CONTEST - UNA STORIA ITALIANA

in hive-184714 •  11 months ago  (edited)

PROZAC, OVVERO QUEL CURIOSO ECCENTRICO APRILE E ALTRE DISCUTIBILI STORIE atto secondo: storie dal trentesimo secolo (racconto per la partecipazione al contest una storia italiana)
Nel frattempo, una bidella era entrata in palestra e rimanendosene in silenzio, per non disturbare l'esecuzione come ordinato dal dottor Grassini, iniziò a distribuire foglietti illustrativi ai docenti. Riguardavano la settimana degli eventi più impegnativa. Quella che si sarebbe svolta nell'industria di Vittorio, ma Natalina ancora non lo sapeva. Prese il foglietto e lo infilò in borsa senza nemmeno dargli un'occhiata.
-Vabbè, lo guardo un'altra volta- disse a Pietro, quasi come stesse pensando a voce alta.
-Non ti senti bene?- le chiese preoccupato il collega, che le aveva notato un'ombra nel volto non appena l'aveva incontrata a scuola.
-No, Pietro, proprio per niente.
-Posso fare qualcosa per te?
-Devo andare alla toilette. Poi ti racconto.
Decisamente, non era proprio giornata. Inforcò un paio di occhiali scuri perchè stava per piangere tutte le sue lacrime, cosa che fece una volta chiusa la porta del bagno docenti. La Settimana della Musica doveva essere rilassante, ma la dedica di un alunno del quinto anno del liceo musicale alla sua fidanzatina le aveva risvegliato brutte memorie. No, la sua non era invidia, proprio per niente. Natalina non era affatto invidiosa, non era nella sua natura. Era invece il bilancio della sua vita a pesarle più del piombo. Non che fosse avvezza a soffermarsi a pensarci, proprio per niente. Ma la disavventura di qualche ora avanti aveva favorito grigi pensieri. Anna Delle Piane era una delle sue alunne. Una ragazzina alta e slanciata, dal viso perfettamente armonico dai tratti regolari e bei capelli biondo ramato. Era figlia di un web-designer di successo con un giro di clientela altolocata. La madre della ragazza era la dottoressa Silvia Cavallini, la psicologa del suo amico Cesare. Anna Delle Piane era nata e cresciuta nell'ambiente ideale, nella famiglia giusta appartenente al circolo sociale giusto, oltre a essere dotata della genetica giusta. Le ragazze come lei dall'aspetto di una top model o che comunque andavano ben oltre la bella di provincia standard, di classe come minimo medio-alta, che vivevano in centro città e contavano su almeno una seconda casa, avevano davanti a sè la strada spianata e si accaparravano i fidanzati migliori sotto tutti i punti di vista, sia caratteriale che di personalità che di status e pure di aspetto fisico non certo da buttare. A quattordici anni, la sua compitissima alunna Anna Delle Piane aveva già il fidanzatino serio e dedicato, dal brillante futuro lavorativo, che sicuramente avrebbe sposato una volta laureata. E avrebbero avuto la casetta e la bella famigliola del Mulino Bianco. Santo cielo, Natalina augurava seriamente ogni bene ai suoi alunni, indistintamente. Il che però non significava chiudere ingenuamente gli occhi su quel che era l'andazzo cittadino da all'incirca un millennio. E quel pomeriggio in particolare non le riuscì proprio di non pensare a quanto la vita le aveva negato. A dicembre avrebbe compiuto trentotto anni e oltre al fatto che entrare di ruolo come insegnante diventava a ogni anno che passava più fantascientifico che utopico, era single da una vita, se si eccettuava la breve parentesi con il collega mammone di Scienze Politiche. Poteva essere il fidanzato quasi perfetto, ma dovendo chiedere il permesso a mamma finanche per invitarla a prendere un caffè al di fuori delle mura dell'edificio del loro ateneo, non risultava un grande affare. Il quasi fidanzamento era comunque andato avanti fino a quando lui, sia pure mestamente, non le aveva confessato: -Mamma dice che non vai bene per me.
