ritardavano il più possibile le dimissioni dei due, così come di Paolino Meis, pur di tenerli a lungo lontani dal loro insicuro ambiente familiare e ancor più insicuro quartiere popolare.
Dal giorno della visita della signora Caterina, una torta di mele senza glutine e senza lattosio da tre chili faceva la sua comparsa in reparto psichiatrico tutte le settimane. I ricoverati erano visibilmente più contenti e meno irrequieti, nell'apposita giornata della torta di mele.
Non molto tempo dopo, arrivò anche la risposta del sindaco alla petizione dell'ospedale cittadino. Il bicchiere risultò mezzo vuoto. Oppure mezzo pieno, a seconda dei punti di vista. Non trovando opportuno ignorare del tutto una petizione sostenuta da un luminare della scienza di fama internazionale quale il professor Heinz, i tagli sarebbero stati ridotti alla metà.
*Il testo completo è il seguente:
"Matteo 6,1-4
1 Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 2 Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 3 Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4 perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà." (tratto da Bibbia versione CEI in https://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Mt6,1-4&versioni[]=C.E.I.)
**Marcovaldo e Domitilla sono i protagonisti, soprattutto Marcovaldo, di Marcovaldo ovvero le stagioni in città di Italo Calvino, opera di genere neorealistico pubblicata per la prima volta nel 1963. Avendone a suo tempo reperito due dei venti racconti in un'antologia delle scuole medie, me n'ero innamorata seduta stante. Il Marcovaldo di Calvino ha ispirato svariati miei e-book, tra i quali proprio questo
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