Il bello era che Natalina non aveva mai nemmeno visto di persona la mamma di quel suo ragazzo, ma sicuramente, quanto il pargolo le raccontava non doveva aver superato il test alle altezzose orecchie della donna. La figlia di un calzolaio e una casalinga che abitava in un quartiere periferico della città, senza famiglia a spianarle la strada per una brillante carriera. Genitori in età pericolosamente avanzata, sicuramente prossimi a diventare un fardello di cui il figliolo avrebbe risentito. Non le risultava, infatti, che la ragazza di suo figlio fosse benestante o quantomeno di classe medio-alta, quindi in grado di pagare aiuti esterni senza dovere rinunciare alla carriera o peggio, licenziarsi da un eventuale lavoro per diventare caregiver a tempo pieno. Allora come allora non c'era ancora l'esercito di androidi utili al caso, nè l'assegno sociale per gli anziani che una volta non più in grado di lavorare, scivolavano nell'indigenza. La città alle soglie del quarto millennio, prima che importanti settori cittadini finissero in mano agli androidi, pullulava di figli unici caregiver a tempo pieno che finivano a mangiare e vestirsi alla Caritas e alla Croce Rossa, causa sistema pensionistico che costituiva un mero caro ricordo che da novecento anni a occhio croce compariva soltanto più sui libri di storia. Ridotti presto a vivere, assieme ai loro cari disabili, in case inagibili causa assenza di qualsiasi utenza, dato che non potendo più pagare le bollette, gli venivano tagliate luce, gas e acqua. Quando poi si trovavano in affitto e gli piombava addosso lo sfratto, i più fortunati ricevevano l'alloggio popolare, mentre i meno fortunati finivano per strada. Il familiare disabile veniva allora spedito nelle peggiori RSA a carico del comune, ma soltanto perchè i politici di turno non potevano fare altrimenti. Quella ragazza non aveva futuro, quindi meglio abbandonarla a se stessa anzichè aiutarla facendo la forza attraverso l'unione. L'amorevole mamma desiderava per il pargolo una donna che apportasse beni materiali che nella società cittadina del trentesimo secolo contassero qualcosa. Dopotutto, il matrimonio non è un contratto, come si studiava a Scienze Politiche? E in ogni contratto che si rispetti, meglio starsene bene alla larga dall'accollarsi fardelli, veri o presunti che fossero. Avesse poi saputo dello sparuto e insigificante patrimonio mobiliare dei signori Anselmo e Fiorina ne sarebbe rimasta ancor più scandalizzata. Ovviamente, sull'ammontare dei conti in banca di questa o quella controparte contrattuale, chiunque con un minimo di cervello per ragionare manteneva il massimo riserbo. Mai fidarsi, dati i furti in appartamento, all'ordine del minuto quantomeno allora come allora, quando in città circolavano soltanto gli umani. La signora Fiorina era maestra nell'arte di apparire molto più povera di quanto in realtà non fosse, in quanto l'accomodante signor Anselmo, piuttosto sempliciotto da tal punto di vista, apriva la bocca più facilmente di sua moglie, temendo magre figure e di non distinguersi in società. Già in città faceva fin troppo scandalo la FIAT Panda comprata usata da un calzolaio, ricoperta da un telo in caso in intemperie perchè il signor Anselmo non aveva un garage coperto di proprietà, ma uno sparuto posto auto nel cortile del condominio in cui viveva. Faceva fin troppo scandalo la capigliatura crespa di sua moglie, che per arrivare a fine mese si tagliava sempre i capelli da sola, a dispetto del fatto che la chioma castana di Fiorina non si prestava affatto a tali esperimenti. Gli altri colleghi universitari uomini di Natalina cercavano immancabilmente ragazze benestanti da conti in banca e investimenti a minimo cinque zeri e minimo multipli di due, quindi era bene starne il più possibile alla larga e al riparo da umiliazioni che non valevano proprio la pena. Gli altri pretendenti che aveva contato, oltre al collega di Scienze Politiche, erano indegni di nota e qualsiasi menzione: lo straccivendolo in nero abitante quella roulotte condivisa e il rivoltante Felicino Bistolfi, entrambi incolti, volgarissimi e perennemente smaniosi di allungare le mani. Del primo s'era liberata grazie al provvidenziale intervento della Municipale, mentre il secondo era purtroppo riapparso dal nulla d'improvviso, dopo anni di quiete. Ma perchè le capitavano soltanto tutti quelli peggio? Ovviamente, l'amorevole mamma Fiorina aveva sempre la risposta pronta, che differiva di parecchio da quella di zia Gelsomina: -A quelli come noi non può capitare nulla di buono. Perchè mai un risolto dovrebbe scegliere una fallita come te, figlia di due peggio falliti?
Natalina non pretendeva però nessuno che appartenesse all'élite cittadina, figurarsi. Ci mancava soltanto che le ricordasse delle sue piuttosto umili origini, per carità. Quella non era mica l'epoca britannica degli svariati re George, dove e quando la signora Bennet si aspettava uomini altolocati per le sue cinque ragazze da marito*. Perfettamente dimentica che le figliole non avrebbero potuto ricevere un gran che di dote da apportare in contropartita, ma mai dimentica della proprietà del signor Bennet vincolata al cugino Collins. Che avrebbe sbattuto fuori casa le cugine non appena il padre avesse tirato le cuoia. Se il signor Anselmo Granata fosse deceduto, nessun signor Collins avrebbe sbattuto fuori Natalina assieme a mamma Fiorina, ma a paragone di eredità, ciascuna delle signorine Bennet era messa molto meglio di lei. Le mille sterline al quattro per cento spettanti a ciascuna alla morte dei genitori, come Collins non aveva mancato di ricordare, corrispondevano a 380 mila del momento in città nel trentesimo secolo, se non addirittura 400. Se la società britannica del momento considerava mille sterline una miseria, lo si doveva unicamente al fatto che gli interessi che producevano non erano sufficienti a pagare fior di servitù e quindi permettere la prosecuzione di una vita da gentildonne, vale a dire alto-borghesi. Ok, le signorine Bennet non avrebbero tra l'altro avuto più nemmeno un tetto sulla testa, fuori della generosa e abnegante ospitalità degli zii, ma il suo valeva sul mercato si e no l'ammontare dei risparmi dei suoi genitori, la cui durata si figurava pure oltremodo incerta, a differenza della sia pur modesta dote riservata alle sorelle austeniane. I Granata vivevano pur sempre in un condominio di periferia, mica in centro città. E in periferia, si sapeva che il fenomeno dei condomini insolventi era quantomai diffuso. Ok, non tanto quanto nella periferia più remota o che si addentrava verso gli edifici popolari, ma il rischio c'era pur sempre. E si sapeva pure che in tali casi l'amministratore del condominio incrminato aveva davanti a sè soltanto due strade: mettere all'asta l'appartamento degli insolventi, ricorrendo dunque alle tortuose vie legali oppure fare appello alla responsabilità solidale, costringendo i condomini solventi a pagare le spese dei loro vicini. Nel secondo caso, gli sparuti risparmi dei coniugi Granata avrebbero pericolato. Tale era il motivo dei più frequenti litigi di Anselmo e Fiorina in quell'aprile. Nel loro super condominio di una cinquantina di famiglie, ve ne erano ultimamente almeno cinque insolventi.
-Un altro uomo, di buona posizione, saprebbe quando, come e dove investire i denari ereditati, ma un calzolaio di mala morte si vedrà presto soffiare di sotto il naso i sudatissimi risparmi di una vita, messi via a botta di lacrime, sangue e immani sacrifici! E nostra figlia finirà sotto i ponti, dopo di noi!- inveiva Fiorina al marito.
-Sempre positiva, neh? Guarda che non appena sento puzza di bruciato, svincolo fino all'ultimo centesimo e cacciamo tutto sotto il materasso.
-Bravo pollo, così ce li portano viai ladri!
-Cosa preferisci, Fiorina: che se li mangino i ladri o se li mangi il condominio?
E via come cane e gatto.
La questione era però stata presto e facilmente risolta dal commercialista di zio Maximilian e zia Mina, che Anselmo aveva consultato di nascosto della moglie che non doveva far sapere a nessuno che avevano dei risparmi. Dopo l'ultimo COVID dell'anno precedente, la famiglia aveva oltrepassato la soglia di povertà verso il basso e perdere quei risparmi per una cretinata condominiale li avrebbe ridotti parecchio a mal partito. Dunque l'idea non lo divertiva affatto. La soluzione era presto detta: poichè i titolari dell'appartamento erano soltanto i due coniugi e non la figlia, bastava intestare a quest'ultima i risparmi investiti con un passaggio di proprietà.
-Certo, così quella sciagurata li scialacqua tutti in quattro e quattr'otto- aveva inveito Fiorina, che come al solito sprizzava fiducia da tutti i pori nei confronti della prole. Il marito alla fine non aveva potuto fare a meno di dirle che era andato dal commercialista del cognato, perchè per il passaggio di proprietà mobiliare era necessaria la firma di entrambi i coniugi, da cotitolari.
-Allora, Fiorina. Scegli tu chi si mangerà i nostri risparmi: i ladri, il condominio o Natalina?
Dopo la solita litigata di cane e gatto, alla fine la moglie era giunta alla conclusione che tra i tre malanni ventilati si faceva d'uopo scegliere la terza opzione e accedette a firmare.
Da parte sua, Natalina aveva iniziato a metter via tutto quanto poteva sin dalla sua prima supplenza alle scuole medie, ma a causa dell'ultimo COVID, le bollette di luce e gas erano triplicate e s'era allora fatto pressochè impossibile risparmiare. E pure impossibile non indebitarsi per non intaccare i risparmi, che allora si sarebbero squagliati in pochi anni. Avevano allora optato per disfarsi del gas di città, ricorrendo alla cara vecchia bombola da 15, che a stare attenti durava un mese. Certo, non era l'ideale, data la presenza di due anziani ultraottantenni in casa e la questione stava creando incresciose chiacchiere nel loro condominio abitato da ficcanaso seriali che trascorrevano il loro tempo affacciati a balconi, finestre e porte per guardare quali condomini uscivano, quali rientravano e quando. Chi si recava a visita, dove e quando. Una bombola del gas, per natura ingombrante, non poteva passare inosservata, così come i commessi del negozio che la trasportavano fino a casa di Anselmo e Fiorina. Natalina aveva rischiato una denuncia perchè permetteva ai due genitori anziani un'attitudine pericolosa di tal fatta. Curiosamente, in un caso del genere nemmeno Gigliola, la migliore amica di Fiorina solitamente regina della discrezione, s'era come al suo solito occupata degli affari propri. Non fosse stato per il tempestivo intervento di Vittorio, che aveva inviato un gruppo dei suoi androidi a mettere in totale sicurezza l'incriminato dispositivo, rendendolo utilizzabile perfino da anziani soli in casa grazie a un aggeggio che ne assicurava lo spegnimento automatico, Natalina si sarebbe ritrovata la Guardia Municipale con tanto di manette davanti alla porta di casa al ritorno da scuola. Infatti, un brutto giorno, la buona amica della mamma le aveva amabilmente suggerito di non recarsi al lavoro a causa della presenza di quella bombola a gas in casa, poichè il padre era già uscito di casa per raggiungere la calzoleria. Non presentarsi a scuola senza previo adeguato avviso per seri motivi comportava però il licenziamento in tronco e l'uscita dalle GPS e graduatorie d'istituto. Quindi aveva fatto caso omiso alle insistenze di Gigliola. A nulla erano valse le rassicurazioni di Fiorina all'amica, che giurava sul suo onore che mai si sarebbe azzardata ad accendere la bombola quando sola in casa. Piuttosto, avrebbe mangiato pane con pane. Gigliola, vedendo tardare Natalina, stava per chiamare la Municipale, quando invece erano arrivati i solerti androidi a sistemare il sistemabile. Come poteva Natalina non amare Vittorio, che l'aveva pure salvata dagli arresti in una città in cui l'esecutivo e il giudiziario stavano ancora zoppicando davanti ai crimini seri, ma curiosamente perfettamente funzionanti grazie a lacune grandi quanto voragini nei casi in cui le famiglie prive di santi in paradiso andavano aiutate anzichè condannate?
Ma a dispetto di ogni escamotage, senza lo stipendio di Natalina, oramai la sua famiglia di tre persone si sarebbe vista costretta a mangiare alla Caritas e alla Croce Rossa come accadeva a tanti residenti della città caduti in bassa fortuna. Perfino in tanti esponenti del ceto medio si erano ridotti in tale stato di povertà a causa del COVID, quindi figurarsi i piccolo-borghesi. Mamma Fiorina dava di matto al pensiero, mentre papà Anselmo sarebbe morto di vergogna all'atto pratico. Natalina avrebbe pur sempre potuto accorrere a Vittorio, ancora una volta, ma sperava vivamente di no. Non nel suo eccentrico attuale stato d'animo, non era proprio il caso. Lo stipendio di suo padre, ai tempi della sua prima laurea in Scienze Politiche più che dignitoso perfino per una famiglia di quattro, diventato in seguito si e no sufficiente per tre, che li aveva mantenuti nello status piccolo-borghese fino a qualche anno addietro anche grazie ai sia pur sparuti interessi degli investimenti, era diventato improvvisamente misero e insufficiente. A dispetto del fatto di figurare il massimo di categoria. Tariffe folli delle bollette di luce e gas a parte, il prezzo di tutti gli alimenti era raddoppiato. E la TARI aveva subito un rincaro di almeno il venti per cento. Vivevano poi in un appartamento di un edificio datato ed energivoro, le cui spese, tra ordinarie e straordinarie, rasentavano quelle dell'affitto di un monolocale, dato che ultimamente partivano 500 di solo condominio. In tre, nemmeno facendo la spesa negli hard discount si riusciva ad arrivare a fine mese in città, senza un secondo stipendio ben al di sopra di un part-time, quando si viveva in un condominio come il loro, i pargoli maggiorenni necessitavano di spese mediche e si sperava di oltrepassare la mera sopravvivenza a stenti, se il primo non rasentava i 3000. Altro che risparmiare, ultimamente, se non pochi dei suoi spicci da insegnante e sempre e quando un elettrodomestico non tirasse il calzino o il macinino di suo padre non necessitasse di una riparazione meccanica. La famigerata pandemia aveva poi interrotto la sua seconda supplenza presenziale in un tranquillo liceo linguistico. Peccato. Aveva amato tanto quella scuola, dove aveva iniziato a insegnare a ottobre. Quella supplenza sarebbe terminata a fine novembre, ma il susseguente lockdown durato fino a tutto dicembre aveva posto fine all'idillio, obbligando a lezioni online alla meno peggio. Non che non amasse pure il liceo di scienze umane dove attualmente insegnava, ma problemi di un certo rilievo non erano mancati e a tutt'ora non mancava qualche studente impertinente, sia pur non alla stregua dei cinque espulsi il mese precedente.
Quando poteva, nei pochi momenti liberi che lasciavano spazio all'ozio, Natalina lavorava ancora online per arrotondare e riuscire davvero a mettere via di nuovo qualcosa sin dalla fine della prima supplenza. Oltre la metà di quanto ricevuto dal liceo linguistico se n'era andata per coprire i debiti di bollette di inizio anno che il signor Anselmo non era stato in grado di pagare per intero. E non soltanto. C'erano cure personali biologiche, fitoterapiche e per il viso causa postumi di una PCOS di cui aveva tanto sofferto da adolescente e giovane adulta. Erano ben care, ma guai a trascurarle. C'era il suo sia pure contenuto abbonamento per 15 ingressi annui in una palestra di periferia a buon mercato, che pagava personalmente. Ci mancava infatti solo il lasciarsi andare a trentasette anni, quasi trentotto, considerato poi come la buttava in città. E c'era pure un guasto di inizio anno alla vecchia Panda che il meccanico aveva preventivato a mille, sia pure dilazionato in dieci rate, che aveva coronato la situazione, contribuendo allo sfumare di una vera e propria indipendenza finanziaria della ragazza. Natalina temeva dunque da un momento all'altro lo scatenersi delle sopite geremiadi di sua madre riguardo al signor Felicino che si era azzardata a rifiutare costantemente. Essere rimasta poi ferma fino a febbraio senza supplenze non aveva aiutato affatto. Riuscendo a metter via soltanto cinque dollari al mese di telelavoro e meno di tanto dal suo attuale stipendio, Natalina aveva dovuto pure rinunciare a comprare abiti nuovi che le sarebbero serviti per la scuola. Oramai faceva uso degli stessi che portava sin dal primo corso di laurea, ma comunque la sua esile figura aiutava non poco a risparmiare così tanto sull'abbigliamento. Aveva ripiegato per l'ennesima volta sulle riparazioni e sistemazioni di zia Mina, che impiegava tutta la sua professionalità artigiana per venire incontro alla nipote. Quest'ultima ricambiava sempre come poteva, anche se la generosità degli zii non richiedeva alcun compenso: piccoli motivi artistici che poi zia Mina e zio Max mandavano a stampare per abbellire la casa oppure fantasiosi biglietti da visita virtuali per promuovere le loro attività.
Fiorina aveva momentaneamente reagito ai rincari vendendo la televisione di casa al mercatino dell'usato, per liberare la sua famiglia dal canone RAI. Anche se Anselmo aveva pestato i piedi peggio di un bimbo di quattro anni a causa delle sue soap operas e telenovelas preferite. Natalina, che detestava la TV, dato che specie in mancanza abbonamenti Sky e Discovery ci passava quasi unicamente monnezza, soprattutto di provenienza dai cimeli di fine secondo e inizio terzo millennio marchiati Pollywood e FessFlix, aveva invece allegramente accolto il cambio. Suo padre, dopo tanto recriminare, s'era rassegnato ai programmi via radio, apparecchio che non costava alcun canone quando casalingo. Anselmo ultimamente progettava però di mandare a rottamare l'auto e rassegnarsi pure all'uso dei mezzi pubblici per andare a lavorare, per liberarsi delle spese di bollo, assicurazione e benzina. Avrebbe dovuto prendere almeno due autobus, data la lontananza della calzoleria da casa, ma forse, a ottantadue anni di età, sarebbe stato bene prendere in considerazione l'idea di smettere di guidare, come proponevano moglie e figlia. Avrebbe tenuto la Panda soltanto fino a ultima rata manutenzione liquidata. Forse nemmeno, qualora le bollette seguitassero a lievitare.
Anche Fiorina contava oramai la bellezza di ottantadue anni suonati. Il che significava che la loro condizione di anziani autosufficienti poteva venire meno da un giorno all'altro. Ma i tempi stavano cambiando e ora in città si stavano facendo miracoli per i figli unici di genitori anziani, non più costretti alla condizione di caregiver a tempo pieno. Si stavano perfino costruendo nuovi condomini destinati a coloro che per esserlo stati, erano divenuti senzatetto. E si stavano pure creando nuovi posti di lavoro dedicati proprio a tale categoria debole. Natalina preferiva non pensarci, che tanto si doveva sicuramente a Vittorio. Ma come poteva una macchina arrivare a tanto? No, sicuramente...meglio non pensare. Non pensare affatto. Se solo non fosse una macchina. Se soltanto non fosse una macchina. Ok, troppi pensieri bizzarri. Proprio no, così non si facevano progressi. In realtà c'era una cosa sola da fare, specie in una giornataccia nera. Quando le circostanze avverse non risultano minimamente influenzabili, c'è da pregare. Natalina lo sapeva bene, ma capitava che le debolezze della natura umana prendessero il sopravvento. Ma non dovevano prevalere sulla fede. In secondo luogo, era desiderabile chiedere consiglio a chi è in grado di indirizzare. Al dottor Neri. Ai ministri di culto della sua comunità dei quali si fidava di più e con i quali aveva confidenza. A Marta, la moglie del pastore battista calvinista, sua affezionata amica. Domenica l'avrebbe vista. Ma ora che mancavano alcuni giorni alla domenica, era purtroppo il momento di uscire dalla toilette e tornare ai suoi doveri d'insegnante. Sempre inforcando gli occhiali scuri, per via degli occhi rossi dal troppo piangere. Nel corridoio vide Pietro, che visibilmente preoccupato, aveva lasciato palestra e concerti per venirle incontro. Gli raccontò a grandi linee dell'accaduto.
-Devi dirlo al dottor Grassini- la esortò l'anziano, premuroso. È severo, ma giusto e comprensivo e ti permetterà di tornare a casa.
-No, a casa no! Non voglio affrontare i miei genitori. Loro adorano quell'uomo.
-Ma è inaudito!- esclamò inorridito il collega.
Nel frattempo, senza alcun bisogno di essere ricercato e consultato, lo stesso preside stava accorrendo verso di loro .
-Professoressa Granata, quanto mi dispiace! Sono stato messo al corrente dell'accaduto. Perchè non è venuta da me subito? L'avrei liberata da ogni incombenza. Può comunque tornare a casa subito, se vuole.
Natalina gli diede le stesse spiegazioni che a Pietro, allegando che casa sua era proprio l'ultimo posto dove andare per sentirsi meglio.
-Ma roba da matti! Come possono due genitori?- aveva reagito il preside, tanto inorridito quanto il professor Minetti.
-Guardi, facciamo una cosa. C'è un autobus nel cortile della scuola che deve portare le quinte dell'opzione economico sociale a un piccolo museo di campagna dedicato al quotidiano vivere dei secoli finali del secondo millennio. Se vuole, parlo con il mio collega affinchè le riservi un posto. Non mi dirà di no, lo conosco. E lei potrà distrarsi. Che ne dice, se la sente? Guardi qui:
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E le mostrò una foto che raffigurava oggetti da cucina di un'epoca remota, molto probabilmente milleottocentesca o di inizio millenovecento. A Natalina piacquero in particolare il piccolo triciclo, la teiera a motivi floreali e il vasetto dorato. Forse un antico contenitore di profumi pregiati. Guardò Pietro. Le sarebbe piaciuto che l'accompagnasse, ma non osava farne parola. Il collega doveva lavorare quel giorno, a differenza di lei. Ma il dottor Grassini sembrò capire. -Professor Minetti, vada pure lei. Così accompagna la collega Granata e non la lascia sola. Una presenza amica è necessaria in circostanze come questa.
Pietro non ebbe assolutamente nulla in contrario, così si avviarono al cortile.
-Dottor Grassini, mi scusi- disse a un certo punto Natalina, come svegliatasi da un profondo sonno.
-Dica pure.
-Chi le ha raccontato della mia disavventura?
-L'uomo che ha preso le sue difese. È mio amico.
Natalina rimase attonita. L'unica cosa di cui si era sincerata era stata la sparizione improvvisa di Felicino Bistolfi.
-Quale uomo? Non ho visto nessuno...come mai non mi sono accorta di nulla? Sono corsa via non appena quel vecchiaccio aveva mollato la presa, ma non ho idea...
-Meglio così, meglio così- si affrettò a rispondere il preside.
-Chiunque sia, devo assolutamente ringraziarlo.
-Mi creda, il mio amico non vuole essere minimamente ringraziato.
-Come avrò fatto a non vedere...
-È stato molto veloce. Lo ha afferrato da dietro e portato in un vicolo per svariati metri in pochi secondi.
-Che cosa? Santo cielo...il mio aggressore è un uomo enorme...
-Accipicchia, il suo amico deve avere la forza di Sansone- constatò Pietro, sbalordito tanto quanto Natalina.
-In effetti si. È davvero così. E la usa a fin di bene. Oserei pure dire che è pure dotato dell'intelligenza di Salomone e la bellezza di Davide. Volevo poi dirle, non si preoccupi, professoressa, del suo tragitto in autobus. Da domani non ci saranno più problemi, me l'ha assicurato il mio amico.
-Praticamente un uomo da sposare- rise Pietro, quando furono sistemati nell'autobus. Avevano scelto di starsene tranquilli in ultima fila, lontani dal chiasso dei diciottenni e diciannovenni alunni iperattivi, che avevano ben pensato di ammucchiarsi nella parte anteriore del veicolo.
-E magari, Pietro! Ma lo sai anche tu come gira in città da almeno un millennio.
Per la verità, il buon professor Minetti che apparteneva alla vecchia guardia, non era del tutto consapevole dell'andazzo cittadino sia pure passandogli sotto gli occhi.
-Amico mio, uno come quello che descrive il nostro preside è sicuramente sposatissimo. Figurati. Quelli come lui li accalappiano già alla secondaria le super fighette di status elevato. Quando frequentavo il liceo scientifico, i ragazzi vedevano soltanto quanto fossi mal vestita. Che non andavo mai da una parrucchiera, anzi, la mia parrucchiera era mia madre, coi risultati che puoi immaginare sui miei capelli deformi- ricordò Natalina. Soldi per l'abbigliamento non ce n'erano e in famiglia si vestivano nei vari mercatini dell'usato. Quando zia Mina che di sartoria ovviamente s'intendeva non era disponibile, ci andava con sua madre, che sceglieva i peggiori capi dai colori discutibili, pur di risparmiare fino all'osso. La loro piccolo-borghese famiglia che in quel tempo avrebbe idealmente potuto permettersi svariate larghezze, veniva fregata da numerosi esami clinici, ricoveri e farmaci che squagliavano denari come la paglia. Anselmo e Fiorina non avevano al momento nemmeno compiuto sessantacinque anni, grigiore a parte che regnava allora in città, quindi dovevano pagare le prestazioni sanitarie per intero. S'era poi ancora lontani dalle agevolazioni per fascia di reddito. E più tardi, la sua PCOS costava cara.
-Ma dai, i tuoi capelli hanno un colore bellissimo.
Natalina ricordò la sua amica Olga, che li aveva crespi e nerissimi e non se l'era mai passata bene dal punto di vista estetico. Li teneva costantemente legati per nasconderli il più possibile. I genitori di Olga, molto più giovani e in salute dei suoi, potevano permettere molte più spese alla figliola, ma la sua figura purtroppo non aiutava minimamente la povera amica.
-E poi mica tutti si sistemano giovanissime e giovanissimi.
-Pietro, chi in occidente non lo fa, specie in sud Europa, in genere dopo i trenta o trentacinque al massimo, sempre e quando trova, rimedia solitamente scarti della società: fedina penale sporca, tossicodipendenti o altri millemila vizi, indole discutibile, zero cultura...
-Ma una persona che come te ha fede non dovrebbe soffermarsi sulle statistiche nude e crude, giusto?
-Lo so, Pietro, hai ragione. Ma oggi è una giornata no.
-Ma no, scusami tu...
-Non preoccuparti. Il discorso è comunque più articolato di così. In breve, il Signore ha cura di noi, se noi ci crediamo. Ma non significa che nel modo in cui vorremmo noi, ma semmai, in base ai nostri bisogni.
-E formarsi una famiglia propria con la persona giusta, evitando grivie e paturnie, non è un bisogno?
-Solo per chi è predestinato a una vita del genere.
-Predestinato?
-Si, Pietro, predestinato. Potrò forse sbagliarmi, ma non credo nel libero arbitrio neppure per quanto riguarda tutti gli aspetti più salienti della nostra esistenza, oltre che per la salvezza, dove la predestinazione è un punto fermo.
-In effetti...io sono vedovo...però vivo con un affettuosissimo nipote che per me è più di un figlio. Ma spesso penso a risposarmi.
-Elvira e Antonella sono entrambe vedove anche loro. E disponibilissime.
-Ih, le due vedove allegre! Ci mancano solo loro, no, grazie- rise Pietro. -Ma ti dico una cosa. È vedovo pure il dottor Grassini e sai cosa scommetto?
-Che cosa?
-Che il fantomatico amico di cui ha parlato non è altri che se stesso.
-Tu dici?
-Non sarà di sicuro bello come Davide, ma detto tra noi, mi raccomando acqua in bocca, al di là del suo peso che va monitorato onde evitare malattie cardiovascolari alla terza età, non gli mancano mille altre qualità. Intelligente e capace lo è davvero, non vi è il minimo dubbio.
-Sicuramente. Ha una cultura immensa. Ma il dottor Grassini non è uomo che s'imbroda. Sai, il buon caro vecchio detto...
-Lo avrà fatto apposta per depistarci.
-E perchè mai doveva depistarci?
-Per non essere ringraziato.
-Ma era già a scuola, quando sono entrata. Come può essere lui?
-Mah, avendoci la macchina, potrebbe averti preceduta. Tra la fermata dell'autobus e la scuola c'è un pezzo a piedi. Anch'io prendo i mezzi pubblici quando mio nipote ha bisogno della macchina e scendo alla tua stessa fermata. Quindi conosco il percorso per bene.
-Già, è vero. Comunque, Pietro, si tratta del nostro preside e non ha mai mostrato alcuna particolare inclinazione per qualsiasi docente libera da relazioni. Devo lavorarci assieme senza complicarmi la vita con amori a senso unico, che la mia esistenza è già tortuosa di suo. Devo poter venire a scuola in tutta serenità. Sono sicura che il dottor Grassini avrebbe fatto per chiunque quanto ha molto probabilmente fatto per me, senza necessariamente nutrire sentimenti per chicchessia. È un uomo generoso, guarda come si è adoperato per gli alunni meritevoli che non si potevano permettere la Settimana della Matematica a Roma. Pensa poi che ha perso la moglie da poco e sicuramente non si sente affatto pronto a buttarsi in una nuova relazione.
-Hai ragione, cara. Comunque non intendevo spingerti a crearti illusioni. Non mi sono spiegato bene. Volevo solo dire che, sia pure senza crearti aspettative, dovesse un giorno mostrarsi interessato a te, vale la pena prenderlo in considerazione. Ce ne sono pochi, come lui. È lo stesso discorso che farei a una figlia mia, se io e la mia povera moglie avessimo avuto prole.
Il collega Pietro si era poi addormentato per il resto del tragitto e Natalina apprezzò la tranquilla e silenziosa presenza dell'anziano, che la metteva di buon umore. Guardò attraverso il finestrino. Il panorama campestre era invitante. Da lì a poco avrebbero raggiunto il piccolo museo. La ragazza pensò seriamente all'ipotesi del dottor Amedeo Grassini come suo salvatore e alle parole del collega. Se Pietro avesse avuto ragione e un giorno si fosse mostrato interessato, superando il lutto, cosa avrebbe fatto lei? Specie qualora l'anno scolastico seguente l'avessero chiamata, non sia mai, in uno degli altri licei dello stesso complesso, se non nello stesso. Ipotesi plausibile. Avrebbe quindi continuato a vedere il dottor Grassini. Le risposte che aveva dato al professor Minetti erano comunque puramente ipotetiche. Infatti non poteva certo dirgli fino a che punto tortuosa fosse la sua situazione e dunque apparirgli da mentecatta. Il suo cuore non era libero. Nonostante le mille doti che vantava il dottor Amedeo Grassini, lei amava pur sempre Vittorio. Ma Vittorio era una macchina, una macchina, una macchina. Ma perchè ripeterlo in continuazione non serviva a una benemerita cippa? Il dottor Neri, comunque, le aveva detto che no, che non amava nessun robot. E su sua richiesta, le aveva prescritto il Prozac.
-Dottore, non sia mai che potrei ricavarne benefici?- gli aveva chiesto. -Sa, il mio umore non è esattamente alle stelle...
Il Prozac doveva aiutarla a stare meglio. Stava facendo miracoli sulle sue amiche Olga e Manola, entrambe sotto lo stesso psicofarmaco, prescritto loro dalla dottoressa Rossi. Entrambe riuscivano a condurre una vita quasi normale, soprattutto Manola che ora lavorava come OSS nel reparto psichiatrico del professor Heinz. E dunque necessitava di tutta la presenza di spirito possibile e immaginabile. Pure una scuola necessitava altrettanto dai suoi insegnanti. D'istinto, Natalina cacciò le mani nella sua borsetta, quella piccola che accompagnava la più grande con il materiale scolastico. Ci aveva lasciato dentro la ricetta medica per nasconderla ai genitori, che ovviamente non avevano a tutt'ora idea delle sue sedute psichiatriche e psicanalitiche. E mai avrebbero dovuto rinvenire alcuna scatola di Prozac.
-Guardi, Natalina, glielo prescrivo perchè è un farmaco ottimamente tollerato dalla maggior parte dei pazienti che non presentano condizioni croniche serie quali ad esempio il diabete- le aveva risposto il dottor Neri. -Soltanto, inizi con il venticinque per cento del dosaggio minimo, passando a metà dose qualora il venticinque per cento non dovesse funzionare. Il professor Heinz ha sperimentato questi dosaggi contenuti su svariati pazienti e ne ha riscontrato un gran successo. Lei non è in uno stato clinico tale da necessitare dosi consistenti. Si ricordi poi che è desiderabile non guidare durante il trattamento.
Poco male. Raramente Natalina prendeva l'auto di suo padre e mettersi alla guida di un veicolo diverso dalla sua bici non era affatto una priorità. Aveva aspettato qualche giorno per comprare il Prozac, ma già era ora di procurarselo alla prima farmacia disponibile. Ok, stavano ora in aperta campagna e al ritorno, se si fossero fatte le sette e mezza, le farmacie avrebbero chiuso e se ne sarebbe parlato solo l'indomani. Accidenti, c'era da fare lo slalom tra mille impegni, ora con tutti quegli eventi scolastici, vediamo, no, l'indomani non aveva lezione al mattino perchè l'orario ordinario s'era fatto incompatibile con quello dimezzato causa novità. Doveva allora uscir di casa prima del consueto per cercare una farmacia. Ma per sua somma fortuna, a dispetto dell'ubicazione campestre, il piccolo museo si trovava in un villaggio bene organizzato che contava su una farmacia. Il collega Pietro, discreto, l'aspettò fuori della porta. Natalina approfittò per comprare, oltre al Prozac, anche un tagliapillole. Fortunatamente non aveva mai buttato le sue confezioni vuote in plastica di Multicentrum. Normalmente, le utilizzava per certi suoi lavoretti creativi che poi regalava, non potendosi permettere chissà quali spese nei momenti dei regali, ma almeno un paio le sarebbero servite a proposito per nascondere il Prozac a qualsiasi occhio indiscreto, facendolo passare per Multicentrum. Già il solo fatto di essersi assicurata il farmaco le aveva messo un'insolita allegria. Si godette la vista del piccolo museo con i suoi oggetti nostalgici. Per una volta, fece uno strappo alle regole delle sue sparute finanze e comprò un paio di miniature delle antiche teiere che tanto le erano piaciute. Pazienza, nel mese corrente non sarebbe riuscita a metter via nulla o quasi, perchè dati gli eventi scolastici, non era proprio il caso di fare le ore piccole con il telelavoro. Ma per una volta nella vita, perchè non comprare piccoli soprammobili, che mettevano allegria solo al guardarli?
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(immagine Pixabay 100% free, autrice Alexas_Fotos, link https://pixabay.com/it/photos/teiera-bere-potere-bere-il-t%C3%A8-2545523/)
Sia pure da nascondere agli indagatori sguardi materni e paterni tanto quanto il Prozac.
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(immagine Pixabay 100% free, autore PublicDomainPictures, link https://pixabay.com/it/photos/teiera-colorato-bere-bevanda-83093/)
A visita museo ultimata, si sedette accanto a Pietro a uno dei tavoli che i gestori del museo avevano preparato per gli escursionisti. Erano oramai più delle cinque del pomeriggio e a cominciare dagli studenti, erano tutti già affamati, dopo tante ore di attività. Venne servita della frutta e poi un'insalata di riso, con tanto di attenzione per i ragazzi e pure gli insegnanti celiaci o allergici ad altro. Natalina, allergica al mais, potè avere una versione priva dell'incriminato cereale. Non si doveva pagare nulla, nè da parte degli studenti nè dei professori, perchè l'escursione al museo faceva parte degli eventi di quello strambo aprile. Da bere c'erano svariati tipi di tè, conservati nelle coloratissime teiere in ricordo dei lontani tempi che furono. Lontani, lontanissimi...quando la tecnologia era ancora un'opinione. Quando l'esistenza dei dispositivi elettronici e a maggior ragione degli androidi era impensabile. Quando non figuravano ancora nemmeno nei libri di fantascienza, anzi, quando la stessissima fantascienza, genere peraltro più gringo che mai, era pura...utopia. Quando nacquero le prime industrie, non si fabbricavano e non si programmavano robot. Non si programmavano. Non si programmavano. Non si programmavano. Natalina si alzò di scatto, sperando subito dopo che nessuno si fosse accorto del suo brusco e repentino movimento. Ma gli studenti si erano alzati dal tavolo già da un pezzo e se la passavano ridendo, scherzando e giocando per i prati intorno al museo, senza badare minimamente a lei. Gli insegnanti dell'opzione economico sociale erano intenti a conversare tra loro, scervellandosi sul da farsi nelle successive fasi degli eventi scolastici e dunque non gli restava tempo per perdersi in chiacchiere con una docente sconosciuta. Cercò Pietro con gli occhi. Il collega si era alzato da sedere da alcuni minuti ed era stato letteralmente sequestrato dal vice preside della scolaresca in escursione, che lo conosceva da precedenti supplenze. Sembrava proprio ne avrebbe avuto per un pezzo. Non potendo andare ad appiccicarsi al professor Minetti come avrebbe voluto, come al solito per trovare conforto nella sua presenza amica, corse al bagno del museo a rischiararsi il viso e le idee, portandosi dietro i suoi averi. Cacciò le mani nella borsa del materiale scolastico per cercarvi il foglietto illustrativo che le aveva dato la bidella durante l'esibizione degli alunni di quinta liceo musicale. No. No, no, no e poi no. Accidenti. Porca miseria. Il dottor Neri aveva ragione, ragionissima, però...però...si stava meglio quando si stava peggio. Non era la mattina dopo colazione, orario in cui avrebbe idealmente dovuto assumere il farmaco, ma chissenefregava. Aprì la confezione di Prozac, tagliò una compressa in quattro parti, ne ingoiò un pezzetto, meno male che in borsa c'è sempre una bottiglietta d'acqua, se no se ne fa pure a meno, che un quarto di compressa è piccolo, e sistemò le tre rimanenti alla meglio nello spazio che poco prima la conteneva per intero. A casa, senza farsi vedere, le avrebbe sistemate in uno dei barattolini vuoti di Multicentrum. Fai effetto. Fai effetto. Fai effetto. Uscì dal bagno e sincerandosi che non vi fossero orecchie indiscrete, compose un numero al cellulare.
-Ospedale comunale, in cosa posso essere utile?- rispose un operatore.
-Ho bisogno di un appuntamento con il dottor Neri. Qual è il primo giorno disponibile?
-Il dottor Giovanni Neri?
-No, il dottor Domenico Neri.
-Lo psichiatra?
-Si, lui.
-Guardi, c'è giusto un buco lunedì...

*Quanto segue, fa riferimento a cenni della mia letteratura strapreferita di zia Jane, vale a dire Orgoglio e pregiudizio.

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